Il Vescovo: “Maria ci invita a sederci attorno all’altare per accogliere la gioia della presenza viva di suo Figlio”

Omelia dell'8 settembre a Monte Berico

OMELIA nella solennità della Madonna di Monte Berico:

“Maria Vergine Regina e Madre di Misericordia”

Santuario di Monte Berico, 8 settembre 2025

Letture: Ester 4,17n. p.r. aa-bb.hh-kk; Sal Lc 1,46-55; Gv 2,1-11

 

Siamo saliti ancora una volta su questo colle. Quando si entra in questa Basilica subito lo sguardo si volge spontaneamente all’immagine collocata dietro l’altare della celebrazione Eucaristica sul retro del tabernacolo.

Rappresenta la Madonna in piedi, vestita con abiti ampi e solenni, tipici della regalità mariana. La figura si erge con maestà, con le braccia leggermente aperte. Maria tiene aperto un grande mantello sotto il quale trovano rifugio otto persone – uomini e donne, religiosi e civili – inginocchiati e raccolti in atteggiamento di preghiera. Sono persone di ogni condizione sociale: segno della maternità universale di Maria, che abbraccia tutti senza distinzione.

Il mantello aperto richiama un’iconografia medievale molto diffusa all’epoca, la Madonna della Misericordia, in cui la Vergine accoglie sotto la sua protezione i fedeli.

Se si confronta questa rappresentazione con altre dell’epoca, ad esempio la “Madonna della Misericordia” nel dipinto di Piero della Francesca, si noterà un’evidente differenza perché quest’ultima accentua l’aspetto ecclesiale, ieratica, in quanto Piero della Francesca doveva rappresentare una Confraternita, questa, invece, esprime la vicinanza misericordiosa di Maria al popolo, nella vita quotidiana e nelle vicende drammatiche della storia personale, ma anche della nostra gente, perché qui il popolo di Vicenza è ricorsa a Maria in varie occasioni.

Ci chiediamo: come si esprime la misericordia di Maria?

Una prima risposta la possiamo trovare nella figura di una donna dell’Antico Testamento che è prefigurazione di Maria e che abbiamo incrociato nella prima lettura.

Si tratta della regina Ester. Ella ci conduce al cuore dell’esperienza della preghiera come rifugio e respiro dell’anima in un momento di pericolo. In un tempo di angoscia mortale, la regina Ester non cerca rifugi secondari, non si affida a strategie o a poteri umani perché è in pericolo di morte. Si getta invece con tutto il suo essere davanti al Signore, confessando la propria solitudine: “Io sono sola e non ho nessuno all’infuori di te”.

Questa solitudine di Ester diventa spazio di verità. È la condizione in cui ogni credente prima o poi si ritrova: quella in cui cadono le illusioni di poter bastare a se stessi o di trovare appoggio definitivo sui propri progetti o nelle proprie capacità o nelle protezioni umane. È allora che la preghiera fiorisce nella sua forma più pura: un grido che si alza da un cuore povero, ma pieno di fiducia.

Facciamo attenzione: Ester non prega solo per sé. Nella sua supplica si porta dentro il destino del suo popolo, il dolore dei suoi fratelli e sorelle. La sua preghiera diventa intercessione.

C’è un altro particolare prezioso: Ester chiede che il Signore “ponga sulle sue labbra una parola opportuna”. Non chiede forza bruta, né vendetta, ma la grazia della parola giusta, capace di toccare il cuore del re. È la forza mite della sapienza che il Signore dona a chi confida in lui.

Nella figura femminile di Ester noi incontriamo un tratto particolare di Maria, Madre di Misericordia: il suo rivolgersi a Dio con grande fiducia nella certezza che Lui non abbandona alla tristezza e alla solitudine i suoi figli.

Il Vangelo ci offre un’ulteriore e più completo sguardo sulla misericordia di Maria. A Cana, dove prende parte ad una festa di nozze insieme con Gesù e ai suoi discepoli: un contesto di gioia, di vita che si apre al futuro. Eppure, proprio in questo clima di festa, affiora una mancanza: «Non hanno vino». È Maria ad accorgersene. Lei, la madre, è attenta ai dettagli, vigila sulla gioia degli altri, non resta chiusa in se stessa. Sa scorgere i bisogni, anche quelli che sembrano piccoli ma che rischiano di spegnere la gioia della festa.

Maria non impone, non comanda, non pretende: si limita a dire a Gesù ciò che manca. È una piccola preghiera rivolta al Figlio fatta con la discrezione dell’amore, che sa affidare e non trattenere. E quando Gesù risponde con parole misteriose – «Non è ancora giunta la mia ora, Donna» – lei non si scoraggia, non discute. Semplicemente, indica una strada ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». È come se dicesse a ciascuno di noi: «Non guardate a me, guardate a Lui; ascoltatelo, seguitelo, fidatevi».

Così, a partire da questa disponibilità, accade il miracolo. L’acqua della purificazione diventa vino di festa, la legge antica si trasforma in alleanza nuova, la mancanza diventa sovrabbondanza. E tutto nasce da quella mediazione silenziosa e discreta di Maria. La preghiera di Maria diventa azione concreta: agisce presso il Figlio e presso i servi.

Maria esprime la misericordia – è molto bello questo – nel non trattenerci a sé, per portarci a suo Figlio. Non si sostituisce a Cristo, ma apre la strada a Lui. E ci invita a fidarci, a compiere quel piccolo gesto di obbedienza che rende possibile la grazia.

La bella immagine di Maria che ci accoglie in questa Basilica non ci induce soltanto a restarcene sicuri sotto il suo manto. Lei ci invita a sederci attorno all’altare per accogliere la gioia della presenza viva di suo Figlio, a cogliere questo dono, questa grazia. Ci invita a fissare il nostro sguardo sul tabernacolo dove si custodisce il pane Eucaristico da portare agli ammalati e ai moribondi.

Lasciamoci oggi guidare da lei, in continuità con quest’Anno Giubilare, anche nell’Anno Giubilare Mariano che si aprirà il prossimo 8 febbraio in occasione dei 600 anni dalle apparizioni mariane sul monte Berico. Maria continua a sussurrare: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». È questa la via perché la nostra vita personale e comunitaria, fragile e povera come acqua, possa diventare vino buono, vino di festa, segno della presenza di Dio. In questa fiducia accogliamo l’invito di Maria, lei potente nell’intercessione, come ci ricorda san Bernardo di Chiaravalle.

+ Vescovo Giuliano