Chiesa parrocchiale di Valli del Pasubio – 5 novembre 2025
Letture: Lam. 3, 17-26; Sal 129 (130); Luca 12,35-40
Carissimi fratelli e sorelle, oggi la Parola di Dio ci accompagna nel silenzio e nella gratitudine.
In questo tempio, che custodisce la fede di generazioni e i primi passi di don Enzo, si compie il suo pellegrinaggio terreno. Con lui vogliamo dire, come il profeta delle Lamentazioni: “Buono è il Signore con chi spera in lui, con l’anima che lo cerca. È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore” (Lam 3,25-26).
Don Enzo ha vissuto dentro questa fiducia semplice e tenace: la salvezza non è mai un possesso, ma un’attesa. È la speranza che diventa forma della vita, pazienza del cuore, luce che rischiara anche la sera degli anni.
Nel suo testamento spirituale egli scriveva: “Signore, ti ringrazio perché, per il tuo amore misericordioso, la mia vita è stata bella, piena di gioia e di serenità… La tua misericordia ha reso dolce la mia vita, essa renderà più mite la morte e il giudizio, o clementissimo Signore”.
Sono parole che rivelano un uomo abitato dal ringraziamento, nonostante le fatiche, le malattie, le fragilità. Don Enzo aveva compreso che la vera sapienza consiste nel riconoscere, giorno dopo giorno, che tutto è grazia. Nella sua lunga esperienza di insegnante e direttore spirituale amava trasmettere questa certezza: che Dio non si stanca mai di educarci, di venirci incontro con la sua pazienza.
E a questa fede univa una profonda passione per la vita. Fu tra i fondatori e gli animatori dei Centri di Aiuto alla Vita della nostra diocesi, dove ha accompagnato con discrezione e dedizione tante madri e famiglie in difficoltà. In lui la difesa della vita non era mai ideologia, ma tenerezza, ascolto, rispetto per la fragilità. Amava ripetere che “niente vale più di un atto d’amore fatto nel nome del Signore”.
Ecco perché il Vangelo di oggi sembra scritto per lui: “Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese… Beati quei servi che il padrone, arrivando, troverà svegli” (Lc 12,35-37).
Don Enzo ha vissuto così: con la lampada accesa della fede, alimentata dal pensiero e dalla preghiera. Filosofo e credente, ha cercato di coniugare ricerca della verità e Vangelo. Ai giovani del Seminario e delle scuole sapeva dire che la ragione e la fede non sono rivali ma sorelle: entrambe cercano la luce che viene dall’Alto.
Era uomo mite e discreto, spesso nascosto, ma profondamente fedele. Dietro la sua apparente distrazione si celava una concentrazione più profonda: quella di chi abita il mistero, di chi sa che l’essenziale si vede solo con il cuore.
Nel suo testamento scrive ancora: “Donami, ti prego, la sapienza per riempire d’amore l’attimo fuggente”.
È la preghiera di chi non ha voluto sprecare nulla, di chi ha cercato – anche nel silenzio della malattia e nella fragilità degli ultimi anni – di trasformare il tempo in offerta d’amore.
Il Salmo che abbiamo pregato – Dal profondo a te grido, o Signore – è diventato la sua voce. Dal profondo della sua umanità, a volte ferita, egli ha gridato al Signore, e il Signore lo ha ascoltato. Ora quella voce si è fatta canto di pace.
Come insegna Gesù nel Vangelo, il Signore “si cingerà le vesti e passerà a servire” i suoi servi fedeli. È l’immagine più bella del Paradiso: Dio che accoglie, che si china, che serve i suoi amici.
Oggi vogliamo credere che don Enzo sia entrato in questa mensa, dove il Maestro lo attendeva da sempre. Lui, che ha insegnato a tanti a pensare, a pregare, a custodire la vita, ora vede finalmente la Verità che ha cercato con il cuore del filosofo e la fede del discepolo.
Preghiamo, come lui ci ha insegnato, con parole semplici e riconoscenti: “Signore, la tua misericordia ha reso dolce la mia vita… essa renderà più mite la morte e il giudizio”.
Don Enzo, amico mite e sapiente, possa tu contemplare il volto del Dio dei vivi,
e intercedere per la nostra Chiesa di Vicenza, per i confratelli sacerdoti, per le mamme che hanno accolto una nuova vita, per le tue sorelle e per tutti coloro che hai amato.
Con le parole finali del suo testamento lo affidiamo alla bontà infinita di Dio: “Lo Spirito che invoco di frequente con vaghi sospiri del cuore, e la Vergine, nostra madre, i miei cari defunti, soprattutto mia mamma, mi aiutino ora e sempre a crescere nel tuo amore”.