Catecumenato, una proposta che esiste in Diocesi da 25 anni

Un cammino da vivere con la comunità

 
È l’incontro con qualcuno che vive nelle comunità parrocchiali e con il Vangelo che suscita il desiderio di iniziare il percorso del catecumenato.
Non è più la necessità di presentare il ticket del battesimo per riuscire a sposarsi in chiesa che spinge tante persone, soprattutto straniere, a domandare di essere iniziate alla vita cristiana. Sono questi i tratti che accomunano il gruppo dei 20 nuovi catecumeni che nel pomeriggio di domenica 22 febbraio incontreranno il vescovo Beniamino e celebreranno poi in cattedrale, alle ore 17,30, i Vespri ed il “Rito della elezione o iscrizione del nome”: così si chiama in gergo liturgico.

«Il catecumenato non è un corso, ma un percorso di circa due anni, destinato a far maturare le disposizioni d’animo manifestate nella richiesta di ammissione», precisa monsignor Luciano Bordignon, responsabile diocesano del servizio per il catecumenato, aggiungendo che «per questo la Chiesa prevede un’opportuna catechesi, intesa come introduzione alla conoscenza del mistero della salvezza, un serio impegno nella vita cristiana e la celebrazione di riti liturgici a sostegno del cammino verso i sacramenti dell’iniziazione cristiana».
Il cammino dei catecumeni adulti era una prassi ordinaria nella Chiesa primitiva e da circa 25 anni è ripartita anche nella nostra Chiesa vicentina in coincidenza con i fenomeni dell’immigrazione.
Le domande sono state una quarantina all’anno, ma sono in via di dimezzamento nell’ultimo quinquennio a causa delle difficoltà economiche che hanno spinto molti stranieri a rimpatriare. Chi chiede il battesimo e di abbracciare la fede arriva principalmente dai Paesi dell’est, soprattutto Albania, dall’Africa ed, in misura minore, dall’estremo Oriente, Tailandia e Cina.

La nostra Diocesi iniziò a prendersi cura pastorale di questa esigenza nel 1990: fu il vescovo Pietro Nonis ad avviare le prime esperienze, ad elaborare i primi scritti poi culminati nel sussidio “Cristiani non si nasce ma si diventa” e in uno specifico decreto di Cesare Nosiglia che istituì l’ufficio diocesano per il Catecumenato.
«Ogni cammino parte dall’esperienza della persona, che è sempre posta al centro – racconta don Luciano – e si dirige, attraverso l’aiuto di accompagnatori, ossia coppie di sposi oppure gruppi della comunità, a favorire l’adesione di fede coinvolgendo la stessa comunità parrocchiale».

Ci tiene don Luciano ed insiste a raccomandare come questo itinerario non debba risolversi in una isolata procedura privata tra il parroco di turno ed il soggetto che domanda di essere battezzato. A volte avviene ancora così; invece, dice don Luciano «ci accorgiamo che quando il cammino del catecumeno è condiviso con la comunità diventa occasione di crescita per la stessa parrocchia: le persone si interrogano sulla propria esperienza sacramentale e di fede, si confrontano con la Parola e condividono con il catecumeno l’esperienza dell’incontro.
Questo ci suggerisce alcune riflessioni rispetto alla nostra attività pastorale – commenta ancora don Luciano -. La nuova evangelizzazione ha bisogno di rimettere al centro l’ascolto della Parola, l’incontro tra le persone, la testimonianza di percorsi di ricerca e di avvicinamento alla fede in sintonia con una comunità viva ed accogliente».

Michele Pasqualetto
 
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