Da 50 anni la Chiesa celebra la Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali

Dall'intuizione di papa Paolo VI al messaggio di papa Francesco sull'importanza di umanizzare sms, chat e reti sociali

 
La Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali giunge alla sua 50^ edizione. Il primo messaggio sulle “meravigliose tecniche che hanno reso l’uomo cittadino del mondo e da cui si attendono nuovi sorprendenti sviluppi” venne scritto da papa Paolo VI il 7 maggio del 1967.Neppure papa Montini – fine comunicatore e giornalista – avrebbe potuto, tuttavia, anche solo immaginare l’evoluzione dei media nei cinquant’anni che seguirono.Nel 1967 esistevano in Italia due soli canali televisivi (in bianco e nero); la radio era monopolio dello Stato; la stampa la faceva ancora da padrona, identificandosi in modo chiaro nei diversi blocchi socio politici che caratterizzavano la società italiana del tempo. La parola “digitale” era utilizzata solo in questura in riferimento alle impronte richieste ai delinquenti o, al limite, in farmacia, per indicare piante benefiche per curare qualche lieve insufficienza cardiaca. Tutto il resto era davvero fantascienza. Eppure nell’istituire la Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali e collocandola il giorno dell’Ascensione al Cielo di Gesù (forse un riferimento involontariamente umoristico all’etere in cui il Cristo Risorto si innalzava come le onde radiotelevisive?) Paolo VI fu certo profeta perché intuì la forza crescente della tecnica applicata ai media e volle conferire a questi una valenza eminentemente “sociale”.Mentre psicologi e sociologi parlavano di “comunicazione di massa” riferendosi così a ciò che nei paesi anglosassoni si definisce dinamica one to many (in cui un unico emittente si rivolge, cioè, ad una folla indistinta di riceventi) e si preoccupavano soprattutto della forza persuasiva (più o meno occulta) di tale forma di comunicazione, la Chiesa sceglieva di parlare di “comunicazione sociale” manifestando così la propria convinzione che ogni atto comunicativo serve a costruire legami prima ancora che a veicolare messaggi. Cinquant’anni dopo, quella scelta lessicale si rivelerà più che azzeccata. Viviamo infatti oggi nell’era di internet in cui la comunicazione a senso unico sembra essere avviata a morte certa e la cifra preponderante è proprio quella dell’interazione, della connessione, dell’essere social come unica possibilità di esistere e di comunicare. Così mentre Paolo VI nel 1967 si rivolgeva ai lettori, ai radioascoltatori e ai telespettatori, nel 2016 papa Francesco scrive il messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali citando e-mail, sms, chat e reti sociali e affermando, senza paura alcuna, che “anche queste possono essere forme di comunicazione pienamente umane perché non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione”. Oggi come cinquant’anni orsono appare dunque ancora decisivo avviare percorsi per accompagnare la crescita e la maturazione del cuore delle persone. Non basta sapere come si accendono e funzionano  i nostri dispositivi elettronici (la tv, la radio, il computer, il cellulare) o lo smartphone che tutti in sé ormai li riassume, ma è necessario saperli “usare bene”, dice il papa. Ci vuole cioè un’educazione all’uso dei media che non riguarda solo gli aspetti tecnici, ma riguarda l’etica, ovvero ciò che siamo e il mondo che, insieme, vogliamo costruire perché il nostro comunicare non aumenti i già troppi conflitti in atto, ma sia al servizio di relazioni riconciliate, di fratellanza e di pace. Don Alessio GrazianiDirettore Ufficio Comunicazioni Sociali