La mattinata del 31 luglio dei pellegrini vicentini e trevigiani presenti al Giubileo dei Giovani a Roma è iniziata con la catechesi del vescovo Michele Tomasi, di Treviso, sulla speranza. L’ha descritta come àncora che si aggancia al cielo e ha sottolineato la speranza di uomini e donne che si muovono tenacemente contro tutto e tutti. «Non lasciamo agli altri, non permettiamo a nessuno di dire che non cambierà niente», ha detto il Vescovo di Treviso. «Ognuno può fare qualcosa, dobbiamo chiederci “cosa posso fare io?”. Anche in questi giorni non siamo pochi, lo vediamo. Il contrario della speranza è l’apatia: fate pure. E’ una chiamata bella a dare ali alla speranza» ha spiegato mons. Tomasi. Per la condivisione nei gruppi il vescovo Michele ha consegnato alcune domande: quando ho fatto esperienza di una speranza che mi ha dato forza? Quale aspetto (parola, gesto…) di Gesù potrebbe aiutare la nostra speranza? Cosa sarebbe la mia vita senza speranza? Cosa sarebbe la mia, la vostra speranza senza Gesù?
Il vescovo di Treviso ha concluso la catechesi augurando “Buona speranza a voi”, una consegna leggera, fatta quasi sottovoce, ma che raccoglie tutta la convinzione che i giovani possano raccogliere il grande impegno di portare e vivere la speranza, grande tema del Giubileo ordinario del 2025.
I pellegrini si sono quindi spostati verso Roma per vivere la festa degli italiani, un appuntamento molto atteso in questi grandi eventi internazionali. Musica, brani recitati, ma anche testimonianze hanno accompagnato il pomeriggio dei numerosi pellegrini presenti in piazza san Pietro. Le testimonianze hanno animato il momento “Pietro testimone di salvezza” e sono state portate da don Antonio Loffredo, Laura Lucchin, mamma di Sammy Basso, e Nicolò Govoni. Il tutto intervallato da alcuni brani eseguiti da Amara, Mr Rain, Pierdavide Carone e Mimì.
Don Loffredo ha raccontato il suo impegno al rione Sanità di Napoli: «Le chiese, i chiostri, le catacombe, le case canoniche … sono i nostri granai dell’anima, dove si conserva una Bellezza capace di sfamare generazioni». Il sacerdote ha poi continuato: «E i giovani, spesso considerate pietre scartate, potranno diventare, con la Bellezza, testate d’angolo di un nuovo sistema di sviluppo. Così come è accaduto al Rione Sanità. A Napoli diciamo che “Se po’ campà senza sapé pecché, ma non se po’ campà senza sapé pecchì” …si può vivere senza capire il motivo della propria esistenza, ma non si può vivere senza sapere per chi si vive», ha concluso.
Laura Lucchin ha raccontato la sua vita con Sammy definendola un’esperienza meravigliosa e unica come tutte le vite che ogni mamma vive con il proprio figlio. «Non penso di aver avuto un privilegio particolare, ho avuto solo questa esperienza e non sono in grado di dire che la mia è stata più importante di altre, ma Sammy è sempre stato speciale e non per la sua patologia ma per come ha vissuto questo tratto di vita con me, il papà e tutte le persone che gli sono state vicine e che, insieme, hanno condiviso ogni aspetto della sua vita», ha spiegato. «La prima grande lezione, che senza accorgersene mi ha insegnato, è stata l’accettazione di quello che non si può cambiare, di accoglierlo senza mai recriminare sul “perché proprio a me”, anzi, quando gli dicevo di chiedere al Signore la guarigione lui mi sorrideva e mi diceva: “no mamma, se io sono nato così un motivo c’è, probabilmente il Signore ha un progetto su di me!”. La mia vita è sempre stata coloratissima: mi sono sempre divertita tanto insieme a lui, era/è allegro, solare, positivo, divertente, è sempre stato un dispensatore di gioia e felicità, sempre, anche quando non stava bene», ha aggiunto mamma Laura.
«Ho avuto il grande privilegio di vivere l’amore vero, incondizionato, puro e donato a braccia aperte, senza riserve: abbracciare Sammy e sentirsi in pace, accolti e amati….», ha continuato. «Sammy e la sua fede vissuta nel concreto, sentita e ricercata quotidianamente come punto di partenza di ogni giornata e testimoniata con coraggio». Laura Lucchin ha quindi salutato i migliaia di giovani presenti in piazza san Pietro con un semplice “vi voglio bene”, proprio come faceva Sammy.
Il terzo testimone è stato Nicolò Govoni, fondatore della Onlus “Still I rise”, un’organizzazione umanitaria in prima linea per l’educazione di bambini profughi e vulnerabili in varie aree del mondo. Govoni ha raccontato ai giovani la sua esperienza, il cambiamento grande che ha vissuto a vent’anni. «Tutti i miei sogni – e i miei ideali – a prendere polvere in un cassetto. “Finirai a inscatolare le merendine in fabbrica,” mi disse una prof al liceo. Le ho quasi creduto« », ha detto Govoni. «Fallivo in tutto: pluribocciato, problemi interpersonali, quasi arrestato. Ma poi ne ho incontrata un’altra, di prof. “Credo in te,” mi ha detto. “Sei meglio di così. Puoi farcela.” Il suo nome è Nicoletta, e mi ha cambiato per sempre la vita. È grazie a lei che ho trovato il coraggio di lasciare tutto e partire per l’India come volontario», ha aggiunto. «Rispondere alla chiamata non significa essere immuni alla debolezza e alle male influenze. Significa riconoscerle e scrollarsele di dosso. Sono caduto. Ho fatto errori. Ho fallito, ancora e ancora, anche dopo aver trovato la mia strada. Ma mi sono sempre rialzato. Sapete come? Con la fede. La fede in qualcosa di più grande di me», ha scandito con forza Govoni.
Commovente il video-messaggio del Card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, che ha chiesto ai giovani italiani di continuare a sostenere la Terra Santa perché la pace giunga al più presto.
Dopo le testimonianze si è aperto il momento della Professione di fede, presieduta dal Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che nella riflessione ha detto: «Disarmiamo i nostri cuori per disarmare cuori e mani di un mondo violento, per guarirne le cicatrici, per impedire nuovi conflitti! Ha detto il Cardinale Pierbattista Pizzaballa: «Tutto sembra parlare di morte, di odio, di distruzione, di violenza, sembra proprio una notte che non finisce mai». È la notte di ingiustizie terribili e inaccettabili, di violenze che colpiscono sempre per primi i poveri e che in realtà rendono tutti poveri».
Naike Monique Borgo
In foto il gruppo vocazionale diocesano “Sentinelle”
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