Lettorato, accolitato e catechista: decisivo il coinvolgimento delle comunità parrocchiali

I Consigli presbiterale e pastorale diocesano si sono confrontati in seduta comune l'1 febbraio sul discernimento e la formazione dei candidati ai ministri istituiti

Lettorato, accolitato e catechista i tre ministeri istituiti che papa Francesco ha allargato anche alle donne chiedono tempo e un forte impegno formativo a livello delle singole comunità parrocchiali che devono sentirsi protagoniste. Lì si deve maturare la consapevolezza del valore di questi ministeri. E’ quanto è emerso giovedì scorso 1 febbraio dai componenti del Consiglio presbiterale e del Consiglio pastorale diocesano riuniti in seduta comune, dopo i precedenti appuntamenti in cui i due organismi di partecipazione si erano espressi favorevolmente sullo sviluppo dei tre ministri istituiti voluti da Papa Francesco. L’incontro svoltosi in un clima positivo, consapevole di affrontare una “questione rivoluzionaria”, è servito a precisare i criteri di discernimento e la formazione necessaria per i candidati ai ministeri istituti. Punto di partenza l’introduzione del vicario episcopale all’evangelizzazione don Flavio Marchesini alla quale sono seguiti i lavori di gruppi e la sintesi del vescovo Giuliano.

“Questi ministri istituiti – ha ricordato Marchesini – sono importanti perché rimandano alla Parola e all’Eucaristia, fondamenti della comunità cristiana e si fondano sul riconoscimento del comune battesimo che abilita ciascuno e ciascuna a far parte della Chiesa e a contribuire alla sua edificazione. L’istituzione dei tre ministeri – ha precisato il Vicario episcopale – è permanente, mentre il mandato per il servizio locale e specifico può avere un tempo determinato”. Nel percorso di definizione di questi ministeri si dovranno anche chiarire i rapporti con il gruppo ministeriale, con il Consiglio pastorale unitario, con il servizio del presbitero e dei diaconi permanenti. Lo sviluppo di tali ministerialità, peraltro, chiede uno sforzo per evitare confusioni linguistiche tra termini utilizzati dai documenti del Magistero e quelli usati nella vita pastorale comunitaria.

Decisivo nella individuazione dei candidati è il discernimento che riguarda tanto il livello locale quanto quello diocesano: “Le comunità locali, con i consigli pastorali e i presbiteri, presenteranno i candidati ai ministeri, i quali saranno confermati dal vescovo dopo un tempo di accompagnamento di un’equipe diocesana”. Il percorso prevede la conferma pubblica da parte del vescovo con il rito liturgico proprio, dopo il quale il vescovo conferirà anche il mandato per un servizio specifico.

Rispetto alle caratteristiche dei potenziali candidati è stato definito (l’età minima è già fissata in  25 anni, con una durata del mandato di 5 anni) che questi devono essere persone di fede, formate alla Parola, umanamente mature, persone di comunione, con una visione diocesana, attivamente partecipi alla vita della comunità, capaci di instaurare relazioni fraterne, in grado di comunicare la fede, dei candidati riconosciuti tali dalla comunità. E’ Importante, infatti, non solo che la persona senta di avere queste caratteristiche, ma che gli altri riconoscano tali caratteristiche. Ai candidati è chiesta un’apertura missionaria, ovvero la disponibilità a svolgere il servizio anche in comunità diverse dalla propria. Una questione che dovrà essere definita è se le persone sposate debbano condividere la decisione a livello di coppia come avviene per i diaconi permanenti.

Alla luce di tutte queste indicazioni si può sintetizzare che i ministri istituiti non dovranno essere semplici esecutori delle indicazioni dei presbiteri e dei diaconi ma veri animatori di assemblee presieduti dal pastore d’anime, promotori della corresponsabilità nella Chiesa e dell’accoglienza di quanti cercano di compiere un itinerario di fede, evangelizzatori nelle varie situazioni ed emergenze di vita, interpreti della condizione umana nei suoi molteplici aspetti.

Con riferimento alla formazione questa serve innanzitutto a risvegliare il senso della chiamata e della vocazione e a maturare o a far maturare lo spirito di servizio e le motivazioni dentro di sé per accettare tale servizio. La formazione dei candidati deve servire dunque ad aiutare nel discernimento intellettuale, spirituale e relazionale il candidato, a perfezionare la formazione in vista del servizio e infine dare le basi bibliche, teologiche e pastorali che vanno rinnovate in modo permanente. Dovrà anche esserci un accompagnamento spirituale stabile.

Tra le varie possibilità considerate il maggiore consenso è stato espresso verso una soluzione che

garantisca la sostenibilità per i singoli (e le famiglie) che affrontano questo impegno e nello stesso tempo dia garanzia di una preparazione adeguata. In tale prospettiva si inserisce l’ipotesi che prevede dei moduli specifici articolati in week end residenziali (momenti che più di altri creano relazioni e interazioni), magari anche decentrati, con possibilità anche di tirocini. Dovrebbe essere una proposta che tenga conto della formazione già fatta dai singoli (attraverso per esempio le scuole di formazione teologica, o i corsi dell’Azione cattolica o di altre realtà aggregate, o dell’Ufficio catechistico) e preveda comunque anche tematiche più legate alle urgenze del momento. Rispetto alla formazione si dovrà definire chi si farà carico dei costi formativi.