QOÈLET: Ho ascoltato il silenzio di Dio

La sintesi dell'intervento di don Luigi Verdi alla Scuola del lunedì

  don Luigi Verdi responsabile della Fraternità di Romena (AR) Vicenza, Centro “Mons. Arnoldo Onisto”, 25 marzo 2019   Don Luigi ha esordito affermando che la sua ricerca del silenzio di Dio avviene dentro le persone, dentro la storia quotidiana degli uomini e delle donne che incontra ed è una ricerca che si sforza di andare al nocciolo della realtà, senza perdersi negli inevitabili meandri. Il silenzio di Dio è da intendere come un segno del dialogo che si instaura con l’uomo e, pertanto, chiede, da parte di questi, che le parole, prima di essere pronunciate, siano masticate, oggetto di profonda riflessione, a partire dal fatto che nessun essere umano possiede la verità. Emerge così l’immagine, ben presente nella Bibbia, del mendicante di Dio, il quale cerca la luce e la trova proprio nella Parola, all’interno comunque di una relazione faticosa, dove il silenzio divino è apparente, perché non dice assenza, ma una presenza non sostitutiva. E questo per la ragione che a Dio sta a cuore l’uomo, la sua realizzazione, la sua gioia. Il relatore ha, quindi, proseguito il suo intervento, fermando l’attenzione su 6 aspetti della realtà dei nostri giorni che lui ritiene problematici. Si è, innanzitutto, soffermato sul numero 6, che, nella tradizione ebraica, si riferisce al diavolo e si contrappone al numero 7, simbolo della pienezza. I 6 punti sono: 1) la solitudine e il mutismo nel dolore, 2) la responsabilità, 3) la consapevolezza, 4) l’ansia della fretta, la frenesia, la logica del “tutto e subito”, 5) lo scollegamento tra il sogno e la vita, 6) la volontà uccisa. Analizzando questi aspetti, don Luigi ha fatto una lettura critica del nostro tempo, evidenziando la mentalità corrente preoccupata di dare subito risposta ad ogni domanda ed auspicando la maturazione di una nuova catechesi, capace di abitare le domande nel senso di vivere dentro la storia e di guardare in faccia la realtà, senza addolcirla per renderla più accettabile. Questa prospettiva è urgente per cercare di affrontare in modo diverso il nostro tempo, il quale non è cattivo o malato, semplicemente è vuoto. Un vuoto che don Luigi ha letto, aiutato dal pensiero di un grande filosofo, Friedrich Nietzsche (1844 – 1900), il quale, parlando del nichilismo, mette in luce questi punti: 1) la stanchezza, dovuta al fatto che l’uomo ha smesso di camminare e si è adagiato; 2) la solitudine; 3) la mancanza di un luogo dove sentirsi a casa; 4) l’avvelenamento causato dall’antico serpente, che determina una crescita della cattiveria, dell’egoismo, dell’irritazione, della violenza (che altro non è che l’incontro dell’egoismo con la paura). Questa chiave di lettura permette di capire meglio il nostro tempo, caratterizzato dalla logica dei muri, i quali, se da un lato difendono, dall’altro ingabbiano. Una mentalità che interessa anche molte comunità, quando il capo impone se stesso ed esse crescono al punto tale di doversi organizzare in modo rigido e complesso. Don Luigi ha portato l’esempio della Fraternità di Romena, che egli auspica rimanga una pieve e non si trasformi in una abbazia. Un secondo tema trattato dal relatore ha riguardato la domande religiosa del nostro tempo. Il punto di partenza è stata l’affermazione che, per essere cristiani, il Battesimo non è sufficiente, perché è necessario voler diventare come Dio nel senso di essere in vera, profonda e sincera relazione con lui. Ciò comporta vigilare, affinché la religione non acquisisca il carattere di un sistema rassicurante, tentazione sempre viva. Per secoli si è detto che non c’è salvezza fuori di Cristo e della Chiesa. E’ da augurarsi, invece, che tutti possano essere in Cristo, in quanto Cristo è per tutti (cfr. anche un intervento di Joseph Ratzinger del 1973). Don Luigi, in questo contesto, ha voluto richiamare il pensiero di Giacomo Leopardi, il quale, nella celebra poesia “L’infinito”, ricorda che la vita è oltre ciò che vediamo e tocchiamo, ed un anziano contadino, suo vicino di casa, il quale, pur dichiarandosi non credente, spera in un oltre la morte. Nel terzo punto dell’intervento il relatore ha parlato della Chiesa che lui sogna ed ama, presentandone 5 caratteristiche, fondate su un pensiero di Jean Guitton (1901 – 1999), che diceva che la Chiesa di oggi è chiamata ad affrontare una sfida tra un umanesimo degradato ed un cristianesimo autentico. Le caratteristiche sono: 1) la responsabilità condivisa, per cui la gerarchia non può essere un alibi, una scusa per disimpegnarsi; 2) la normalità, intesa come armonia fra leggerezza e disciplina; 3) un cristianesimo semplice e naturale, perché lì c’è Dio (cfr. episodi evangelici della samaritana, di Zaccheo, dei discepoli di Emmaus); 4) un cristianesimo più femminile, nel senso di una mentalità non solo maschilista, ma completata con la misericordia, l’emozione, lo sguardo d’amore, il pianto, più propriamente femminili; 5) un ordine personale, che richiede un serio lavoro su di sé e che si fonda su: perdono, dignità e libertà, forza della debolezza, fedeltà, preghiera. Questi elementi risultano indispensabili per diventare monaci nella città, nel senso di persone unificate. L’ultimo tema affrontato da don Luigi ha riguardato l’impegno ad innamorarsi di un cristianesimo più autentico e leggero. L’obiettivo può essere raggiunto, tenendo presenti tre debolezze della Chiesa, messe in luce dal card. Carlo Maria Martini (1927 – 2012): 1) un’umanità poco sensibile, 2) la preoccupazione di vincere, 3) la mancanza della gioia. Ad esse il relatore ha affiancato tre impegni necessari: 1) puntare più a raccogliere che accogliere, 2) vivere più che progettare, 3) credere che la vita è senso non ha senso. Infine, tre dimensioni da cercare, curare e difendere, perché necessarie ma minacciate dalla modernità: la bellezza, la tenerezza, la gioia.   Massimo Pozzer
Ascolta l’intervento di don Luigi Verdi