“Quanti pani avete?” Il Vescovo a Monte Berico per l’inizio del nuovo Anno Pastorale: realizziamo una vera ecclesiologia di comunione

 
Ecco il testo dell’intervento di mons. Pizziol prounciato a Monte Berico la sera del 7 settembre per aprire il nuovo Anno Pastorale. Di seguito la Lettera Pastorale 2016-2017
 
Un saluto cordiale a tutti voi, fedeli laici, sacerdoti, diaconi, consacrate e consacrati.
Un saluto grato al Signor Sindaco, alle autorità civili e militari, agli organizzatori di questo pellegrinaggio, a coloro che vigilano sulla salute e sulla sicurezza dei partecipanti.
Un saluto affettuoso agli ascoltatori di Radio Oreb.

    Siamo lieti di accogliere il “Gioiello di Vicenza” che riproduce l’ex voto fatto dai vicentini nel 1578 alla Madonna, per invocare la liberazione dalla peste. Oltre a essere una pregevole opera d’arte, vuole essere anche un segno di fede e di devozione da parte del nostro popolo.

    Il pellegrinaggio di quest’anno assume un significato particolare perché fa memoria della visita di Papa Giovanni Paolo II alla diocesi e alla città di Vicenza. Esattamente 25 anni fa, in questo stesso luogo, il Santo Pontefice rivolgeva ai fedeli raccolti sul piazzale di Monte Berico queste parole: «È una gioia grande per me, oggi, vigilia della festa della natività della Beata Vergine, trovarmi in questo luogo, santificato per tanti secoli dalla penitenza e dalla preghiera delle comunità cristiane del Veneto. So che la Santa Madre di Dio è onorata su questo colle benedetto da quel lontano 1428 quando rivolse il suo messaggio a un’umile donna del luogo, Vincenza Pasini. La Vergine richiamava il popolo dei battezzati alla conversione e alla ripresa di un più alto impegno di vita cristiana. Insieme alle autorità e al popolo affidato alle sue cure pastorali, il vescovo salì allora le pendici di questo Monte per venerare e invocare la Madre di Dio, come abbiamo fatto anche noi questa sera. Recitando poc’anzi il Rosario abbiamo vissuto lo stesso atteggiamento di amorosa fiducia verso la Madre di Misericordia che hanno avuto i nostri antenati, di fronte a situazioni difficili e talora drammatiche, in tempi di calamità, di violenze e di guerre».

    Un secondo significato assume quest’anno il nostro incontrarci: si tratta di un pellegrinaggio giubilare, presso questo Santuario Mariano. Ci stiamo avviando alla conclusione dell’Anno Santo della Misericordia, prevista per il 20 novembre prossimo, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Dal nostro cuore sorgono spontanee alcune domande: che cosa ci ha insegnato e ci sta insegnando questo Anno Giubilare della Misericordia? Siamo stati provocati a una vera conversione del cuore e della mente, per far diventare la Misericordia una dimensione costitutiva della nostra vita e della vita delle nostre comunità cristiane? Abbiamo reso visibile e concreta la Misericordia di Dio verso tutte le persone che il Signore ha messo sulla nostra strada, attraverso le opere di misericordia corporali e spirituali?
    La Misericordia — ricevuta e donata — deve persistere oltre quest’anno, in modo duraturo, permanente anche per il tempo futuro. Abbiamo compreso che per essere uomini e donne di misericordia occorre essere consapevoli della Misericordia che Dio ha usato a noi. Abbiamo compreso che la Misericordia non è un’emozione, un sentimento, ma un cammino che parte dal cuore per divenire azione, prassi, cura dell’altro.
    Ricordiamo la conclusione della parabola del Buon Samaritano. Gesù po-ne questa domanda al dottore della Legge: «“Chi dei tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. “Chi ha fatto misericordia a lui”, gli risponde il dottore della Legge. E Gesù gli dice: “Va’ e anche tu fa lo stesso”» (Lc 10,36-38).
    “Fare Misericordia”. Nella società odierna ci accorgiamo che ci sono bi-sogni sempre inediti, povertà spesso nascoste, miserie non comprese. Per questo siamo chiamati a dare alla Misericordia e alla Riconciliazione un carattere anche sociale, per attuare una vera politica di riconciliazione e di perdono.

    Voglio ricordare questa sera, davanti al Santuario della Madonna di Monte Berico, quel “fiume di carità e di solidarietà” che ha caratterizzato le nostre comunità cristiane, con la guida dei loro pastori, attraverso il servizio dei diaconi e la testimonianza dei consacrati e delle consacrate: i sostegni di “vicinanza” per le famiglie in difficoltà; il servizio alle mense dei poveri gestite dalla Caritas, dalla San Vincenzo e da alcune comunità religiose; la visita cordiale ai malati e agli anziani nelle loro famiglie, negli ospedali e nelle case di riposo; la visita ai carcerati, la cura nel prepararli all’inserimento nella società; la vicinanza e la solidarietà verso le persone con qualche disabilità che vivono in famiglia o che trascorrono parte del loro tempo in centri diurni, oppure, residenziali; l’accoglienza fraterna nelle nostre strutture abitative di piccoli nuclei o famiglie di immigrati; e a livello sociale le manifestazioni pubbliche per promuovere la pace, per stigmatizzare la tratta degli esseri umani o per la difesa e la salvaguardia del creato; infine, desidero ricordare la decisione presa dalla nostra diocesi — attraverso gli organismi di partecipazione — di aprire una nuova missione nella diocesi di Beira, in Mozambico, con l’invio di due nostri preti come fidei donum. Questa missione sarà condivisa e sostenuta anche da un prete della diocesi di Adria-Rovigo, dai missionari della Pia Società San Gaetano e dalle Suore Orsoline di Vicenza, già presenti in quel territorio da diversi anni.
    Vogliamo rendere grazie a Dio — ricco di Misericordia — per i frutti ab-bondanti che ha donato alla nostra Chiesa: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16).

    È ormai una tradizione consolidata da 25 anni, dar inizio al nuovo anno pastorale, davanti al Santuario della Madonna di Monte Berico, ponendo sotto la sua materna protezione il cammino gioioso e impegnativo della nostra Chiesa diocesana. La proposta pastorale di questo nuovo anno continua il suo cammino seguendo l’orizzonte tracciato da Papa Francesco nella Esortazione Apostolica Evangelii gaudium.
    A partire dagli incontri con il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pasto-rale Diocesano abbiamo espresso in una formula sintetica, ma assai carica di si-gnificato, le prospettive per il cammino delle nostre comunità nei prossimi anni: “Una nuova presenza della Chiesa nel territorio, con un nuovo volto e con un nuovo stile”. Nel pensare e progettare una nuova presenza della Chiesa nel territorio siamo partiti da una lettura realista della situazione in cui si trova la nostra diocesi, come del resto tante altre diocesi italiane. La trasformazione della diocesi berica in Unità Pastorali è oggettivamente provocata dalla diminuzione del numero dei sacerdoti, dei consacrati e delle consacrate e anche del numero dei battezzati, conseguente al calo demografico e al fenomeno del secolarismo che coinvolge tutta l’Europa.
    Siamo quindi chiamati a dare risposte nuove di fronte a situazioni nuove, a partire da quella “ecclesiologia di comunione” propostaci dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Queste risposte non possono essere meramente organizzative o strutturali, dobbiamo, invece, imparare a leggere il nuovo in una prospettiva continuamente alimentata dalla Parola di Dio, dai Sacramenti, in modo particolare l’Eucaristia, dalla carità evangelica e dall’impegno missionario.
   
    Per questo propongo a tutti di riflettere, con calma e in profondità, sulla narrazione evangelica della moltiplicazione dei pani e dei pesci, riportata da tutti e quattro gli Evangelisti. Questo testo è il cuore della Lettera Pastorale e rappresenta il fondamento e la sorgente di tutta la nostra azione pastorale. Gesù — nel racconto evangelico — non parte da una teoria, dalla verifica astratta dei piani pastorali, ma si informa sulle concrete risorse a disposizione per sfamare migliaia di persone che lo hanno seguito fin dal mattino. Si rivolge ai discepoli e chiede loro: «Quanti pani avete?».
    Questa sera, Gesù si rivolge a me vescovo, all’intero popolo di Dio, con i suoi sacerdoti, diaconi, consacrate e consacrati: “Chiesa di Vicenza, quanti pani hai?”. È probabile che — con un guizzo di fierezza — si sia tentati di fare l’elenco dei progetti avviati, delle realizzazioni ottenute, dei traguardi raggiunti e delle fatiche affrontate con profitto.
    Ma è altrettanto possibile che si affacci lo scoraggiamento, perché davanti alla grande quantità di lavoro da fare, si è costretti ad ammettere che non si hanno più le forze di un tempo e che i numeri a disposizione nel passato oggi non ci sono più. I discepoli di Gesù si sono dovuti misurare con una situazione semplicemente insostenibile: «duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo» (Gv 6,7). Hanno poco, i Dodici, solo cinque pani e due pesci che non bastano neppure ad assicurare la cena a un piccolo gruppo. È poco, ma tutto è messo a disposizione. Da qui, il Vangelo è rilanciato a noi e alla situazione che stiamo vivendo come diocesi e come singoli: tutto ciò che siamo e che abbiamo deve diventare “sacramento di condivisione”.
    La moltiplicazione dei pani e dei pesci operata da Gesù non si produce dal niente, bensì da una prima e modesta condivisione di ciò che un semplice ragazzo aveva con sé. Gesù, in questo modo, è capace di moltiplicare il nostro piccolo gesto d’amore rendendoci partecipi del suo dono.
    C’è una condizione, però: che quel poco che siamo e che abbiamo lo mettiamo tutto nelle sue mani. I cinque pani e i due pesci delle nostre risorse spirituali vanno impiegati sino in fondo, senza riserve e senza sconti. A ciascuno di noi è richiesto il massimo della propria disponibilità, una disponibilità individuale e comunitaria, espressione del sentirci tutti “sulla stessa barca”, ossia come partecipi del destino gli uni degli altri, mediante un’azione profumata di corresponsabilità. Nella Lettera Pastorale sono indicate le questioni, i nodi su cui saremo chiamati a riflettere per individuare risposte concrete e operative.

    E vorrei concludere parafrasando la preghiera che San Giovanni Paolo II ha rivolto alla Vergine Maria 25 anni fa, in questo stesso luogo e occasione:


«Madonna di Monte Berico, patrona principale della diocesi e della città di Vicenza, volgi il tuo sguardo misericordioso su ciascuno di noi. Mostrati Madre e veglia sul nostro cammino, perché il nostro cuore sia sempre docile alla guida dello Spirito. Aiutaci a seguire Gesù — Via, Verità e Vita — da discepoli auten-tici. Mostrati Madre per la nostra diocesi, le nostre comunità, le nostre famiglie, le istituzioni pubbliche, la nostra città, perché sappiamo promuovere le opere di misericordia nella ricerca comune della giustizia e della pace. Madre di Misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, mostraci dopo questo esilio Gesù, il Figlio benedetto del tuo grembo! O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Amen!».
 
 Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza
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Qui di seguito il video messaggio del Vescovo Beniamino per la festa dell’8 settembre: