Sei nuovi presbietri per la vigna del Signore

L'ordinazione presbiterale alle ore 16.00 di sabato 7 giugno 2014 in Cattedrale


Sabato 7 giugno 2014, vigilia della solennità di Pentecoste, alle ore 16.00, nella chiesa cattedrale di Santa Maria Annunciata di Vicenza, sei giovani riceveranno l’ordinazione presbiterale per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza.

Cinque saranno incardinati nelle diocesi di Vicenza:

Don Andrea Bruttomesso, 31 anni, originario della parrocchia di Santa Maria Assunta e San Martino di Chiampo, ha prestato servizio pastorale a Ognissanti di Arzignano.
 

Don Luca Cecchelero, della parrocchia di San Giuseppe di Monte di Malo, ha svolto il tirocinio ad Altavilla Vicentina; avendo 26 anni, diventa il presbitero più giovane della diocesi di Vicenza.
 
Don Luca Lorenzi, 36 anni, della parrocchia di San Clemente di Valdagno, ha servito la comunità di San Bonifacio.
 
Don Ismaele Pellanda, 27 anni, della parrocchia di Santa Maria Assunta di Marostica, è stato in servizio  pastorale a Lonigo e ha lavorato come insegnante di religione cattolica nella scuola così come il suo coetaneo don Samuele Stocco, originario della parrocchia di San Giacomo di Paviola, che ha effettuato il tirocinio nell’Unità Pastorale Barbarano-Mossano.
 
Con questi ci sarà anche don Gabriele Grando, 33 anni, della parrocchia di San Giovanni Battista di Longa di Schiavon, che sarà ordinato presbitero per la Comunità missionaria di Villaregia e poi incardinato nella Diocesi di Yopougon, nei pressi di Abidjan, in Costa D’Avorio.


Che cosa significa diventare preti nel 2014?

«Essere preti oggi significa saper guardare alla concretezza di un quotidiano fatto di differenti “umanità” – spiega il rettore del Seminario di Vicenza mons. Carlo Guidolin -. Nel contesto attuale, annunciare la fede in Gesù Cristo è annunciare qualcosa di nuovo. Per questo bisogna curare molto l’aspetto spirituale ed essere capaci di andare oltre il piccolo gregge di fedeli.

Il prete deve dialogare con quelle che Papa Francesco  definisce le “periferie”, le quali non sono più i sobborghi o i margini, ma il centro stesso della nostra vita  quotidiana. Sono proprio queste “periferie esistenziali” il contesto privilegiato di un’azione pastorale».
 

Quindi i preti devono avere nuove capacità rispetto al passato…

«Oggi il prete deve guardare agli altri con quello stile che il nostro Vescovo Beniamino definisce un “anticipo di fiducia”: deve cioè incontrare le persone senza distinguere se sono “lontane” o “vicine” alla Chiesa e alla fede. Deve dialogare con tutti.

E poi deve saper lavorare insieme, insieme con gli altri preti e anche con i laici. Anzi, tocca ai preti affermare la responsabilità dei laici e ciò non perché c’è penuria di presbiteri (il laico non è un ripiego quando i preti non bastano!)».
 

Questi giovani prossimi all’ordinazione presbiterale sono pronti per tutto questo?

«Di più, credo siano favoriti perché sono cresciuti proprio in questi mutati contesti sociali e comunitari e sono già a servizio di una Chiesa che si sta edificando in modo nuovo. A loro, quindi, il compito di coltivare una nuova idea dell’essere prete: non più al centro di tutto, ma capace di coinvolgere e responsabilizzare tutti; non l’esperto della pianificazione e dell’organizzazione, ma l’uomo di fede che sa stare con la gente nella dimensione feriale della vita».


LA COMUNITA’ DEL SEMINARIO LA VICENDA DEI PRETI “FIDEI DONUM” IN CAMERUN

Tutta la comunità del Seminario ha vissuto e condiviso i giorni del rapimento di don Gianantonio Allegri e don Giampaolo Marta attraverso la preghiera e il ricordo quotidiano.

«La dura vicenda dei nostri confratelli in Camerun non ha scoraggiato né intaccato minimamente la vocazione dei nostri giovani candidati al presbiterato – racconta mons. Carlo Guidolin -. Al contrario, li ha confermati nella prospettiva della missione, che, come sappiamo, va vissuta in ogni contesto di vita, non solo in Paesi lontani e in altri continenti. Soprattutto, per loro è stata significativa la testimonianza offerta dal nostro Vescovo in questo frangente: egli si è fatto vicino in tutti i modi che gli sono stati possibili ai confratelli rapiti e ha sempre guardato con speranza all’azione del Signore. La fede di mons. Pizziol ha sostenuto tutti».

 
Luca de Marzi