Una nuova presenza di Chiesa sul territorio della Diocesi: l’intervista a don Lorenzo Zaupa

 
Hanno già cominciato a discuterne nei diversi luoghi di partecipazione che animano la Diocesi: consiglio presbiterale, consiglio dei vicari, consiglio pastorale diocesano, congreghe dei preti, consigli vicariali, uffici di pastorale, comunità diaconale, assemblea dei gruppi ministeriali. E altri momenti di approfondimento sono attesi. Si tratta del progetto globale di riforma che a partire dalle sfide attuali e dalla situazione strutturale della chiesa diocesana vuole arrivare a tracciare un cammino per il futuro che abbia uno sguardo lungo. La prospettiva è che tutte le parrocchie condividano il cammino in unità pastorali, che cresca la consapevolezza del significato del gruppo ministeriale, che in prospettiva si vada verso unità pastorali più grandi e che ciascuna di queste abbia come riferimento una comunità di preti che vivano possibilmente assieme. È questa, in sintesi, la proposta su cui si sta ragionando. Per capire il significato e i passi che attendono la nostra Chiesa abbiamo incontrato il vicario generale mons. Lorenzo Zaupa.

La proposta, come c’era da attendersi, ha messo in moto una grande discussione, con speranze ma anche timori. Qualcuno dice che in realtà è già tutto deciso. È così?«Il documento base, che il Vescovo Beniamino mi ha chiesto di presentare, parla già nel titolo di “proposta” ed formulato in forma di domanda, “Verso dove stiamo andando?”; cioè esige una risposta da cercare insieme. Significa che stiamo raccogliendo osservazioni, critiche, suggerimenti di cui non si può non tenere conto. Ci sono però almeno due presupposti da aver presenti. La situazione nel suo complesso ci interpella e ci dice che il modo con cui abbiamo vissuto l’esperienza ecclesiale fino ad ora va aggiornata. Per fare questo ci diamo il tempo necessario, ma certo non ci possiamo attardare in dibattiti di anni. Credo sia necessario, in un tempo ragionevole, giungere a delle decisioni, prima di essere sopraffatti dalle urgenze. Il secondo presupposto è che molte cose che stiamo dicendo non sono nuove, sono all’interno di un cammino di trent’anni e sono acquisite nella vita delle nostre comunità e per questo non possiamo rimetterle in discussione e mi riferisco alle unità pastorali, ai gruppi ministeriali e alle varie esperienze di vita comune dei preti. Vogliamo fare tesoro delle esperienze già maturate per guardare avanti e tracciare i passi futuri, con tutta la pazienza necessaria, ma anche con coraggio».Non è comunque un passaggio semplice. Cosa vi attendete da questo cambio di passo?«Il risultato dovrebbe essere una Chiesa che supera una fase che l’ha vista troppo “clericocentrica”. Il ministero presbiterale è fondamentale certo, però dobbiamo andare verso una modalità di guida pastorale molto più aperta alla corresponsabilità, al coinvolgimento dei laici e delle comunità. L’obiettivo è ripensare la presenza del presbitero ma anche la presenza della Chiesa in quanto tale. Ho voluto sintetizzare nel documento che tipo di Chiesa ne può emergere: “Una Chiesa che cerca di vivere la comunione a partire dai presbiteri, nella molteplicità dei ministeri e servizi, molto più laica e centrata sull’essenziale; che è aperta a nuove vie per l’annuncio e la testimonianza del Vangelo”. Per anni siamo andati avanti con un parroco in ogni parrocchia: una presenza capillare. Oggi non solo per una diminuzione dei preti, ma anche per una diversa partecipazione ecclesiale c’è bisogno di rivedere queste modalità.La comunità cristiana è affare della comunità cristiana e non del parroco e del vescovo soltanto, come invece spesso si tende a pensare. Questa è una deformazione enorme che indica una coscienza mancata di passione e coinvolgimento dei singoli cristiani. Se i cristiani sono tali non possono non sentirsi parte di una famiglia e darsi da fare per la  loro comunità. I sacramenti dell’Iniziazione cristiana, infatti, non solo ci introducono al rapporto con il Signore ma anche ci introducono in una comunità, dove tutti siamo parte dell’unico corpo». Concretamente  …«Il progetto prevede una modalità diversa per i preti di essere presenti sul territorio e una modalità diversa di guidare le singole comunità con la corresponsabilità del gruppo ministeriale. Mi viene da pensare a un’équipe dove ci sono preti, diaconi permanenti, religiosi e religiose, il gruppo ministeriale che, insieme, a partire da quanto indica il Consiglio pastorale, cerca di attuare un programma pastorale in una unità pastorale. Il motore della comunità rimane il Consiglio pastorale….L’intervista completa di Lauro Paoletto al Vicario generale, insieme ad altri approfondimenti sul tema, sul numero di questa settimana de La Voce dei Berici