LITURGIA FUNEBRE PER DON ALFREDO PETTENUZZO(chiesa parrocchiale di San Pietro in Gu, 15 marzo 2019)

       All’inizio del cammino della Quaresima — cammino che ci conduce alla Pasqua di Gesù — ci siamo riuniti insieme per accompagnare nella preghiera e nell’affetto il nostro fratello sacerdote don Alfredo nel suo passaggio, nella sua pasqua, da questo mondo all’incontro definitivo con Dio, Padre buono e misericordioso.
      
       Don Alfredo Pettenuzzo fu ordinato presbitero il 21 giugno 1953 dal vescovo Carlo Zinato. Prete novello fu inviato come vicario cooperatore a Brogliano e, in seguito, ad Alte Ceccato, a Schiavon e a Dueville. Fu poi parroco di Monte Magrè in Schio dal 1970 al 2005, per ben 35 anni. Dal 2006 si ritirò nella sua casa, qui, a San Pietro in Gu. Trascorse gli ultimi due anni a Carmignano di Brenta, presso la casa di riposo “Botton”, Fondazione Opera Immacolata Concezione.
 
       Negli incontri che ho avuto con lui nella sua casa, prima, e due volte nella casa di riposo “Botton”, ho sperimentato la bontà e la saggezza di questo sacerdote. Ho ammirato la sua sensibilità ecclesiale, si teneva informato sulla vita della diocesi e ha sempre assicurato la sua preghiera per il vescovo, i sacerdoti e per tutti fedeli della nostra Chiesa diocesana. Don Alfredo amava dialogare ed entrare in relazione con le persone che erano affidate alla sua cura e carità pastorale. Nella parrocchia di Monte Magrè conosceva tutti attraverso la benedizione delle famiglie. Alla sera amava invitare in canonica un gruppo di giovani adulti per una chiacchierata e una partita a carte, per rinsaldare i legami di amicizia umana e cristiana. È stato un pastore molto amato, testimoniò il Vangelo di Cristo con la vita, con la parola, con la vicinanza fraterna e paterna verso ogni persona che il Signore metteva sul suo cammino.
 
       L’immagine del prete-pastore si misura sempre sulla persona di Gesù, il vero-buon-pastore, come abbiamo ascoltato nel Vangelo secondo Giovanni. Gesù, infatti, si pone in modo del tutto nuovo rispetto ai pastori com’erano conosciuti nel suo tempo. Gesù è il buon pastore, che ama a tal punto le sue pecore da dare la sua vita per loro. Egli non abbandona mai il gregge, neppure di fronte ai lupi rapaci che insidiano continuamente la comunità cristiana.
Ma c’è un’altra novità operata da Gesù nel rapporto tra il pastore e il gregge: la conoscenza reciproca. «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me; così come il Padre conosce me e io conosco il Padre».
 
       Don Alfredo, nella sua vita e nel suo ministero, si è impegnato a testimoniare Gesù buon pastore in ogni circostanza. È stato un prete di dialogo e di pace, cercava — con il suo stile pacato e sereno — di riconciliare gli animi, di riportare l’armonia, mettendo in pratica l’insegnamento di San Paolo: fare la verità della carità.
 
       Dopo un lungo ministero di parroco, è tornato a vivere sereno con la famiglia di origine. Il fratello Francesco, la cognata Rosanna e la nipote Chiara sono stati encomiabili nel seguirlo con affetto e dedizione, e per questo li ringrazio. Anche nella casa dell’Opera Immacolata Concezione di Carmignano si trovò bene accettando, con cristiana pazienza, le sofferenze che minavano progressivamente la sua salute.
 
       La morte di una persona cara, anche quando sopraggiunge in età avanzata, crea sempre un profondo turbamento, pone delle domande radicali sul senso del vivere, del soffrire e del morire.
 
       Il brano della Seconda Lettera ai Corinzi ci parla dell’Apostolo Paolo, che dopo gli anni delle fatiche e delle sofferenze, sopportate per amore di Cristo, comincia a sentire le proprie forze venir meno, e ci offre una commovente riflessione sulla sua situazione. Egli dichiara: «Non mi scoraggio anche se mi rendo conto che l’uomo esteriore (l’uomo mortale) si fa disfacendo, mentre quello interiore (l’uomo spirituale) si rinnova di giorno in giorno».
Da questa constatazione deriva l’invito a distogliere lo sguardo dalle cose visibili e a fissarlo su quelle invisibili, che sono eterne.
 
       Don Alfredo ha celebrato per oltre 65 anni l’Eucaristia, il Sacramento della morte e della risurrezione del Signore Gesù. L’Eucaristia è l’atto supremo dell’amore di Gesù per la sua Chiesa e per il mondo intero, consegnato ai suoi discepoli nell’Ultima Cena e trasmesso, nella catena delle generazioni, a tutte le comunità cristiane.
Per un prete la Messa è tutto: pane che dà forza, l’appuntamento quotidiano atteso che dà senso alle fatiche e alle gioie, che sostiene nelle esperienze di sofferenza e di delusione proprie di ogni padre, e il prete è sempre un padre  e un pastore per il suo popolo. L’Eucaristia fa del prete un corpo donato e un sangue versato.
 
       Desidero concludere l’omelia offrendovi alcuni passaggi del testamento spirituale di don Alfredo, datato Pasqua 1989, che sono edificanti nella loro semplicità e umiltà: “Sia fatta, o Signore, anche in questi momenti la tua volontà: la vita non è tolta, ma trasformata. Grazie, Signore, di avermela donata e conservata per tanti anni, più di quello che io meritavo. Se oggi Dio mi chiama da questa terra, io parto felice e contento. Ringrazio tutti quelli che mi hanno amato e stimato per quel poco che valgo. Pregate per me, è l’ultima carità che vi chiedo, perché possa raggiungere la pace del paradiso. Dall’aldilà sarò sempre vicino a tutti quelli che ho incontrato a Brogliano, alle Alte, a Schiavon, a Dueville e specialmente a Magrè”.
 
       Affidiamo, ora, don Alfredo all’intercessione della Beata Vergine Maria, la nostra Madonna di Monte Berico. Lo affidiamo ai Santi e ai Beati della nostra Chiesa diocesana perché gli vadano incontro e lo conducano a Dio, Padre buono e misericordioso. Tutti insieme preghiamo il Signore perché dia alla nostra Chiesa la grazia di sante vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Sacerdotale. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza