Ordinato sacerdote dal vescovo monsignor Carlo Zinato nel mese di giugno del 1959 fu assegnato come vicario parrocchiale a Priabona, a Campedello e nella parrocchia della Cattedrale e poi come parroco a Casale, a Valrovina e a Friola. Negli ultimi quindici anni fu collaboratore pastorale a Friola, Pozzoleone e Scaldaferro.
È stato un prete ricco di fede e di pietà profonda. Persona mite, si è impegnato nella vita pastorale soprattutto nella cura dei malati e nella visita alle famiglie. Ha accettato, con spirito di obbedienza, il servizio a parrocchie piuttosto piccole senza aspirare a posti importanti.
Di fronte all’evento della morte di ogni persona – e oggi di fronte alla morte del nostro fratello sacerdote don Luigi – tante domande e interrogativi sorgono nel nostro cuore e nella nostra mente sul senso dell’esistenza umana alla luce della fede. Le letture della liturgia odierna che abbiamo ascoltato ci illuminano e ci aprono alla speranza.
Il brano della lettera agli Ebrei ci invita a pensare la nostra vita di credenti come una corsa verso Dio, tenendo sempre fisso lo sguardo su Gesù che è il principio, la guida e il compimento della nostra fede: «Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede», ( Eb 12,1-2).
Gesù è il nostro traguardo, la nostra mèta, egli è la via che ci apre alla verità e ci fa approdare alla vita vera, la vita in Dio, il Paradiso.
Il nostro fratello sacerdote don Luigi ha speso la sua vita nel nome di Gesù Cristo e ha cercato di seguirlo, con perseveranza e fedeltà, anche attraverso le fatiche e le sofferenze che la vita riserva a tutti coloro che sono chiamati a servire la Chiesa di Cristo.
Il Vangelo di Marco ci rivela Gesù come Colui che ha il potere anche sulla malattia e la morte. Tale signoria si manifesta pienamente quando ci si accosta a Lui con fede aperta, come il capo della sinagoga, di nome Giairo: «Venuto Gesù, egli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza: “la mia figlioletta sta morendo, vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”», (Mc 5,23). È questa la nostra fede. Di fronte alla morte di don Luigi, noi preghiamo il Signore della vita, perché gli doni la salvezza e lo introduca nella sua dimora di luce e di pace.
La fede di Giairo – come la nostra fede – è destinata a crescere nella prova. La nostra fede è sempre fragile, chiusa entro i confini angusti del nostro timore nell’affrontare le situazioni che ci superano, come le situazioni di gravi sofferenze e della morte stessa. Giairo è convinto che Gesù possa guarire la sua bambina che è in fin di vita e continua a credere in Gesù anche quando, umanamente, tutto sembra perduto. E con grande stupore sperimenterà – insieme ai tre testimoni privilegiati fra gli Apostoli – che Gesù è il Signore della vita, il vincitore della morte.
Questa è la nostra fede e questa era la fede di don Luigi, durante la sua esistenza terrena e nel suo ministero pastorale. Il cero acceso accanto alla bara è simbolo di Cristo Risorto, la luce del mattino che sconfigge le tenebre e introduce i figli di Dio nel giorno senza tramonto. Sia pace a don Luigi. La Chiesa onora con l’acqua – segno del battesimo – e profuma con l’incenso i corpi dei suoi figli morti, perché crede che un giorno anche i nostri corpi risorgeranno.
Ora affidiamo il nostro fratello sacerdote don Luigi a Gesù, il Crocifisso per amore, risuscitato dal Padre. Lo affidiamo alla Santa Madre di Gesù, la nostra Madonna di Monteberico, la dolcissima Madre che non abbandona mai i suoi figli per tutti i giorni della loro vita.
E tu, don Luigi, ricordati della nostra Chiesa, che hai servito con dedizione e umiltà, intercedi perché il Signore la benedica con la grazia di vocazioni al Ministero Sacerdotale, alla Vita Consacrata e al Sacramento del Matrimonio. Amen!
Vescovo di Vicenza