Letture: At 10,34a.37-43; Sal 117; 1Cor 5,6-8; Lc 24,1-12
Il mattino di pasqua inizia con piccole ma importanti luci di speranza. Per le donne che abbiamo incontrato poco fa nel vangelo nel racconto dell’evangelista Luca. Ed è così anche per noi: piccole luci di speranza appaiono nella concretezza della nostra vita.
Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo e le altre donne vanno al sepolcro, dove era stata collocata la salma di Gesù. Queste donne con la loro sensibilità femminile hanno portato aromi che avevano confezionato con cura per prendersi cura di quella salma. Si chiedevano tra di loro – probabilmente – come avrebbero potuto togliere la pesante pietra per entrare nel sepolcro. Portavano nel cuore sentimenti di dolore misti a lutto per delle attese spezzate.
Lo sappiamo tutti. Quando ciò che si avvertiva come promessa viene violentemente interrotto, è come se ci crollasse addosso il mondo. Lo sanno bene quei coniugi che hanno sperimentato una promessa nella relazione di amore e poi poco per volta tutto viene meno fino a dover interrompere quel rapporto e separarsi gli uni dagli altri. È una promessa che viene spezzata e riempie il cuore di amarezza e di delusione. Una ferita che lascia tracce profonde.
Perché cercate tra i morti colui che vive? È questa la domanda che le donne al sepolcro si sentirono rivolgere. Una considerazione vera. Cercavano tra i morti, con profonda tristezza, il Maestro che aveva aperto loro orizzonti straordinari di vita nuova e promettente. Perché cercate tra i morti colui che vive?Non è qui: è risorto (Lc 24,6). Allora si ricordarono di quelle parole che Gesù più volte aveva ripetuto: quando annunciava che lo avrebbero ucciso, ma il terzo giorno sarebbe risorto. È una parola nuova: risurrezione. Una condizione nuova che non è un “risveglio” dal sonno della morte, bensì un entrare nella vita per sempre, in una vita che non tramonta. Come se quella promessa di vita che portiamo nel cuore tutti i giorni si realizzasse davvero: una vita che non tramonta.
Fino a quel momento le attese delle donne parevano del tutto deluse. Ma ora si affacciava nel loro intimo una piccola luce che chiedeva di essere accolta. Era del tutto nuova. Perfino difficile da spiegare. Ma c’era: la avvertivano nel profondo. Questa piccola luce la possiamo chiamare speranza.
Veniva detto loro che Gesù era vivo. Certo, in una condizione nuova, non si sapeva bene come. Una condizione forse tutta da scoprire. Ma quella domanda e quell’annuncio – non è qui: è risorto – corrispondeva proprio alla promessa di Gesù.
La luce della Risurrezione – ha ricordato questa notte papa Francesco – rischiara il cammino passo dopo passo, irrompe nelle tenebre della storia senza clamore, rifulge nel nostro cuore in modo discreto. La risurrezione non è un gesto magico che ci toglie improvvisamente tutte le fatiche del vivere quotidiano. Non ferma le tragiche violenze degli uomini. La Pasqua del Signore non è un evento spettacolare con cui Dio afferma sé stesso e obbliga a credere in Lui […] ha aggiunto il Papa. Al contrario, la Risurrezione è simile a piccoli germogli di luce che si fanno strada a poco a poco, senza fare rumore, talvolta ancora minacciati dalla notte e dall’incredulità.
Per le donne che vanno al sepolcro, la tomba aperta e vuota, la visione dei due uomini in abiti sfolgoranti e le loro parole sono stati i primi germogli di luce che possiamo chiamare germogli di speranza.
La speranza non è mero senso positivo della vita, essa è fatta di una realtà che non è ancora visibile nel mondo esterno, eppure in modo iniziale e dinamico è già dentro di noi. Già presente, anche se non ancora compiuta e manifestata pienamente.
In che cosa consisteva quella piccola luce di speranza nelle donne al sepolcro? Avvertivano con il cuore e la mente che potevano accogliere una assoluta novità: quel Gesù che era stato condannato a morte e ucciso ora è entrato una volta per tutte nella “vita eterna”. Una vita così, aperta all’eternità, le donne la desideravano anche per loro. Ora, in germe, la potevano sperare. Ma come?
Lo intuiamo dal fatto che lasciano il sepolcro per andare ad annunciare subito agli apostoli ciò che stavano vivendo: la speranza nella “vita vera”, l’inizio di una “vita nuova”.
Nel Vangelo di Luca i racconti di risurrezione, brevi ma molto incisivi, sono orientati sempre verso il futuro, cioè verso la Chiesa. Sono racconti di speranza che aprono al libro degli Atti degli Apostoli, il libro degli inizi della Chiesa e della sua missione nel mondo.
Gesù risorto fa entrare le donne in quella vita eterna consegnando loro la nuova comunità dei credenti. È presente con il suo Spirito nella Chiesa, comunità generativa perché animata dalla speranza nella “vita vera”, una “vita non meno che eterna”. Lo abbiamo sperimentato anche noi questa notte con il battesimo di cinque uomini e donne adulti. Hanno chiesto di diventare cristiani e di diventare parte attiva della comunità.
In quest’Anno giubilare, lasciamoci toccare il cuore dalle parole che hanno toccato il cuore delle donne: “Perché cercate tra i morti colui che vive? Non è qui è risorto”.
Anche noi cerchiamo spesso la “vita vera” laddove non è possibile trovarla. La cerchiamo pensando di poterla costruire da noi, ripiegati sui nostri bisogni di benessere, soffocando quel desiderio di eternità che ci portiamo dentro.
L’incontro con il Risorto libera questo desiderio dalle secche dell’individualismo e lo apre ai fratelli e alle sorelle per vivere un’esistenza nel dono, dentro la comunità.
Ogni vita umana ha il diritto di aspirare all’eternità e di vedersi perciò riconosciuta nella sua dignità.
Sant’Agostino, dopo aver spiegato come tutti sperano ogni giorno e sempre di più fino all’ultimo respiro (i ragazzi di diventare giovani, i giovani di innamorarsi, e poi di avere una buona professione, di avere figli, di diventare nonni, di avere pronipoti… c’è sempre un desiderio fino alla fine) conclude con questo invito: Che una volta almeno la nostra speranza non sia vuota, ma che sazi e di qualcosa di così buono che non potrebbe esserlo di più. Qual è allora l’oggetto della nostra speranza per cui, una volta presente, subentrando come realtà, ecco cessare la speranza? Qual è? È la terra? No. Qualcosa che deriva dalla terra, come l’oro, l’argento, l’albero, la messe, l’acqua? Niente di queste cose … È forse il cielo così bello e ornato di astri luminosi? Tra queste cose visibili che c’è infatti di più dilettevole, di più bello? Non è neppure questo. E cos’è? Queste cose piacciono, sono belle queste cose, sono buone queste cose: ricerca chi le ha fatte, egli è la tua speranza. Egli è, ora, la tua speranza, egli sarà, poi, il tuo bene; egli è la speranza di chi crede, egli sarà il bene di chi vede… Sia la tua speranza sulla terra di chi muore e sarà la tua sorte nella terra di chi vive.
Accogliamo questa speranza con i bagliori di luce che oggi si presentano a noi e ai quali le donne al sepolcro ci hanno introdotto.