La pagina del Vangelo che abbiamo appena accolto è molto nota ed è rivelatrice di un’esperienza da contemplare. Maria si venera. Ma la vicenda che è narrata in questa pagina è manifestazione della presenza di Dio, per questo si può contemplare.
Infatti qui c’è più di un racconto di vocazione, anche se per molte somiglianze ha la stessa struttura di alcuni racconti di vocazione dell’Antico Testamento.
Tutto è concentrato nel dialogo tra l’angelo e Maria.
Non mancano due riferimenti al tempo – il sesto mese – e al luogo – Nazaret, un paese che non viene mai citato nell’AT, ma per il resto tutto è molto essenziale. Non si dice nulla di che cosa stesse facendo Maria, quale lavoro? Era forse raccolta in preghiera? Non si dice nulla. Fermandosi in contemplazione su ciò che il testo narra, sembra che tutto sia avvolto nel silenzio.
È un evento da contemplare perché è tutto sbilanciato sull’iniziativa di Dio. È sufficiente confrontarlo con un racconto precedente sulla nascita di Giovanni Battista che inizia con una azione in capo a Zaccaria: Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso (Lc 1,8-9). Il racconto odierno è sbilanciato sull’iniziativa di Dio fin dall’inizio: l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Da un lato è Zaccaria che entra nel tempio, qui è l’arcangelo Gabriele che entra in dialogo con Maria.
Ed è sorprendente come la giovane venga indicata nel racconto con tre nomi differenti.
Il primo è il nome anagrafico: Maria. È il nome che serve per distinguere Maria dalle altre persone. Un nome dai molti significati: “signora” o “guarita” o “ben nutrita” o “desiderata per figlia”…
Il secondo è il nome con il quale è raggiunta dall’angelo: piena di grazia (kecharitomene). Un verbo che dice fondamentalmente l’amore gratuito di Dio. Lo dice in forma passiva: il soggetto è Dio. E lo esprime al tempo perfetto per sottolineare una realtà stabile. Si potrebbe tradurre: amata gratuitamente e stabilmente. Questo è il nome vero di Maria, è il suo nome davanti a Dio.
Il terzo nome che compare nel racconto è serva del Signore. È il nome con il quale Maria si riconosce davanti a Dio. Questa condizione di diaconia di Maria è aperta all’iniziativa di Dio: avvenga per me secondo la tua parola. Una parola accolta che orienta tutta la vita di Maria all’imprevedibile futuro che però, essendo nelle mani di Dio, apre alla speranza di un’esistenza che certamente sarà compiuta.
Quali sono i nostri tre nomi? Quello anagrafico lo conosciamo.
Qual è il nome che Dio ci fatto dono chiamandoci ad una particolare vocazione?
Qual è il nostro nome che ci definisce in risposta alla chiamata di Dio?
Non so se sia troppo azzardato pensarci nel compito che ci è affidato all’interno della curia diocesana: quello istituzionale, quello che ci costituisce per iniziativa di Dio e quello della nostra risposta a tale iniziativa.
Quello istituzionale lo conosciamo.
Quello che ci costituisce in ragione della chiamata che ci è stata rivolta di prendere parte alla missione potrebbe avere molti nomi. Tutti però fanno riferimento all’elezione di figli amati gratuitamente da Dio. Se siamo stati chiamati ad un compito non è per motivi puramente organizzativi o funzionali, lo siamo perché raggiunti dall’amore di Dio che desidera renderci partecipi della missione di annunciare il Vangelo. Prima di essere una responsabilità che ci è stata affidata, è un dono l’essere coinvolti nel disegno di Dio che vuole essere vicino ad ogni uomo, vuole salvarlo da ogni forma di schiavitù. È un ulteriore modo di essere con Cristo.
Il nome che definisce il nostro modo di rispondere al compito che ci è affidato è servi, diaconi. Disponibili ad ascoltare e accogliere la Parola che Dio pronuncia al suo popolo che è questa porzione di Chiesa che è in Vicenza. Per questo ho azzardato a chiamare “diaconie” i cinque ambiti, e servizi diocesani l’articolazione interne alle diaconie. È un nome che non dobbiamo perdere di vista.
Poniamo nelle mani di Maria, la serva del Signore, stella della Speranza, il passi del nostro cammino perché possiamo essere noi per primi pellegrini di speranza.