OMELIA nella Celebrazione esequiale di don Sisto Bolla
Locara, 11 novembre 2024
Letture: 8,31b-35.37-39; Sal 22; Gv 14,1-6
Affidiamo alla bontà misericordiosa di Dio il confratello don Sisto, sostenuti dalle letture bibliche che lui ha chiesto venissero lette nel suo funerale. Sono letture che illuminano il senso della sua esistenza e ci aiutano a comprendere il mistero della morte che umanamente resta sempre un enigma.
L’apostolo Paolo ci ha manifestato la sua incondizionata fiducia nell’amore di Cristo. Riascoltando le sue parole riconosciamo anche l’animo di don Sisto segnato da malattia causata da un ictus che lo ha colpito fin dal 1999. Ecco le parole dell’apostolo: Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati.
L’amore di Cristo, questa è la realtà più preziosa di don Sisto. L’amore di Cristo lo ha affascinato, lo ha chiamato ad essere pastore profondamente convinto e convintamente attivo. Fino al punto di diventare geloso del modo in cui Cristo ha raggiunto Saulo sulla via di Damasco. Scrive don Sisto nel testamento spirituale che reca la data 26-29 maggio 2005 mentre partecipava come uditore ad un week end di Retrouvaille, esperienza che valorizza i due sacramenti della missione cristiana: il matrimonio e il ministero ordinato: «Cristo, come hai fatto a far innamorare San Paolo di te? “non sono più io che vivo è Cristo che vive in me”, come lo invidio Paolo!, però sei ingiusto perché sei entrato così fortemente in Paolo e così poco in me? Io ti ho cercato tante volte, ho cercato spesso di fare quello che tu hai fatto nei vangeli; ma non ho mai fatto un vero incontro con te, come l’ha fatto Paolo;» – e aggiunge: «sai Gesù, sono un po’ egoista, come Paolo vorrei morire presto per stare vicino a te, se tu mi apri le porte in paradiso».
Ma che cosa ha trovato don Sisto nell’amore di Cristo di così attraente da catturarlo? Egli aveva maturato una relazione così profonda con Cristo da desiderare quanto da Lui promesso: Non sia turbato il vostro cuore… Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore… Vado a preparavi un posto. Dopo la lavanda dei piedi, nel contesto dell’ultima Cena, Gesù consegna ai suoi discepoli una sorta di lungo testamento, nel quale manifesta con forza la sua intima relazione con il Padre.
L’amore di Cristo, così come don Sisto l’ha cercato e si è sforzato di vivere, aveva un duplice orientamento: l’amore verso il Padre e l’amore verso l’umanità specialmente quella ferita dal peccato. Nel suo testamento don Sisto si pone, tra le altre, una domanda: «quali sono le qualità di Cristo che più mi hanno attratto?». Questa la sua prima risposta: «il suo amore per il Padre, disposto a vivere fino in fondo anche le virgole della volontà del Padre». E la seconda: «ammiro l’amore e la pazienza con i suoi apostoli, quando andavano fuori strada, il modo dolce e paziente con cui li rimproverava […], la sua capacità di perdono: “Padre perdona loro, non sanno quello che fanno!”; stupendo, incredibile, li scusava presso il Padre, che quindi li ha perdonati».
Don Sisto aveva scoperto questo duplice amore di Cristo, verso il Padre e verso i fratelli. Ed è questo amore che lo ha condotto a vivere il ministero di prete con una fede cristallina e vera, desideroso di mettere tutte le proprie energie per condividerla nelle comunità parrocchiali come vicario cooperatore per 14 anni a Rosà, a SS. Trinità in Schio, a S. Pietro di Montecchio Maggiore; per 22 anni come parroco a Montemezzo, a Sovizzo Basso e a Maddalene dove rimase fino al 2006, quando rinunciò all’ufficio di parroco.
Accolto in canonica da don Gigi Maistrello ha potuto proseguire il suo ministero in qualità di collaboratore pastorale, prima nella parrocchia di Caldogno e, successivamente, in quella di Grumolo delle Abbadesse.
Don Sisto, aveva ricevuto la fede cristiana in famiglia e il legame è rimasto molto forte. Aveva una profonda ammirazione per la sua famiglia. Era orgoglioso dei suoi fratelli e dei suoi nipoti e condivideva con loro gioie e dolori, fino a renderli partecipi dei momenti belli e brutti dell’esistenza. E lui si è sentito accompagnato anche in questi 25 anni di malattia. Aveva accanto a sé tanti amici e parenti che gli hanno voluto bene: una sorta di “restituzione” di quanto lui aveva costruito con l’ascolto, la delicatezza, l’amicizia.
Vorrei concludere riandando a questi lunghi anni di malattia di don Sisto. Non sono stati facili per lui e per quanti si sono presi cura di lui. Ma come li ha vissuti interiormente? Il suo desiderio di essere ancora utile in qualche modo, nonostante la malattia, sembrava del tutto mortificato. Ha ancora senso vivere? – si chiedeva nel testamento. Sono quelle domande impegnative che toccano la nostra umanità, qualunque sia il cammino spirituale!
«penso che se morissi, farei soffrire troppe persone e impedirei loro di volermi bene e di lasciarmi amare, per cui decido di voler vivere ancora» – scrive e pensa a tutte le persone che ha attorno dalla parrucchiera agli zii. «per cui voglio vivere ancora; ho delle attese, se il Signore vorrà, mi aprirà la strada, al Vescovo gliene ho parlato, mi fido di chi Dio ha posto a capo della Chiesa vicentina; se mie attese saranno deluse, saprò che il Signore mi chiama ancora a percorrere ancora la via dolorosa, la percorrerò seguendo Lui, ho fiducia che Egli darà un senso alla mia vita e accoglierà quel che posso mettere come le gocce d’acqua nel calice della messa; quelle gocce gli chiedo di metterle col suo sangue-sacrificio e le faccia diventare vita per qualcuno e mi restituisca la voglia di vivere».
Che cosa c’è di prezioso in questo passaggio esistenziale di don Sisto? Che non rinnega la sua umanità ferita per la situazione di malattia che lo costringe e nello stesso tempo lascia a Dio il giudizio sulla sua vita e sulla possibilità che anche nella sua condizione ci sia una possibilità di offerta – qualche goccia – unita al vino perché molto più grande e il potere del sangue di Cristo che dona energie nuove proprio attraverso l’amore. Ancora una volta l’amore di Cristo lo ha raggiunto e condotto nel cammino.
Al Padre che ci ha donato il Pastore grande delle pecore, chiediamo la grazia di caricarlo sulle spalle di suo Figlio risorto per introdurlo nei pascoli di vita eterna.