OMELIA nella solennità dell’ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE San Martino di Poleo (Schio), 25 marzo 2025

OMELIA nella solennità dell’ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE

San Martino di Poleo (Schio), 25 marzo 2025

Letture: Is 7,10-14.8,10; Sal 39; Eb 10,4-10; Lc 1,26-38

Le nostre giornate possono essere scandite da una preghiera semplice eppure straordinariamente ricca di significati spirituali ed esistenziali. È la preghiera dell’Angelus che vorrei richiamare in questa solennità dell’Annunciazione del Signore.

Come ha ricordato San Paolo VI, la preghiera dell’Angelus per «la struttura semplice, il carattere biblico […], quasi liturgico, che santifica momenti diversi della giornata, l’apertura al mistero pasquale […] a distanza di secoli, conserva inalterato li suo valore e intatta la sua freschezza».

Con tre tessere di eventi compone l’armonioso mosaico della nostra storia abitata da Dio. Noi abbiamo la possibilità di rispecchiarci in esso sia per ciò che accade nella vicenda della Madre di Gesù e Madre nostra e pure nella Parola di Dio che entra nel mondo perché è a immagine di Dio che noi siamo stati creati.

La prima tessera la potremmo chiamare dello stupore. “L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria”. Lei non poteva certamente immaginare che nel sogno di Dio ci fosse una tale predilezione nei suoi confronti. Umile giovane di un paesino della Palestina che cosa si poteva aspettare? Di essere salutata con chaire, “rallegrati”, la chiama kecharitoméne, “piena di grazia”.

Le parole del testo greco chaire e kecharitoméne presentano tra loro una profonda connessione: Maria è invitata a gioire soprattutto perché Dio l’ama e l’ha colmata di grazia. Lo ricorda opportunamente la Lumen gentium, quando afferma: “La Vergine di Nazaret è, per ordine di Dio, salutata dall’angelo nunziante quale ‘piena di grazia’” (LG 56).

Non dovremmo mai dimenticare che lo stesso sguardo di Dio è rivolto su ciascuno di noi! Lo ha ricordato Gesù ai suoi discepoli che sono preoccupati di che cosa mangiare ogni giorno e di come vestirsi: Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? (Mt 6,26) O quando si rivolge al giovane ricco: fissatolo lo amò (Mc 10, 21). Lo stesso sguardo di Gesù su Pietro che lo ha rinnegato, ma mentre viene condannato sulla via del Calvario volge lo sguardo pieno di compassione e misericordia; uno sguardo che fa scoppiare in pianto l’apostolo.

Siamo amati di un amore infinito. Fermiamoci a considerare lo sguardo che Dio ha posto sulla giovane vergine di Nazaret e sentiamolo rivolto su di noi, perché se in Lei per opera dello Spirito Santo ha concepito il Salvatore del mondo, grazie al suo “sì” anche in noi lo Spirito Santo fa crescere l’uomo nuovo a immagine di Gesù grazie al dono del Battesimo e dell’Eucaristia. Quanto stupore in Maria e in noi! Quanta meraviglia per il mondo intero!

La seconda tessera è quella della gioia quando preghiamo E il Verbo divenne carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Qui sta il cuore della festa odierna. Nel grembo di Maria inizia a formarsi la Parola che si fa carne. Colui che è da sempre si fa piccolo, così piccolo da essere accolto nel grembo di una giovane donna. Pur essendo nella condizione di Dio, – ricorda l’apostolo Paolo – non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini (Fil 2,6-7).

San Leone Magno commenta in modo sublime: «Dalla Maestà divina fu assunta l’umiltà della nostra natura, dalla forza la debolezza, da colui che è eterno, la nostra mortalità; e per pagare il debito, che gravava sulla nostra condizione, la natura impassibile fu unita alla nostra natura passibile» (Lett. 28 a Flaviano, 3-4; Pl. 54,763-767).

Dio ha amato la vita degli uomini, tutta la vita fin dal suo concepimento. Se dovessimo pensare di essere noi a donare qualche cosa a Dio con i nostri propositi o le nostre pratiche religiose saremmo soltanto degli illusi. È Lui che ha preso l’iniziativa di venire in mezzo a noi e non si è vergognato di chiamarci fratelli (cf Eb 2,11).

Contempliamo Colui che continua a raggiungerci con il suo Corpo santo che è la Chiesa costantemente alimentata dall’Eucaristia e nella Carne dei poveri perché in loro ha deciso di immedesimarsi (cf Mt 25). Amiamo il corpo di Cristo che è la Chiesa con il successore di Pietro, papa Francesco, e degli apostoli chiamati a presiedere nella carità tutti i fedeli. È sempre alla porta della nostra vita la tentazione diabolica di dividere, chiacchierare e insinuare dubbi.

La terza tessera è il servizio. Eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua Parola. La risposta di Maria allo stupore e alla gioia è il servizio. Il considerarsi totalmente a servizio dell’iniziativa di Dio. Non cerca nulla per sé. Si consegna con cuore umile. Cristo si fa servo dell’umanità, anche Lei si rende serva. Solo gli umili sanno consegnare generosamente la vita a Dio e ai fratelli.

In questa terza parte della preghiera dell’Angelus, ritroviamo il nostro posto. Talvolta cerchiamo il nostro protagonismo, vogliamo stare sopra gli altri, avere ragione a tutti i costi. Ma il nostro posto è lo stesso della Vergine Maria, accogliere il volere buono di Dio su di noi. È un volere pieno di misericordia e perfino di inaudito coraggio. Ieri abbiamo ricordato i missionari martiri nell’anniversario dell’uccisione di San Oscar Romero. Missionari martiri anche della nostra terra, come i beati Giovanni Didonè e fratel Vittorio Faccin. Servizio e dono fino al martirio.

Stupore, gioia e servizio: ci accompagnino ogni giorno più volte al giorno con la preghiera dell’Angelus sotto lo sguardo – diremo noi a Vicenza – sotto il manto di Maria Santissima.

Come ha scritto papa Benedetto XVI «E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza – lei che con il suo “sì” aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell’Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (cfr Gv 1,14)?» (Spe salvi, 49).

 Santa Maria, stella della speranza, accompagna tutti noi in questo Anno Santo e prega per noi.

AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE PRIMA DELLA BENEDIZIONE

Come ho ricordato l’anno scorso, la mia presenza di vescovo in questo luogo non assume alcun significato di riconoscimento delle presunte apparizioni a Renato Baron. E mi sia permesso di sottolineare che l’itinerario spirituale di Renato non viene certo banalizzato da un tale mancato riconoscimento.

Piuttosto la mia presenza vuole essere quella del pastore che si prende cura di tutto il popolo di Dio che gli è stato affidato. Come i miei predecessori si sono impegnati ad assicurare che a quanti salgono presso il “Cenacolo di Preghiera” possano nutrirsi della Parola di Dio, dell’Eucaristia, del Perdono e di una viva Carità evangelica, così desidero continuare anch’io.

È importante che in questo luogo come in tutta la diocesi di Vicenza non vi siano strumentalizzazioni religiose di alcun genere e si allontani ogni forma di gestione di potere individualistico. Si cammini piuttosto nella comunione ecclesiale offrendo testimonianza di fraternità e accompagnando le persone ad essere guarite da ogni forma di male che solo il Signore – e non gli uomini – è in grado di affrontare con la sua grazia fatta da gesti umili come quelli sacramentali.

Il Signore accompagni ciascuno di noi con la Sua benedizione anche per intercessione della Beata Vergine Maria, stella della speranza.

vescovo Giuliano