OMELIA NELL’ANNIVERSARIO DELLA PROTEZIONE DELLA MADONNA DI MONTE BERICO
IN OCCASIONE DEL TERREMOTO DEL 1695
Santuario Monte Berico, 25 febbraio 2025
Letture: Sir 2,1-13; Sal 36; Mc 9,30-37
Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione. Come un padre si rivolge al figlio per indicargli l’arte del vivere, così l’autore del libro del Siracide insegna con la familiarità di un papà verso il proprio ragazzo come si affrontano le tentazioni che ci raggiungono per imparare ad accoglierle non da soli bensì con il Signore.
La traduzione italiana ha utilizzato la parola tentazione. Preparati alla tentazione, che nel nostro linguaggio ha una immediata accezione negativa perché è qualche cosa che si subisce di fronte alla quale sembra che non si possa resistere. Ma la parola greca ha un significato più generale che può essere tradotta con prova. Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla prova. La prova è una realtà che non dipende solitamente da noi e che ci raggiunge. Accade! Perché dice di essere preparati se è qualcosa che ci raggiunge e non dipende da noi?
Lo si può comprendere da quanto viene detto in seguito, cioè dalla necessità di non soccombere o di perdersi. Per questo il figlio viene aiutato a prepararsi alla prova. In che modo? Ecco l’insegnamento: Abbi un cuore retto e sii costante, tendi l’orecchio e accogli parole sagge, non ti smarrire nel tempo della prova. Innanzitutto ci si prepara alla prova con un cuore retto; la rettitudine è la capacità di seguire la via della coscienza senza deviare da quanto essa suggerisce perché nelle profondità del nostro essere parla a noi. È una sorta di invito a non inseguire voci esterne che ci conducono per vie tortuose in maniera contradittoria. La costanza dell’ascolto della propria coscienza e l’accoglienza di parole sagge danno la possibilità di rimanere uniti al Signore.
Vi è una sottolineatura molto interessante consegnata con la forza di una immagine: Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco. È proprio l’immagine a indicarci che la prova, se affrontata con cuore retto, ha in sé un bene da consegnare. Solamente l’oro puro può superare le temperature più alte. Allo stesso modo, il fuoco delle prove dimostra il valore della nostra fede. Infatti, non si può capire la qualità della fede se non quando si attraversano delle prove. Come i veri amici si riconoscono nel tempo del bisogno così la vera fiducia nella vita e in Dio si scopre nel tempo della prova. Ed è proprio la fiducia a permettere di affrontare la prova e di superarla.
Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia.
Voi che temete il Signore, confidate in lui.
Voi che temete il Signore, amatelo, e i vostri cuori saranno pieni di luce.
I tre atteggiamenti necessari per affrontare le prove sono: l’attesa, la confidenza e l’amore.
L’attesa è un vero antidoto nel nostro mondo che va di fretta e di fronte alle prove si vorrebbero soluzioni veloci. L’atteggiamento dell’attesa ci permette di riconoscere che Dio provvede e protegge i suoi figli.
La confidenza è un ulteriore atteggiamento che permette di essere sostenuti, soprattutto con la preghiera – a volte anche di imprecazione come spesso nei salmi – in un dialogo con Dio da cuore a cuore. Lo comprendiamo guardando a Gesù sulla croce che implora Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato e poi aggiunge: Padre nelle tue mani consegno il mio spirito.
Infine l’amore, come afferma il Cantico dei cantici: forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione (Ct 8,6). Non abbattersi, non arrendersi come è facile che accada. Al contrario, anche nell’abisso della sofferenza, aprire il cuore al dono di sé. Così scriveva il card. Martini: «Il dolore, la malattia e la morte hanno senso sempre e solo in relazione al significato della vita. E la vita è comunque un bene, un valore, un dono grande; un dono di Dio che, attraverso il dolore, la malattia e la morte, ci rende partecipi della sua Vita senza fine, della sua pienezza d’amore».
Attesa, confidenza e amore hanno condotto i nostri Padri a rivolgersi a Dio, per l’intercessione della Madonna di Monte Berico, in occasione del terremoto del 1695, che colpì buona parte della pianura padana. A Vicenza, per grazia di Dio, non ci furono vittime. Noi siamo qui per onorare quel voto rinnovato il 25 febbraio 1917 mentre il mondo era sconvolto dalla Prima guerra mondiale quando la provincia e la città di Vicenza erano minacciate dall’invasione da parte dell’esercito austro-ungarico con prevedibili drammatiche conseguenze.
Attesa, confidenza e amore ci animano in questi giorni di malattia di papa Francesco. Alla Madonna di Monte Berico ci rivolgiamo per implorare da suo Figlio l’aiuto e la forza necessari per affrontare questo tempo di prova. La Chiesa tutta continui a stringersi attorno al successore di Pietro per elevare a Dio una incessante preghiera.
Attesa, confidenza e amore, sostengano il popolo ucraino e tutti i popoli provati dalla guerra. Rinnovo la preghiera ancora attuale che il vescovo Beniamino, mio predecessore, rivolse alla Madonna in questo stesso giorno, presso questo santuario, tre anni fa:
“Santa Madre di Gesù,
nostra Madonna di Monte Berico, Madre di Misericordia, Regina della Pace,
ti preghiamo per il popolo Ucraino, e tutti i popoli lacerati dalla violenza della guerra,
dona loro la pace tanto desiderata e invocata,
accompagna con il tuo amore materno davanti al tuo Figlio, Principe di Pace,
coloro che sono morti,
sostieni e consola i loro familiari, proteggi i bambini, i giovani e gli anziani.
Illumina con il tuo spirito di Sapienza i governanti e i responsabili delle nazioni e dei popoli
perché sappiano realizzare le attese di giustizia e di pace
che abitano il cuore di tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.