SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA(Chiesa cattedrale, 15 agosto 2017)

Carissimi fratelli e sorelle,
         consacrati e consacrate, canonici, presbiteri e diaconi,
         amici ascoltatori di Radio Oreb.
 
         La Liturgia della Chiesa — nel pieno dell’estate, nel giorno di ferragosto — pone alla nostra contemplazione la solennità dell’Assunzione di Maria. La comunità dei discepoli di Gesù, dei battezzati, fin dai primi tempi riservò una considerazione e un culto speciale alla Madre di Gesù, Maria.
         Toccò a Pio XII la responsabilità, ma anche la gioia, di proclamare il dogma della Vergine Assunta, nell’Anno Giubilare 1950.
Il nodo teologico è questo: Gesù ascende al cielo, diciamo così, di propria forza, in virtù propria; la Vergine Maria, invece, “è assunta” in Cielo per i meriti del proprio figlio. Tutti e due, comunque, Madre e Figlio, sono già in Cielo, in corpo e anima, come promessa e garanzia della risurrezione personale di ciascuno di noi. In Maria, allora, contempliamo il compimento di quel cammino che anche noi stiamo compiendo.
 
         La nostra chiesa vicentina ha racchiuso nel suo patrimonio genetico-spirituale una forte dimensione e devozione mariana, frutto del legame con il Santuario della Madonna di Monte Berico. In ogni nostra parrocchia è sentita la devozione a Maria come parte integrante della nostra fede e della nostra testimonianza evangelica. È necessario, però, discernere continuamente le tante espressioni del culto mariano perché non sconfinino in un “devozionismo”, in uno “spiritualismo disincarnato” che rischiano di impoverire la figura di Maria, la Madre del Salvatore, che è invece donna esemplare, primizia e immagine della Chiesa, donna pienamente inserita nella Storia del suo popolo e del suo tempo, segno e testimone del rinnovamento delle nostre comunità e della stessa società civile.
 
         Nel corso della sua vita terrena, Maria, la Madre di Gesù, ha sperimentato la durezza delle varie crisi a cui è stata sottoposta, in quanto appartenente a un popolo — il popolo ebraico — in quanto donna, sposa e madre di un figlio, Gesù. Insieme a Giuseppe suo sposo — e al neonato Gesù — è stata un’esule, una profuga in Egitto a causa della violenza di Erode che ordinò la strage dei piccoli innocenti. Ritornata poi in patria, a Nazareth, dopo la morte di Erode, ha trovato il paese, in quella che possiamo definire una “guerra civile”: l’occupante romano e i collaborazionisti da una parte e i ribelli armati zeloti dall’altra.
 
         Stando al “Magnificat”, Maria si è riconosciuta negli “ultimi” e nei “poveri” del Signore che erano considerati come lo scarto di quella società. Non erano utili né ai ribelli armati, né ai collaborazionisti (agli esattori delle tasse, ai pubblicani, ai farisei, ai sadducei e alle caste aristocratiche), tanto meno agli occupanti romani. Maria, con la sua testimonianza di vita, contribuisce a costruire una nuova comunità pronta e disponibile ad accogliere Gesù, il Salvatore.
 
         Dal consenso fedelmente prestato nell’Annunciazione e mantenuto, senza esitazioni, sotto la Croce, Ella reagisce a qualsiasi forma di rassegnazione e fatalismo. Maria si oppone in tutta la sua vita alla “logica del mondo”, alla logica del potere, della violenza, del dominio, alla legge del più forte. In questo modo, Maria diventa lievito, sale, luce di una nuova comunità, quella dei discepoli di Gesù, della Chiesa, nuovo popolo di Dio, redento dalla morte e risurrezione di Cristo.
         Nella Liturgia, la Madre di Gesù, è così descritta: «Maria brilla quaggiù come segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio che è in cammino verso il suo Signore». Anche oggi, la Chiesa che cammina in mezzo alle prove di questo mondo, guarda a Maria come segno di sicura speranza e di consolazione.
 
         Ma quali sono le prove di questo mondo in cui è immersa non solo la Chiesa italiana ed Europea, bensì l’intera Chiesa universale sparsa per il mondo?
         Siamo di fronte a dei cambiamenti radicali che riguardano la stessa concezione dell’uomo e della donna, la visione del mondo e della vita stessa, del rapporto tra i popoli. Una parte minoritaria dell’umanità sta vivendo nell’ebbrezza del possesso di tanti beni materiali, che apparentemente sembrano saziare la fame di felicità che è insita nel cuore di ogni uomo. Questa parte di umanità gode di cibo abbondante e raffinato, di vestiti pregiati e idonei per il caldo e il freddo, di cure mediche efficaci e facilmente usufruibili, di mezzi della comunicazione potenti e pervasivi, assieme a tanto altro benessere.
         Un’altra parte dell’umanità – quella maggioritaria – fatica a trovare sulla propria tavola il cibo sufficiente per nutrirsi, non può vestirsi dignitosamente, non trova cure mediche idenee, non può usufruire di scuole per una adeguata formazione culturale.
Chi possiede, si attacca sempre più alle sue cose e cerca di possederne sempre di più. Chi è privo del necessario per sopravvivere si muove alla ricerca di trovare un luogo e una possibilità di vita dignitosa per sé e per la propria famiglia, anche rischiando la propria esistenza in questi spostamenti.
         E noi, da che parte stiamo? Dove siamo collocati? In che modo, la Vergine Maria Assunta può essere nostra guida, segno sicuro di speranza e di consolazione?
 
         Maria è una donna che pone la sua vita, la sua fiducia, tutta la sua esistenza nel Signore, riconosciuto come l’unico Salvatore: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore». L’uomo contemporaneo deve imparare ad uscire dal proprio individualismo, dal proprio egoismo, dal considerarsi il centro del mondo, per sentire il grido disperato di chi bussa alla sua porta. Bisogna riportare Dio al centro del mondo, della propria vita, della propria comunità familiare, ecclesiale e sociale. Tutto questo ci ha insegnato Maria, con la sua vita, la sua fede, la sua testimonianza.
 
O Maria, Mamma di Gesù,
Ti affidiamo l’umanità intera, con le sue speranze e i suoi dolori.
Ti preghiamo per i giovani senza lavoro,
per i bambini sfruttati, per le famiglie divise, per le donne private della loro dignità,
per coloro che sono nel lutto, per chi soffre la fame,
per i profughi, per coloro che vivono nella violenza e nella guerra.
Dona a tutti noi la Tua fede, e la speranza che il male non è l’ultima parola,
la certezza che nel Tuo figlio Gesù la nostra morte è stata vinta
e che presto un mondo nuovo sorgerà.
Amen!
† Beniamino Pizziol

 

Vescovo di Vicenza