OMELIA NELLA CELEBRAZIONE ESEQUIALE DI DON BRUNO BERTON
Chiesa di S. Antonio Abate in Schio, 30 agosto 2024
Letture: 1Cor 1,17-25; Sal 32; Mt 25,1-13
È giunta improvvisa, la morte, per don Bruno. Senza preavviso. Come lo sposo della parabola che arriva nel cuore della notte e trova cinque fanciulle pronte ad accoglierlo e cinque del tutto impreparate. Il Messia è proprio come uno sposo e l’evento dell’incontro improvviso viene descritto come la partecipazione ad una festa di nozze, non ad un rito funebre.
Insieme al testamento, don Bruno custodiva una ispirata preghiera del sociologo e teologo moralista Jaques Leclercq. Essa ci aiuta a comprendere verso dove era diretto lo sguardo di questo nostro confratello.
Credo, sì io credo che un giorno,
il tuo giorno, o mio Dio,
avanzerò verso di te
coi miei passi titubanti,
con tutte le mie lacrime nel palmo della mano,
e questo cuore meraviglioso che tu ci hai donato,
questo cuore troppo grande per noi
perché è fatto per te…
Un giorno io verrò,
e tu leggerai sul mio viso tutto lo sconforto,
tutte le lotte, tutti gli scacchi
dei cammini della libertà.
E vedrai [anche] tutto il mio peccato.
Ma io so, mio Dio,
che non è grave il peccato, quando si è alla tua presenza.
Poiché è davanti agli uomini che si è umiliati,
ma davanti a te, è meraviglioso essere così poveri,
perché si è tanto amati!
Un giorno, il tuo giorno, mio Dio, io verrò verso di te.
E nella autentica esplosione della mia resurrezione,
saprò allora che la tenerezza sei tu,
che la mia libertà sei ancora tu.
Celebrando l’ultimo saluto cristiano a don Bruno, il distacco umano segnato dal dolore è lenito dalla consapevolezza evangelica che lui sta prendendo parte alle nozze dell’Agnello. La tavola, su questo altare, è imbandita anche per noi insieme con lui. Ed è a questa mensa che don Bruno si è nutrito per avere olio con sé nel giorno della chiamata improvvisa. Ed è pure su questa mensa che egli, fin da quel 18 marzo 1967, giorno della sua ordinazione presbiterale, ha servito tanti fratelli e sorelle nelle parrocchie di Novale, Castelgomberto, S. Croce in Vicenza e S. Pietro in Schio e negli ultimi anni nelle parrocchie dell’Unità pastorale di “Velo d’Astico”, infine in quelle dell’Unità pastorale “Camisano-Rampazzo-S. Maria di Camisano”.
Il tratto amabile che lo caratterizzava lo ha portato ad avere una speciale attenzione verso le situazioni di fragilità: nella comunità dei confratelli anziani del Novello e presso la Casa di cura “Eretenia”. Non sono mancati anche altri servizi come quelli di cappellano militare all’aeroporto “Dal Molin” e alla Scuola Allievi Sottufficiali dei Carabinieri a Vicenza e direttore dell’Ufficio diocesano pellegrinaggi. Ma sembra che avesse fatto propria la “sapienza della croce”.
L’apostolo Paolo ha rimproverato i cristiani di Corinto per le loro divisioni create dall’appellarsi uno ad un apostolo, uno ad un altro; come oggi qualcuno si appella ad un papa contro un altro papa. Le divisioni nella comunità sono il segno di una mancata intelligenza della fede che sta, invece, nella “parola della croce”. “Il mondo – afferma l’apostolo – con tutta la sua sapienza non ha conosciuto Dio”. Dio, invece, ha scelto di farsi conoscere e incontrare mediante la “stoltezza della predicazione” cioè l’annuncio di Cristo crocifisso. Per coloro che lo accolgono essa è “potenza di Dio e sapienza di Dio”.
Potenza di Dio che salva dall’insensatezza umana. Come fece il fratello Bepi, padre saveriano, apostolo dei ragazzi-soldato in Sierra Leone. Recuperare l’umanità altrui in tutte le sue forme, sfigurate dalla violenza, permette di ritrovare la luce del proprio volto in quel Dio che mai ci abbandona e ci dona di sentirci ogni istante “figli amati”.
Tornando alla parabola delle dieci fanciulle, accogliamo oggi il fermo e dolce invito del Maestro ad essere pronti per l’incontro definitivo con Lui. La tentazione del “ci penserò domani”, “ho ancora tanto tempo” crea in noi l’illusione di poter rimediare all’ultimo momento il necessario per entrare al banchetto preparato per noi. La furbizia di chi pensa di cavarsela da sé paralizza i suoi passi destinati a correre verso la beatiutudine di una esistenza umana vissuta in pienezza.
La preghiera che don Bruno teneva con sé, attesta che vi era in lui il desiderio di essere pronto per l’incontro.
Esprimendo tutta la nostra vicinanza ai parenti e agli amici, accogliamo lo sguardo pieno di speranza racchiuso nelle righe conclusive della preghiera di J. Leclercq che don Bruno ha voluto per sè:
Verrò verso di te, mio Dio,
e tu mi donerai il tuo volto.
Verrò verso di te con il mio sogno più folle:
portarti il mondo fra le braccia.
Verrò verso di te, e griderò a piena voce
tutta la verità della vita sulla terra.
Ti griderò il mio grido che viene dal profondo dei secoli:
“Padre! Ho tentato di essere un uomo, e sono tuo figlio”.
† vescovo Giuliano




