OMELIA NELLA DEDICAZIONE della Chiesa e dell’altare di PIEVEBELVICINO
Pievebelvicino, 31 agosto 2024
Letture: 1Re 8, 22-23.27-30; Sal 94; 1Cor 3, 9c-11.16-17; Gv 2, 13-22
I testi della sacra Scrittura che sono stati proclamati in questo spazio che si chiama ambone ci parlano del luogo e del corpo.
L’ambone, che significa tribuna rialzata, è il luogo da dove vi sto parlando. Esso dovrebbe essere utilizzato esclusivamente per la proclamazione dei testi biblici, per il loro commento e per le preghiere che nascono come risposta all’ascolto di questi testi.
La nostra vita cristiana – ma pura la vita umana – inizia con l’ascolto di ciò che Dio desidera consegnarci come sua Parola. È molto importante che quanti si ritrovano in chiesa per la preghiera comunitaria si aprano all’ascolto della Parola del Signore. È questo ascolto che inizia a creare “comunità”. L’ascolto di Dio e l’ascolto tra di noi. L’ascolto tocca il cuore e invita a cambiare mentalità. Ci apre allo sguardo di Dio. E propizia l’incontro con Lui nell’altro spazio di questa chiesa, quello centrale, che è l’altare.
L’altare è il secondo luogo. Esso è posto nell’asse centrale della chiesa perché costituisce il cuore della nostra preghiera. Infatti noi cristiani possiamo rivolgerci a Dio personalmente, oppure quando siamo in due o tre riuniti nel nome di Gesù. Ma la forma più alta della relazione con Dio, noi abbiamo la possibilità di viverla grazie a Gesù. Infatti qui sull’altare vengono poste le offerte del pane e del vino, insieme alle offerte della nostra vita, e su di esse invochiamo lo Spirito Santo perché le trasformi nel dono che Gesù ha fatto del suo “corpo e sangue”. Quindi noi ci presentiamo a Dio per mezzo di Gesù che “vive risorto presso il Padre e intercede per noi”. Tutta la preghiera eucaristica che è affidata al presbitero presidente insieme ai concelebranti si conclude con quella che viene chiamata “dossologia”, cioè discorso/parole di gloria: Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. E Tutta l’assemblea conferma con l’Amen che abbiamo la possibilità di rendere gloria a Dio per mezzo di Gesù Cristo.
L’altare è pertanto un luogo, il più importante di tutto l’edificio chiesa. Sulla mensa verrà versato tra poco l’olio del sacro crisma. Quello stesso olio ha segnato la nostra fronte nel battesimo e nella cresima; sono state unte le nostre mani di preti il giorno dell’ordinazione ed è sceso sulla mia testa quando sono stato ordinato vescovo. Come entra nella nostra pelle così l’olio entra anche nel marmo per attestare che il Signore con la sua potenza santifica questo altare. Saranno unte anche quattro pareti (simbolo dei quattro evangelisti e degli apostoli i pilastri della nostra fede) per significare che il Signore santifica tutto il tempio, per essere segno visibile del mistero di Cristo e della Chiesa.
Infine, sull’altare unto con l’olio del crisma sarà posto un braciere con l’incenso, a significare che il dono della vita di Cristo, alla quale uniamo le nostre vite, sale a Dio quale offerta gradita.
Grazie all’ambone e all’altare tutto l’edificio viene riservato alla preghiera personale e soprattutto comunitaria. Spazio di silenzio, di proclamazione, di ascolto, di risposta corale, di canto e di lode. Spazio nel quale celebrare la vita che nasce, l’amore degli sposi, il saluto cristiano di coloro che ci lasciano. Spazio per ricomprendere in modo nuovo tutti questi passaggi della nostra esistenza. Ricomprenderli alla luce della presenza di Dio che non abbandona mai i suoi figli e ha un disegno sull’intera umanità: che ci riconosciamo tutti fratelli perché figli amati dal Padre.
Nel vangelo che abbiamo ascoltato c’è una parola di Gesù che risultò oscura: distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. I giudei pensavano che stesse parlando del tempio costruito con tante fatiche e in molti anni. Ma l’evangelista commenta: Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Gesù parlava del suo corpo.
Oramai è il corpo santo di Gesù il luogo dell’incontro con Dio. Il corpo umano del Figlio di Dio che gli apostoli hanno potuto vedere anche dopo la sua morte e risurrezione. Un corpo risorto segnato dalle ferite: le piaghe gloriose.
Il corpo umano viene spesso violato e abusato. Il nostro corpo, dono meraviglioso di Dio è stato pensato da Dio stesso per essere in Gesù e con Gesù il luogo dell’incontro con Lui. Siamo fatti di terra ma è una terra santa. L’apostolo Paolo lo ricorda ai suoi cristiani: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?
Noi dedichiamo questo edificio a Dio in questo paese di Pievebelvicino per non smarrire la consapevolezza che noi siamo il tempio di Dio, perché facilmente dimentichiamo questa verità di noi. Nei nostri paesi abbiamo molte belle iniziative che ci aiutano ad incontrarci e a promuovere le relazioni tra di noi, come le sagre paesane. Ma ci chiediamo come sono nate? Esse sono nate grazie al desiderio di festeggiare il patrono della parrocchia, un santo che ha donato la vita con il suo corpo a Dio, consapevole che solo il legame con il Signore Gesù illumina tutte le nostre relazioni. Il Maestro, infatti, ci spinge a donare la vita come ha fatto Lui. E ci dona la possibilità di riconciliarci. Di rialzarci quando cadiamo. Di correggerci a vicenda per crescere nell’Amore.
Noi abbiamo bisogno della sua Parola e del Suo Pane che spinge ad andare incontro ai Poveri. Parola, Pane e Poveri. Solo così la comunità di Pievebelvicino, aperta alle altre parrocchie, saprà annunciare la bellezza del Vangelo alle nuove generazioni e sarà lievito di speranza nella vita sociale di questo territorio. Forse una comunità cristiana più piccola rispetto al passato, ma vivace nello spirito.
Maria, umile ancella del Signore, ci insegni l’ascolto orante e l’apertura generosa del cuore ai disegni che Dio ha in serbo per noi in questo nostro tempo.
† vescovo Giuliano