COMUNITA’ CHE DIFFONDONO SPERANZA – Intervento all’Assemblea della Caritas diocesana Centro Diocesano Onisto, 9 novembre 2024

COMUNITA’ CHE DIFFONDONO SPERANZA

Spunti per un cammino diocesano di carità

Intervento all’Assemblea della Caritas diocesana

 Centro Diocesano Onisto, 9 novembre 2024

Desidero esprimere, prima di ogni altra considerazione, la mia gratitudine a tutti voi e a quanti nelle nostre realtà parrocchiali o di unità pastorali e in sede diocesana, offrono tempo ed energie personali con e a favore dei poveri presenti in mezzo a noi dei quali voi conoscere tanti volti e nomi.

  1. La preghiera del povero sale fino a Dio (cfr Siracide 21,5)

Per metterci subito nella lunghezza d’onda giusta riprendo la testimonianza di Madre Teresa indicata da papa Francesco nel Messaggio per l’ottava Giornata Mondiale dei Poveri:

«Madre Teresa di Calcutta, una donna che ha dato la vita per i poveri. La Santa ripeteva continuamente che era la preghiera il luogo da cui attingeva forza e fede per la sua missione di servizio agli ultimi. Quando, il 26 ottobre 1985, parlò nell’Assemblea Generale dell’ONU, mostrando a tutti la corona del Rosario che teneva sempre in mano disse: “Io sono soltanto una povera suora che prega. Pregando, Gesù mi mette nel cuore il suo amore e io vado a donarlo a tutti i poveri che incontro sul mio cammino. Pregate anche voi! Pregate, e vi accorgerete dei poveri che avete accanto. Forse nello stesso pianerottolo della vostra abitazione. Forse anche nelle vostre case c’è chi aspetta il vostro amore. Pregate, e gli occhi si apriranno e il cuore si riempirà di amore”» (13 giugno 2024).

La preghiera cristiana ci permette di aprire gli occhi sui poveri accanto a noi. Per quale ragione? La motivazione più radicale di tutte la riconosco nella stessa vicenda umana del Figlio di Dio. L’apostolo Paolo la descrive in questo modo nella lettera ai Filippesi (2,5-11):

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù
che benché nella condizione di Dio,
non ritenne un vantaggio
l’essere uguale a Dio
7ma si svuotò di sè
prendendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini,
tanto da essere trovato come uno di loro
8si abbassò
e si rese obbediente fino a morire
e a morire in croce.
9Proprio per questo Dio lo innalzò
e gli fece dono del nome
superiore a ogni nome,
10perché nel nome di Gesù
si pieghino le ginocchia
di chi è nei cieli, sulla terra e sotto terra,
11e ogni lingua confessi
Gesù Cristo come Signore, dando gloria a Dio Padre.

Questo è ciò che caratterizza la carità secondo il Vangelo di Gesù Cristo che noi siamo chiamati a fare nostra, annunciare e alla quale educare: educare alla prossimità.

Senza questi sentimenti che maturiamo in noi attraverso l’ascolto della Parola di Dio e la contemplazione del mistero pasquale di Gesù (nella preghiera) o non ci accorgiamo dei poveri o non li amiamo con lo stesso Suo amore.

Come ha richiamato l’apostolo Paolo, l’accoglienza dei sentimenti di Gesù, non è affare unicamente individuale. L’apostolo rivolge il suo invito alla comunità di Filippi invitandola a far circolare la linfa dell’amore di Dio mettendoli in guardia dalla rivalità, la vanagloria e l’interesse personale. Occorre che nella comunità sia custodita l’unità mediante l’umiltà che conduce a stimare gli altri migliori di sé e cercando il loro bene.

La contemplazione del “mistero pasquale” che è un mistero di abbassamento/umiliazione per giungere all’innalzamento/glorificazione di Dio stesso nella nostra umanità.

La contemplazione conduce ad aprire gli occhi verso i poveri risvegliando in noi i sentimenti di compassione di Gesù e camminare con loro. Sono loro che ci evangelizzano. Lo ha sottolineato papa Francesco nel Messaggio per la V giornata mondiale dei poveri del 2021:

«I poveri di ogni condizione e ogni latitudine ci evangelizzano, perché permettono di riscoprire in modo sempre nuovo i tratti più genuini del volto del Padre. “Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro. Il nostro impegno non consiste esclusivamente in azioni o in programmi di promozione e assistenza; quello che lo Spirito mette in moto non è un eccesso di attivismo, ma prima di tutto un’attenzione rivolta all’altro considerandolo come un’unica cosa con sé stesso. Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona e a partire da essa desidero cercare effettivamente il suo bene” (Esort. ap. Evangelii gaudium, 198-199)».

  1. Riforma evangelica nella Chiesa

Per lasciare che i poveri ci evangelizzino, siamo chiamati come comunità cristiane ad una perenne riforma delle stesse. Questa necessità si è rivelata ancora più urgente in seguito alla pandemia che ha lasciato un solco profondo nelle nostre comunità. Senza dimenticare che il benessere generato dall’inseguire facili ricchezze economiche nel nostro territorio ha creato l’illusione di bastare a se stessi rendendoci più insensibili verso i poveri e gli svantaggiati.

Di riforma del nostro essere chiesa nel territorio a servizio delle persone ci stiamo occupando sia a livello diocesano che italiano.

Il prossimo fine settimana si riunirà la prima delle due assemblee sinodali delle chiese che sono in Italia.  Dopo il tempo di ascolto e di discernimento è giunto il tempo profetico nel quale prendere degli orientamenti.

Nel documento preparatorio a questa assemblea si parla di tre dimensioni:

«Ogni riforma evangelica nella Chiesa coinvolge almeno tre dimensioni: comunitaria, personale, strutturale. Non si tratta di fasi successive, ma di aspetti che interagiscono e si influenzano a vicenda.

La dimensione comunitaria è la cura delle relazioni, la «conversione ecclesiale» (cf. Evangelii Gaudium 26), la cui misura è la fraternità/sororità effettivamente vissuta, che supera la concorrenza e la violenza e fa maturare dall’interno un mondo nuovo (cf. Fratelli tutti).

La dimensione personale è la biblica “conversione del cuore”, per la quale ciascuno deve assumere la propria responsabilità; è il passaggio dal peccato alla grazia, dall’egoismo alla carità, dall’uomo vecchio all’uomo nuovo; è la santità, la dimensione “mistica” della fede, senza la quale nessun cambiamento è efficace e duraturo (cf. Gaudete et exsultate).

La dimensione strutturale è l’adeguamento degli strumenti e degli assetti organizzativi, che devono essere sempre a servizio dell’evangelizzazione e testimonianza della carità e non di freno ad esse. Così il Papa intreccia le tre dimensioni: «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia» (Evangelii Gaudium 27)» (Conferenza Episcopale Italiana, Lineamenti. Prima Assemblea Sinodale delle Chiese che sono in Italia, Roma 15-17 novembre 2024, pp. 28-29).

Sottolineo che il primo invito è alla conversione comunitaria perché senza relazioni abitate dalla carità di Cristo non c’è comunità. La conversione comunitaria richiede senza dubbio la costante conversione personale e pure la conversione delle strutture perché siano adeguate al “cambiamento d’epoca” che stiamo vivendo.

  1. Riforma diocesana

Il cammino della nostra Diocesi è pienamente inserito in questa riforma a due livelli: della Curia diocesana e delle parrocchie riunite in unità pastorali.

Nella Curia diocesana è in atto da qualche anno una riforma che porti a semplificare e coordinare le proposte dei diversi uffici raccogliendo il loro lavoro in cinque ambiti: 1) Evangelizzazione; 2) Celebrazione della fede e spiritualità; 3) Educazione alla prossimità; 4) Sociale e Culturale; 5) Servizi generali.

La riforma ha tre traiettorie fondamentali:

  1. a) passare dalla centralizzazione all’essere maggiormente a servizio del territorio (parrocchie e unità pastorali inserite in servizi educativi, sociali, sanitari, del tempo libero…), ascoltando le necessità per inserirle nella circolarità (parrocchie – unità pastorali – organismi diocesani – ambiti della curia – territori parrocchiali…);
  2. b) snellire le iniziative presenti in sede centrale con la tendenza ad autoriprodursi per rispondere alle nuove problematiche imposte dai cambiamenti culturali e sociali;
  3. c) promuovere le ministerialità “battesimali” sulle realtà essenziali delle comunità cristiane: Parola – Celebrazione – Carità, per una maggiore vitalità delle stesse.

Come possiamo intuire, ciò comporta una riforma anche del Servizio diocesano della Caritas. In quali direzioni?

La prima direzione è quella di essere un servizio diocesano per la promozione nel territorio dell’educazione alla prossimità. Educazione, dunque, da vivere in tutte le parrocchie e unità pastorali. Stiamo purtroppo sperimentando, che la pandemia ha posto in maggiore difficoltà quasi tutte le nostre dimensioni relazionali e questo è inevitabilmente accaduto anche alla relazione pastorale ed educativa fra parrocchie/vicariati e Caritas Diocesana; fatta salva l’operatività dei gruppi Caritas parrocchiali già avviati e dei servizi in essere, che nel periodo della pandemia hanno svolto un ruolo assai prezioso, ora però percepiamo la necessità di rinforzare o forse riattivare, l’attenzione della Caritas diocesana alle parrocchie, tentando di costruire un dialogo che porti ad una sensibilizzazione maggiormente “comunitaria” nella speranza di recuperare le ragioni del mettersi a servizio, scoprire il valore teologico dei poveri in relazione alla pasqua di Gesù: “la spiritualità della carità”, che dovrebbe contagiare tutto il nostro operato pastorale… (anche delle persone che compongono gli ambiti pastorali che operativamente non si trovano direttamente coinvolti nella gestione di servizi caritativi).

La seconda direzione è la promozione di “opere segno” più snelle e adeguate alle nuove forme di povertà con l’attenzione di non sostituirsi al ruolo necessario e di garanzia delle pubbliche amministrazioni. Un esempio è relativo all’attività di gestione dei CAS-Centri di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo che l’Associazione Diakonia onlus assicurava partecipando al bando della Prefettura. Si è valutato di non partecipare al nuovo bando, e quindi sospendere la gestione di questo servizio, anche per non essere complici di un sistema normativo che rende volutamente inadeguate le modalità di accoglienza dei migranti, escludendo azioni di inclusione, e pertanto colpevole di creare nuove povertà..

La terza direzione è il potenziare maggiormente la condivisione già in essere di progetti con enti (associazioni, cooperative, enti del terzo settore…) che hanno maturato una professionalità di aiuto verso persone vulnerabili (disabili, psichici, carcerati, senza fissa dimora…) uscendo dall’idea di operare in proprio su tutti i fronti, pur mantenendo e se possibile rafforzando, il monitoraggio e la sensibilizzazione, affinché istituzioni e territorio esercitino e garantiscano i necessari servizi alla persona a loro deputati.

Anche a livello di parrocchie e unità pastorali è necessaria una riforma. Spesso sono stati attivati “centri di ascolto” e “centri di distribuzione” con volontari generosi e attenti ad una molteplicità di situazioni personali. Ma non sempre questo tipo di attenzione è stata occasione per lasciarsi evangelizzare dai poveri. E la comunità ha talora delegato a questi centri l’attività caritativa.

In realtà è la centralità dei poveri nella comunità a ridonarle vigore evangelico anche spirituale. Riprendo sempre l’insegnamento di papa Francesco:

«Spesso i poveri sono considerati come persone separate, come una categoria che richiede un particolare servizio caritativo. Seguire Gesù comporta, in proposito, un cambiamento di mentalità, cioè di accogliere la sfida della condivisione e della partecipazione. Diventare suoi discepoli implica la scelta di non accumulare tesori sulla terra, che danno l’illusione di una sicurezza in realtà fragile ed effimera. Al contrario, richiede la disponibilità a liberarsi da ogni vincolo che impedisce di raggiungere la vera felicità e beatitudine, per riconoscere ciò che è duraturo e non può essere distrutto da niente e nessuno (cfr Mt 6,19-20)» (Ibid).

E richiama la necessità di andare in profondità nell’analisi delle ragioni che producono nuove povertà:

«Sembra farsi strada la concezione secondo la quale i poveri non solo sono responsabili della loro condizione, ma costituiscono un peso intollerabile per un sistema economico che pone al centro l’interesse di alcune categorie privilegiate. Un mercato che ignora o seleziona i principi etici crea condizioni disumane che si abbattono su persone che vivono già in condizioni precarie. Si assiste così alla creazione di sempre nuove trappole dell’indigenza e dell’esclusione, prodotte da attori economici e finanziari senza scrupoli, privi di senso umanitario e responsabilità sociale» (Ibid).

È su questo terreno, spirituale e sociale, che le nostre comunità sono chiamate ad educare alla prossimità per diffondere realmente la speranza nell’edificazione della “civiltà dell’amore”.

  1. Anno giubilare

Concludo, invitando tutti a valorizzare l’anno Giubilare quale anno di grazia speciale. Come ho ricordato nella Lettera pastorale di quest’anno, papa Francesco ci spinge ad allargare lo sguardo per diffondere la speranza percorrendo otto segni/sentieri che qui elenco soltanto invitando ad approfondirli nella bolla di indizione del giubileo Spes non confundit.

+ Vescovo Giuliano