Oltre i confini: pace, dialogo e accoglienza per superare l’odio e il terrorismo

Il convegno del Movimento dei Focolari con Rita Moussallem

 
Per poter dialogare bisogna essere autentici». Parte da questo assunto Rita Moussallem, esperta di dialogo interculturale e interreligioso, che questa domenica 6 marzo a Vicenza (al Centro Onisto  dalle 15,30) interviene al convegno «Oltre i confini», organizzato dalle comunità vicentine del movimento dei Focolari in occasione dell’ottavo anniversario della morte della fondatrice Chiara Lubich. Pace, dialogo e accoglienza sono i punti all’ordine del giorno per chi vuol contribuire a superare le barriere tra i popoli. Rita Moussallem, com’è possibile concretamente oggi vivere la pace a livello personale e comunitario, tenuto conto anche del pluralismo culturale e religioso? «Ho sentito pochi giorni fa l’esperienza di una bambina. Lei, di un Paese del Medio Oriente attualmente in guerra e che vive in Italia, è stata picchiata a scuola da un compagno. È ferita all’occhio, e torna a casa dicendo: “Non perdonerò mai”. La mamma spiega che la pace nel mondo può cominciare col perdonare anche in queste cose. Convinta, la bambina non cede davanti all’insistenza del maestro di fare una denuncia per quello che era accaduto, ma va a parlare col suo compagno e gli dice che lo perdona con tutto il cuore: ora sono amici. La pace comincia con un atteggiamento di apertura verso tutti, nella vita quotidiana. Papa Francesco dice: “Siamo tutti figli di Dio, e crediamo tutti nell’amore”. Chiara Lubich ci ha proposto di vivere l’“arte” di amare, che si riassume in quattro punti: “Amare tutti”, “amare per primi”, “farsi uno” ed “amare i nemici”. Un’arte, questa, che – vissuta – fa di noi veri costruttori di pace a livello personale e comunitario». Il dialogo interreligioso può essere una via d’uscita dall’odio e dal terrorismo? Come si può realizzare anche nelle nostre comunità? «Senz’altro il dialogo interreligioso può essere una via che ci aiuta a sgretolare l’odio e il terrorismo. Ma, il dialogo è prima di tutto il dialogo della vita: l’arte di amare che comincia con chi ci sta accanto, per allargarsi a tutti. Tuttavia, è importante ricordarsi che per poter dialogare bisogna essere autentici: per noi cristiani quindi, essere veri discepoli di Cristo, che ci ha amato fino a dare la Sua vita per tutti. Un amore che ha questa misura ha la forza di trasformare e di generare rapporti di pace. Questo cammino verso la pace, è un cammino che tanti cristiani, persone di altre religioni e anche senza un riferimento religioso, stanno facendo con coerenza, generosità e coraggio. Importante è camminare insieme, aiutarci in tutte le iniziative di pace, per essere una vera forza di bene che sconfigge il male che oggi minaccia tutti noi». Qual è l’attualità di una figura come quella di Chiara Lubich? «Col suo carisma, l’unità, Chiara ci ricorda e ci invita ancora oggi a riconoscerci tutti come membri della grande famiglia umana, dove siamo figli di un unico Padre e quindi fratelli. Quanto sono attuali e sfidanti le sue parole: “Chi mi sta vicino è stato creato in dono per me ed io sono stata creata in dono a chi mi sta vicino. Sulla terra tutto è in rapporto di amore con tutto: ogni cosa con ogni cosa. Occorre però vivere l’amore per trovare il filo d’oro tra gli esseri”. È l’amore che ci fa vedere le persone e le situazioni con l’occhio di Dio e quindi a trovare le strade giuste per risolvere conflitti, creare rapporti di fiducia e di dialogo sincero per costruire ponti di fraternità con tutti, nella stima reciproca delle differenze, che diventano arricchimento reciproco». L’accoglienza dei richiedenti asilo è un tema molto sentito (e strumentalizzato a livello politico). Come si può renderla una risorsa per tutta la comunità, evitando che  si trasformi in solo assistenzialismo? «Se abbiamo questo amore, che attinge a Dio Padre di tutti, capiamo come accogliere l’altro come fratello, anzi come un altro me stesso. Un amore così risana ferite, infonde fiducia e potrà aiutare chi è stato costretto a “diventare” profugo a ritrovare la sua dignità e a donare la ricchezza che porta in sè facendola fruttare per costruire insieme una società più equa ed umana». Elfrida RagazzoArticolo da La Voce dei Berici di questa settimana