Ritiro Spirituale di Avvento

La riflessione del Vescovo a Monte Berico del 2 dicembre 2021

Ritiro Spirituale di Avvento

al clero della diocesi di Vicenza

(giovedì 2 dicembre 2021, Santuario di Monte Berico)

Un saluto fraterno a tutti i sacerdoti diocesani e religiosi, ai diaconi.
Un saluto speciale ai sacerdoti della Comunità San Rocco (RSA-Novello) e a tutti coloro che partecipano attraverso Radio Oreb, che ringrazio per questo prezioso servizio.
Domenica 10 ottobre il Papa ha dato inizio solenne alla preparazione al Sinodo della Chiesa Universale e domenica 17 ottobre abbiamo iniziato, in Cattedrale e nelle nostre chiese parrocchiali, il ‘Cammino Sinodale’ della chiesa italiana.
Domenica scorsa, 28 novembre, abbiamo iniziato un nuovo Anno Liturgico, con il tempo di Avvento. Questo ritiro intende essere un piccolo contributo per il “Cammino Sinodale” della nostra chiesa diocesana, compiuto insieme a tutte le chiese particolari che sono in Italia e, in certo modo, insieme alla Chiesa Universale, che celebrerà il Sinodo dei Vescovi, nell’anno 2023.

Il 7 settembre scorso, in occasione dell’apertura dell’Anno Pastorale, qui a Monte Berico, ho rivolto un messaggio alla Diocesi, dal titolo: “Camminiamo insieme, lo Spirito Santo e noi”.
In quell’occasione abbiamo potuto ascoltare molto rapidamente una pagina degli Atti degli Apostoli, sulla quale desidero, oggi, ritornare, per poter pregare, riflettere e approfondire insieme. Si tratta precisamente del cosiddetto “Concilio apostolico di Gerusalemme”, una vicenda, un evento, così articolato e complesso che talora può suscitare un senso di smarrimento, anche se, in realtà, rivela una ricchezza a cui attingere pure oggi.

Vengono descritti i primi passi di una chiesa sinodale.

  1. Uno spartiacque

Prima di questo evento, la narrazione degli Atti ruotava, in qualche modo, attorno a Gerusalemme e ai Dodici, ora invece inizia a prevalere la figura di Paolo e la sua missione ai pagani.
Se in precedenza la Chiesa delle origini si rivolgeva ai Giudei, ora si concentra decisamente sulla fondazione delle comunità tra i pagani.
La svolta è data, appunto, dal Concilio apostolico di Gerusalemme, che in qualche modo diviene il ‘centro narrativo e teologico del libro’.
Questa vicenda nasce da un problema che creava forti tensioni nelle comunità cristiane.
Il fattore scatenante è dato dalla asserita necessità, da parte dei giudeo-cristiani, della circoncisione in vista della salvezza: “Alcuni, venuti (ad Antiochia di Pisidia, attuale Turchia), dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati”(At 15,1).
Nessuno oggi si sognerebbe di ridiscutere questa pratica. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare come il tema della salvezza e dei mezzi per poterla ricevere si ripropone ad ogni èra del Cristianesimo, pensiamo a mo’ di esempio:

  • “extra Ecclesiam nulla salus”;
  • la giustificazione per fede, con Lutero in epoca moderna;
  • oggi, la salvezza all’interno del rapporto tra Cristianesimo e le altra religioni.

Di fronte a questa affermazione dei Giudeo-cristiani, “Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro” (At15,2a).
Vulgata: “Facta ergo seditione non minima, Paulo et Barnabae adversus illos”.
Comincia qui il processo-percorso sinodale:
“fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro, salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione” (At15,2b-3).
“Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa (της εκκλησίας), salirono a Gerusalemme”.
Come si può notare, Luca non ha nessun timore di mostrare come nella chiesa delle origini vi fossero cristiani in forte disaccordo tra loro.
Ecco le due posizioni che si fronteggiano: da una parte i difensori della circoncisione (Giudeo-cristiani) e dall’altra parte Barnaba e Paolo che la relativizzano.

Come uscire da questo conflitto?
Si stabilisce di andare a Gerusalemme e di presentare la questione agli Apostoli e agli anziani, radunati insieme.
Non potendo entrare in tutti i dettagli dell’incontro “concilio”, voglio soffermarmi sulle tappe progressive di questo concilio e alla fine vediamo di individuare alcune linee di spiritualità sinodale, valide per noi oggi.

Le tappe

1^ tappa: il raduno.

Gli apostoli e gli anziani si riunirono per esaminare questo problema. La prima tappa quindi è il raduno, il convenire insieme, per ascoltare la “narrazione” di Paolo e Barnaba. Non dimentichiamo che il “radunarsi” è il primo e necessario movimento dell’essere “Chiesa”, εκκλησία significa chiamare a raccolta, convocare le diverse componenti della comunità cristiana.

2^ tappa: la preghiera.

Anche se in questo brano non è esplicitato direttamente, possiamo intuirlo da due raduni precedenti:

a- l’elezione di Mattia al posto di Giuda (Atti 1,15-26).
“In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli, il numero delle persone radunate era circa di circa 120” (At 1,15).
“Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale dei due hai scelto…” (At 1,24)

b- la scelta dei 7 diaconi (Atti 6,1-6)
“Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli” (At 6,2)… “Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito Santo e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi invece ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola” (At 6,3-4).
“Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani” (At 6,6).

3^ tappa: la discussione.

“In quei giorni era sorta una grande discussione” (At 15,7).

  • Una controversia
  • Magna conquisitio
  • La discussione, la diversità di pensiero, il conflitto fanno parte del cammino sinodale.

4^ tappa: la narrazione-testimonianza di Pietro, Barnaba e Paolo.

Pietro narra quanto ha sperimentato: “Dio ha scelto in mezzo a voi, che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede…concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi” (At 15,7-8).
“Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare?” (At 15,10).
Dopo la narrazione di Pietro, inizia la narrazione di Barnaba e Paolo: “Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Barnaba e Paolo che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni per mezzo loro” (At 15,12).
5^ tappa: intervento di Giacomo, fratello del Signore, una delle “colonne della Chiesa”
 
Giacomo rilegge quanto accaduto alla luce di un testo del profeta Amos: “In quel giorno rialzerò la capanna di Davide, che è cadente; ne riparerò le brecce, ne rialzerò le rovine, la ricostruirò come ai tempi antichi, perché conquistino il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è stato invocato il mio nome. Oracolo del Signore, che farà tutto questo” (Am 9,11-12).
Il profeta afferma che, oltre agli Israeliti, anche i pagani possono ricevere la salvezza.
Di conseguenza con la propria autorità Giacomo stabilisce che: “Non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio, ma solo si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue” (At 15,19-20).

Quindi i pagani convertiti al cristianesimo non debbono osservare tutta la legge di Mosè, né devono praticare la circoncisione.

6^ tappa: l’invio di Paolo, Barnaba, Giuda e Sila presso la comunità di Antiochia.
Si tratta del momento missionario dell’intera vicenda:

“In quei giorni, agli apostoli, agli anziani, con tutta la Chiesa (εκκλησία) parve bene di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli” (At 15,22).
Alla fine, gli inviati, giunti ad Antiochia, consegnano all’assemblea un documento scritto, che recita così al versetto 28:
È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie” (At 15,28).
Questa lettera viene consegnata all’Assemblea riunita:
“Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva”. (At 15,31).

Cosa ci insegna questa pagina del libro degli Atti degli Apostoli

La decisione finale non è stata presa e imposta d’imperio dall’una o dall’altra figura autorevole (Pietro e Giacomo), ma è stata concertata e condivisa dalle diverse parti chiamate in causa.

Il documento della Commissione Teologica Internazionale afferma:
“Lo Svolgimento del Concilio dio Gerusalemme mostra dal vivo il cammino del Popolo di Dio come una realtà compaginata e articolata dove ognuno ha un posto e un ruolo specifico”. (La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 2018).
Questa pagina non solo mostra una modalità di essere chiesa, ma anche la sua stessa natura.
Luca ci vuole mostrare un modello ecclesiale, indicando il metodo con cui si devono affrontare le questioni decisive nella Chiesa.

Alcune indicazioni per una “spiritualità sinodale”
1°- La paradossale potenzialità dei problemi

Innanzitutto, va notato che la questione non è rappresentata dal problema in sé, ma dal modo con cui lo si affronta.
La diatriba sorta attorno al tema della circoncisione avrebbe potuto spaccare la comunità nascente in due gruppi contrapposti.
I cristiani di allora avrebbero potuto consumare una sorta di “scisma della chiesa primitiva”, è diventata, invece, una occasione di crescita nella consapevolezza della identità cristiana.
Anche oggi la Chiesa universale, e le chiese particolari si trovano di fronte a tensioni e problematiche di varia natura.
Davanti a tale complessità alcuni potrebbero chiudersi nell’immobilismo, altri invocare soluzioni autoritarie e immediate, oppure, rifugiarsi nella nostalgia dei tempi andati, altri, invece, abbandonarsi alla pratica della lamentela.
Occorre imparare il “metodo sinodale” per riuscire a trovare le soluzioni, come ci è insegnato negli Atti degli Apostoli.
Occorre vivere una “autentica spiritualità sinodale”, che consiste nella preghiera, nell’ascolto reciproco, nel dialogo (anche acceso), nella corresponsabilità dell’intero popolo di Dio.
Il Papa ci ricorda che l’attuale esperienza sinodale deve essere frutto dello Spirito:
“Ribadisco che il Sinodo non è un parlamento, che il Sinodo non è una indagine sulle opinioni; il Sinodo è un momento ecclesiale e il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo. Se non c’è lo Spirito, non ci sarà Sinodo”.
Questo richiede una capacità da parte di tutti di distanziarsi dalle proprie limitate visioni per porsi in ricerca dell’unica cosa che conta per una Chiesa: la fedeltà a Dio, l’annuncio del Vangelo, la vita sacramentale, l’amore verso gli ultimi e i poveri.
2°- L’ascolto autentico del popolo di Dio (infallibile in credendo).

Anche oggi la Chiesa e le singole comunità cristiane, parrocchie, unità pastorale, movimenti, congregazioni religiose, aggregazioni laicali, sono chiamate ad affrontare insieme questioni importanti e decisive per la vita e la missione della Chiesa stessa.
Quando ci si mette in sintonia con il vissuto di coloro che siamo chiamati a servire, allora tante remore cadono da sole, tante contrapposizioni si dimostrano effimere e quello che poteva sembrare irrinunciabile può serenamente essere messo da parte (vedi la questione della circoncisione).

Conclusione
 
Colpisce moltissimo l’esito finale: l’esperienza della gioia e dell’incoraggiamento reciproco.
L’incontro, la discussione, il convenire delle diverse componenti ecclesiali, l’ascolto della Parola, la testimonianza autorevole degli apostoli Pietro e Giacomo, la condivisione per iscritto delle decisioni con altre comunità non provoca malcontento e mormorazione, ma gioia.

Incontrarsi, parlarsi, ascoltarsi e decidere in obbedienza all’azione dello Spirito conduce alla letizia e alla soavità dello stare insieme (cfr Salmo 133,1).

Ci auguriamo che il processo sinodale appena iniziato, anche se si presenterà un po’ complesso e accidentato, come lo è stato per l’assemblea conciliare di Gerusalemme, possa portare ascolto reciproco, entusiasmo rinnovato, scelte coraggiose e il frutto della consolazione e della gioia.