AUGURI NATALIZI del Vescovo di Vicenza – 2022 – Un Bambino è nato per noi

Carissime sorelle e carissimi fratelli della Chiesa vicentina,
carissime donne e carissimi uomini di buona volontà,
giunga a voi il mio augurio natalizio con questo annuncio: Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio; il suo nome è Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Facciamo spazio nelle nostre famiglie e nella nostra vita al Figlio di Dio. Egli desidera il bene più grande per noi e viene a liberarci da ogni forma di schiavitù, soprattutto dalla schiavitù della violenza.

  

Un bambino è nato per noi

L’umanità intera si alza nella notte santa per gioire della nascita di un bambino. Quando nelle nostre famiglie arriva un figlio si mettono fiocchi rosa o azzurri intorno a tutta la casa. La gioia è grande. Il tempo dell’attesa, l’avvento, sta per terminare. Tutto è pronto per accogliere il pargolo. Nella notte di Natale la gioia non è di una sola famiglia con la sua parentela. È la gioia immensa di tutti i popoli della terra perché ci è stato dato un figlio (Isaia 9,5). In Lui ci possiamo riconoscere tutti figli di Dio Padre buono e ricco di misericordia e così pure tutti fratelli e sorelle.

 

Fermiamoci qualche istante davanti al presepio. E rivolgiamo lo sguardo a Maria e Giuseppe accanto a Gesù bambino. Dio avrebbe potuto raggiungerci in tanti altri modi, con la potenza della natura o con la presenza di angeli. Invece ha scelto due giovani che si vogliono bene, Maria e Giuseppe, per entrare in punta di piedi, senza fare troppo rumore, nell’umiltà di un ricovero per animali, come bambino.

Tutte le nostre famiglie, per quanto ferite, sono raggiunte dal mistero di Dio presente nella famiglia di Gesù e se le guardiamo bene attraverso il presepio, sono tutte famiglie “divine”. Il mistero dell’Amore di Dio le abita perché il Figlio di Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14).

Carissime famiglie, è con grande gioia che vi auguro di vivere il Natale nel calore della vostra famiglia insieme alla famiglia di Gesù.

 

 

Consigliere mirabile, Dio potente

Il Dio che si fa bambino è un potente invito ad accogliere la vita. Anche quando questa è fragile e debole. Anche quando soffre un bambino innocente. Il Figlio di Dio è nato nella povertà di una mangiatoia perché tutti lo potessimo sentire vicino. Soprattutto chi è raggiunto da prove difficili. Non dobbiamo dimenticare che la potenza di Dio si manifesta nella piccolezza di un bambino che si apre alla vita e che è donato a tutti, anche a chi ha una famiglia ferita o non ha più una famiglia propria e sente il peso della solitudine.

Dio che ha soffiato sulle narici di Adamo ed Eva, infondendo il suo respiro all’intera umanità, è potente e dona forza ai genitori per affrontare le situazioni più difficili. Dio, con il suo Spirito, dona forza a quanti vivono crisi pesanti da portare così che non si stanchino e si scoraggino.

Carissimi genitori che state assistendo un figlio malato o disabile, vi auguro in questo Natale di sentire accanto a voi la presenza viva di Colui che ha sopportato per amore il peso della croce. Vi auguro di celebrare la festa del Natale con la presenza amica di qualcuno che desidera stare al vostro fianco con delicatezza e con l’animo pieno di speranza.

  

Principe della pace

Così piccolo come un bambino e già viene chiamato principe, precisamente Principe della pace. Quando gli angeli, in quella notte di vagiti, vanno a svegliare i pastori, cantano Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama (Luca 2,14). La pace viene portata subito a chi è scartato dalla vita e dalla società (i pastori), per dirci che la pace di Dio è per tutti e non esclude nessuno. L’incarnazione ci mostra che Dio si fa vicino anche attraverso le situazioni che paiono paradossali e fuori dai nostri schemi.

Vediamo i genitori di Gesù accudire il Figlio con grande premura. Affrontano con coraggio le minacce di morte e fuggono in Egitto perché amano il Figlio e amano la vita.

Carissimi, sono stato scosso dal sapere che nel nostro Ospedale San Bortolo ogni tre giorni vi è la richiesta di intervento da parte di donne che hanno subito aggressioni. Sono soprattutto donne giovani. Nell’ultimo anno sono aumentate le situazioni di violenza nelle famiglie. L’invito che il Principe della pace ci rivolge è quello di deporre le armi presenti nel cuore, armi che alimentano violenza e distruzione.

Cari coniugi, vi auguro di saper superare gli inevitabili contrasti presenti nella vostra relazione, imparando a dialogare anche chiedendo perdono.

Cari figli, che nell’adolescenza cominciate a prendere il volo dai genitori, vi sia sempre ascolto e rispetto in famiglia riconoscenti per il dono della vita; e se doveste faticare a trovare una via di dialogo e di pace chiedete aiuto a qualche persona di fiducia.

Cari ragazzi, impegnati nella scuola e nello sport, vi auguro di essere messaggeri di pace eliminando ogni forma di bullismo. Ricordatevi dei nonni, radici buone degli alberi delle nostre famiglie, che attendono sempre le vostre visite.

E non posso che provare profondo dolore in questi giorni per le tante famiglie che in Ucraina soffrono il freddo e la fame a causa di una guerra insensata in cui prevale la violenza e la distruzione sulle possibilità di dialogo per una convivenza pacifica.

Il segno della pace nella celebrazione della Messa, che possiamo tornare a condividere con una stretta di mano o con un abbraccio, ispiri relazioni riconciliate e benevole con tutti.

  

Una famiglia tutta santa martire

Papa Francesco ci ha regalato in questi giorni la bella testimonianza di una famiglia che piuttosto di rispondere con violenza all’imperversare della furia nazista durante la seconda guerra mondiale ha preferito il coraggio di essere famiglia ospitale e pacifica.

La famiglia polacca Ulma nel 1944 era composta da Jozef e Wiktoria Ulma, dei loro sei figli, che avevano dagli 8 anni fino a un anno mezzo: Stanisław, Barbara, Władysław, Franciszek, Antoni e Maria. A loro si aggiungeva il bambino che Wiktoria portava nel grembo.

Gli Ulma abitavano nel villaggio di Markowa, in Polonia. In quel villaggio, cresciuto nella solida tradizione cattolica, in molti cercavano di aiutare gli ebrei quando cominciarono le persecuzioni antisemite. Il rischio era quello della vita. Eppure Jozef e Wiktoria nascosero nella loro casa 8 ebrei. Vennero traditi, qualcuno rivelò l’accaduto. Così, il 24 marzo 1944, i nazisti fecero irruzione in casa Ulma e catturarono gli ebrei e li uccisero con un colpo di proiettile alla nuca. Poi trucidarono Jozef e Wiktoria sulla porta di casa davanti ai bambini e a molti abitanti di Markowa, costretti ad assistere. Quindi, uno dopo l’altro, i nazisti spararono ai bambini. Presto gli Ulma vennero chiamati “i samaritani del paese”.

È la prima volta che viene riconosciuto il martirio di una famiglia, è la prima volta che viene riconosciuto il martirio di un bambino ancora nel grembo della madre.

Questa famiglia martire è un inno alla pace. Non ha reagito alla violenza con altra violenza. Ha reagito alla brutalità della guerra con la generosità dell’accoglienza. Quando si ama davvero, si rischia la vita.

Anche sostenuti dalla testimonianza questa famiglia santa che ha donato la vita, auguro a tutti la gioia, il calore e la pace di un Santo Natale.

 

† Giuliano, vostro vescovo