“Davvero il Signore è risorto”

Lettera Pastorale di mons. Beniamino Pizziol alla Diocesi di Vicenza, 8 settembre 2012
 
Fuga da Gerusalemme
(Lc 24, 13-14)
 
Interpretazione
La narrazione inizia con una indicazione temporale: “Ed ecco, in quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino …da Gerusalemme” (v. 13).
È il giorno in cui le donne si recano al sepolcro e trovano la pietra rotolata via (Lc 24, 1). Le donne sono là al sepolcro, ma senza speranza, senza via di uscita da una situazione disperata, perché il corpo di Gesù non c’è. Questa è la premessa del nostro brano.
In questo stesso giorno, i due discepoli lasciano Gerusalemme. La città di Gerusalemme è per Luca l’obiettivo di Gesù (9,51) ed è pure il centro focale dell’attività pubblica del Maestro di Nazareth, nonché il luogo della sua passione, morte e risurrezione. Lasciandosi alle spalle la Città santa, i due discepoli sembrano volersi allontanare dal luogo in cui sono accaduti gli eventi fondamentali e decisivi che riguardano Gesù di Nazareth. La loro è chiaramente una “fuga da Gerusalemme”; si allontanano dallo spazio in cui si può incontrare realmente Cristo stesso. Questi due uomini stanno procedendo in una direzione diametralmente opposta a quella richiesta per essere veri discepoli di Gesù.
 
Attualizzazione
Può capitare, anche nella nostra storia personale e comunitaria, di “lasciare Gerusalemme”, allontanandoci dalla fonte della nostra fede, dal “mistero pasquale”, vale a dire dall’evento della morte e risurrezione del Signore Gesù, che si è compiuto a Gerusalemme. Le prove della vita ci hanno lasciati disorientati e smarriti.
La morte di una persona cara ha provocato in noi un senso di solitudine, di distacco e di lacerazione. La violenza, la brutalità e l’odio ci hanno ferito e hanno provocato in noi un sentimento di impotenza. Il futuro davanti a noi genera incertezza e instabilità.
Ci fa paura lo stato di debolezza, di fragilità, il venir meno delle nostre risorse e delle nostre forze. Davanti a queste situazioni dolorose siamo tentati di abbandonare Gesù e la comunità per cercare altrove” delle risposte alle nostre angosce e al nostro bisogno di felicità.
Siamo anche noi come i due discepoli di Emmaus.
 
 
Sulla via di Emmaus
(Lc 24, 15-24)
 
Interpretazione
I due sono dunque in cammino per allontanarsi da Gerusalemme e quindi dalla storia che hanno vissuto con Gesù, ma non riescono a rinchiudere nell’oblio quanto hanno vissuto con lui: “E conversavano tra di loro di tutto quello che era accaduto” (v. 14).
È a questo punto che sopraggiunge  Gesù, nella figura di un viandante anonimo, che si accosta e si unisce al loro cammino: “Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro” (v. 15b). Purtroppo i due sono incapaci di riconoscere il loro compagno di viaggio: “I loro occhi erano impediti a riconoscerlo” (v. 16).
È un impedimento dovuto al loro stato di delusione, al ripiega- mento su se stessi, ma più radicalmente è l’impossibilità dell’uomo di vedere il Risorto semplicemente con gli occhi della carne, senza aprirsi invece alla visione della fede.
 
Attualizzazione
Molti cristiani, dopo aver ricevuto i sacramenti della vita cristiana, il Battesimo, la Confermazione, l’Eucaristia, la Riconciliazione, hanno lasciato la comunità, forse delusi o forse attratti da altre proposte, specialmente i più giovani, e non solo loro. Presto o tardi, comprenderanno, come i due di Emmaus, che non è possibile accogliere Cristo e poi lasciarlo come se nulla fosse accaduto. Rimane sempre nel cuore e nella mente la “nostalgia di Cristo e della sua Chiesa”.
Ma può capitare anche ai credenti di partecipare alla vita della Chiesa e di ricevere i sacramenti senza riconoscere la presenza vera e reale del Signore Gesù. Siamo come trattenuti dentro uno sguardo solamente “carnale”; per questo c’è bisogno di un compagno di viaggio come Gesù o dei suoi testimoni, che aprano i nostri occhi ad una visione di fede.
 
 

 
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01/07/2013