Letture: Is 56,1-3.6-8; Gv 5,33-36
Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi». Il profeta Isaia non poteva regalarci indicazione migliore per celebrare l’Eucaristia insieme all’Unione Giuristi Cattolici, magistrati e avvocati del foro di Vicenza. Egli continua spiegando che il diritto appartiene alla pratica della vita dell’uomo. Infatti aggiunge: Beato l’uomo che così agisce e il figlio dell’uomo che a questo si attiene, che osserva il sabato senza profanarlo, che preserva la sua mano da ogni male.
Si tenga presente che il popolo eletto custodiva gelosamente la sua elezione e, almeno inizialmente, sembra non così propenso ad accogliere presenze differenti. Ma, dopo il ritorno dall’esilio, l’autore ispirato annuncia che si ammetteranno presto, proprio nella tradizione giudaica, anche degli stranieri.
«Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti […] restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera.
Dunque diritto e giustizia, qui si richiamano l’uno all’altra e praticandole secondo verità si propizia la venuta di Dio stesso e del suo regno.
La giustizia, nella Bibbia, non è un concetto astratto. È la “volontà buona di Dio” possibile per l’uomo. Dirà Gesù: Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6). Fame e sete di compiere il volere di Dio. Ci ricorda il Concilio Vaticano II: L’uomo infatti, creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità (GS 34). Il diritto, con le sue consuetudini e con le sue leggi scritte non fa altro che interpretare nelle situazioni concrete ciò che è secondo giustizia, aiutando gli uomini a comprendere quali sono diritti e doveri da accogliere e rispettare nelle relazioni.
Questa visione non è esclusiva dei credenti. Anche coloro che – seguendo la propria retta coscienza – pervengono alla comprensione di ciò che è giusto per il singolo e per la comunità, prendono parte alla gioia di vivere nella comunità degli uomini; quella comunità che è in cammino verso il regno di Dio.
Mi piace sottolineare qui con voi, come il testo profetico che leggiamo in questo tempo di avvento e oggi nella festa della dedicazione della Cattedrale ci spinga a recuperare quella relazione necessaria tra diritto e giustizia. Senza il fondamento della giustizia, il diritto tende a ridursi a mero formalismo. Oppure, peggio, ad essere considerato quale prodotto artificiale (meglio sarebbe dire artificioso) dell’autorità costituita.
Contro il formalismo e fariseismo Gesù ha lottato con tutte le sue forze. Sono, infatti, derive che o fanno prevaricare le leggi scritte sulla dignità della persona oppure tendono a minimizzare il valore delle leggi scadendo in forme di corruzione (come quelle che si sono abbattute sulle più alte istituzioni europee in questi giorni).
Il profeta vede realizzarsi anche una promessa quando afferma: Oracolo del Signore Dio, che raduna i dispersi d’Israele: “Io ne radunerò ancora altri, oltre a quelli già radunati”. Uno sguardo che si allarga a tutti i popoli. Infatti, il popolo scelto dal Signore, non è un popolo chiuso. C’è posto per gli stranieri che hanno aderito al Signore. Anzi, se c’è un anelito da parte di Dio è quello riservato agli stranieri perché il suo desiderio è che tutti i popoli lodino il Signore. In questo vi è un appello: il popolo di Dio è tale quando esercita l’ospitalità dello straniero, dell’immigrato, perché possa prendere parte alla gioia della casa del Signore.
Siamo davvero grati per il santo popolo di Dio. È questo popolo il vero edificio di cui oggi celebriamo la festa nella dedicazione della cattedrale. La cattedrale che è il popolo di Dio in Vicenza è una cattedrale incompiuta e lo sarà sempre fino a quando non sarà pienamente formato Cristo in noi.
La gioia di essere tempio di Dio si accompagna così al compito e alla responsabilità di continuare la costruzione. Con la nostra vita fatta di ascolto, preghiera, carità e pure la professione forense svolta secondo giustizia noi facciamo crescere l’edificio.
Possa questa festa della dedicazione della Cattedrale risvegliare in noi la gioia del camminare uniti insieme e di praticare il diritto che ha le sue radici nella giustizia.
GIULIANO vescovo