LITURGIA FUNEBRE PER DON GIOVANNI CECCHETTO(chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta di Sovizzo, 16 ottobre 2017)

Signore Dio, Padre buono e misericordioso, che nel Cristo tuo Figlio ci hai dato la certezza della risurrezione nell’ultimo giorno, accogli nella tua dimora di luce e di pace il nostro fratello sacerdote don Giovanni Cecchetto.
 
         Don Giovanni fu ordinato presbitero dal vescovo monsignor Zinato il 25 giugno 1961 e fu assegnato come vicario parrocchiale alla parrocchia di Santa Caterina in Vicenza, dove rimase anche dopo il grave incidente automobilistico avvenuto il 7 settembre 1971. È stato inoltre collaboratore pastorale nell’unità pastorale di Colzé-Longare, dal 2003 al 2008, e dal 2008 sino ai nostri giorni nell’unità pastorale di Sovizzo. È morto presso la casa San Rocco, giovedì scorso.
 
         L’esercizio del ministero pastorale di don Giovanni è del tutto singolare. Nel decimo anno della sua ordinazione, nel pomeriggio del 7 settembre, mentre si recava a Spiazzi, nel veronese, per partecipare a un corso di formazione per catechisti tenuto dei Salesiani, a causa di un malore dell’autista, la macchina sbandò e finì per cozzare contro un palo. Egli subì la lesione a due vertebre cervicali, che nonostante le cure intense, lo costrinsero in sedia a rotelle per tutto resto della sua vita.
Il vescovo di allora, monsignor Onisto, i suoi amici sacerdoti e molti parrocchiani lo sostennero, lo incoraggiarono a continuare la sua attività pastorale, seppur in modo nuovo, del tutto originale.
 
         Pensando a questo doloroso avvenimento della vita di don Giovanni mi è venuta in mente la pagina della Lettera di Paolo ai Filippesi, che abbiamo appena ascoltato. Paolo, mentre si trova in prigione a Roma, invia il suo compagno di lavoro e di lotta Epafrodito nella comunità cristiana di Filippi perché lo potessero abbracciare dopo essere stato colpito da una grave malattia. Ecco come si esprime l’Apostolo: «È stato grave, vicino alla morte. Ma Dio ha avuto misericordia di lui perché ha sfiorato la morte per causa di Cristo, rischiando la vita» (Fil 2,27.30).
 
         In uno dei tanti incontri che ho avuto con don Giovanni, mi ha confidato di sentire in modo intenso le parole del salmo 62 che abbiamo recitato: «quando nel mio letto di te mi ricordo e penso a te nelle veglie notturne, a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali. A te si stringe l’anima mia: la tua destra mi sostiene». Don Giovanni – dopo l’incidente – ha saputo affrontare la vita e il ministero sperimentando nella sua carne la prova del limite e della disabilità, ma facendola diventare dono per i fratelli e le sorelle.
 
         Il 13 ottobre 1981, nel corso dell’anno internazionale delle persone handicappate, fonda, insieme a un suo caro amico, l’associazione H 81 che si occupa di persone con disabilità e successivamente, nel 1990, viene nominato collaboratore della commissione Caritas diocesana per i problemi delle persone disabili.
 
         Don Giovanni ha dato una bella testimonianza evangelica di vicinanza e di cura per tutti i fratelli e le sorelle segnati da varie fragilità nel loro corpo e nel loro spirito. La Chiesa, per comando del Signore Gesù, è chiamata a continuare la sua opera in ogni tempo e in ogni luogo, come ci ricorda il brano del Vangelo di Matteo che abbiamo letto: «attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; lì deposero ai suoi piedi ed egli li guarì» (Mt 15,30).
Nei gesti di Gesù a favore dei malati, il popolo riconosce i segni del tempo messianico e l’azione salvifica di Dio. Ogni malato invoca la guarigione e  aspira al pieno ristabilimento della salute fisica e spirituale, ma sente anche forte il bisogno della vicinanza affettuosa, dell’accoglienza e dell’ascolto da parte dei fratelli.
 
         Don Giovanni ha fatto della sua dolorosa esperienza un dono, ha saputo dare speranza con l’esempio di vita, anche a chi era in sedia rotelle come lui. È stato uno strenuo difensore dei diritti delle persone con disabilità, egli infatti era solito dire “la disabilità non è una malattia” ed è  arrivato al punto di considerare il suo grave incidente come una opportunità. Scrive così: “grazie a Dio e a tanti amici ho potuto vivere una vita intensa e ricca di esperienze che, forse, se non avessi avuto l’incidente, non avrei avuto l’opportunità di fare”.
Era dotato di uno spiccato spirito missionario, che non è venuto meno dopo l’incidente, quando aveva 34 anni. Insieme all’amico sacerdote don Francesco Strazzari e ad altri compagni ha visitato e anche aiutato tante persone e comunità, non solo cristiane, sparse nei vari continenti: Europa, Africa, Asia e anche la casa dove viveva era sempre aperta all’accoglienza e all’incontro di persone appartenenti a culture e a religioni diverse.
Una cura particolare ha riservato alla formazione dei catechisti e agli incontri di catechesi per i ragazzi nell’unità pastorale di Sovizzo, che ho avuto modo di conoscere durante la mia visita pastorale in quella comunità.
 
         Don Giovanni è stato una persona e un sacerdote coraggioso e generoso, sempre dalla parte degli “Ultimi”. Per 56 anni ha predicato la Parola di Dio, celebrato l’Eucaristia, ha distribuito il Perdono e la Misericordia e si è fatto guida buona e generosa di tanti fratelli e sorelle.
 
         Nel prete e in ogni battezzato la sofferenza e la morte, accettate e vissute alla luce della fede pasquale, assumono un valore singolare per gli altri, diventano dono, come lo è stato della sofferenza e della morte di Cristo.
 
         È giunta l’ora in cui la Chiesa e tutti noi ci rivolgiamo al Padre, la cui misericordia è senza limiti, per consegnargli questo suo figlio e nostro fratello. In questo momento invochiamo la Santa Madre di Dio, la Madonna di Monte Berico, tutti i Santi e i Beati della nostra Chiesa perché gli vadano incontro e lo introducono nella Casa del Padre, dove Gesù ci ha preparato un posto. Preghiamo per lui e con lui perché il Signore della vita doni alla nostra diocesi numerose e generose vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Ordinato. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza