LITURGIA FUNEBRE PER DON SILVANO DANZO(chiesa parrocchiale di Locara, 6 dicembre 2018)

Non avremmo mai pensato di doverci trovare qui, oggi, in questa chiesa di Locara, per celebrare il funerale di don Silvano Danzo, giovane prete di 38 anni.
       Giovedì scorso aveva partecipato al Ritiro spirituale di Avvento insieme ai preti, ai diaconi, ai seminaristi della nostra diocesi, presso il santuario di Monte Berico. L’ho visto di sfuggita entrando in sacrestia, mi ha salutato con un gran sorriso, impresso su un volto luminoso, pieno di gioia. Dopo aver condiviso il pranzo con i suoi compagni di ordinazione, ritornando verso la sua parrocchia, dove lo attendevano i genitori, a causa di un malore improvviso ha perso la vita mentre era alla guida della sua auto.
 
       Don Silvano aveva festeggiato da alcuni mesi i 10 anni di ordinazione presbiterale, anni intensi, trascorsi nella dedizione generosa e nel servizio appassionato alle comunità che gli sono state affidate: prima come diacono a Rosà e poi come vicario parrocchiale a Cornedo Vicentino, a Santa Croce e San Lazzaro di Bassano del Grappa, nell’Unità Pastorale “Riviera”. Dal settembre di quest’anno era stato assegnato come amministratore nella parrocchia di Locara di San Bonifacio. Questo incarico lo aveva accolto con gioia e gratitudine, sentendolo come un segno di stima e di fiducia, e si era prodigato in tutti i modi per servire la comunità; si era come trasformato, lasciando trasparire tutta la sua contentezza, espressa agli amici preti, con queste parole: sono felice.
 
       Come giovane prete, allegro e spiritoso, era sempre disponibile, svolgeva il suo ministero con passione, riuscendo a coinvolgere tante persone, dai più giovani agli anziani. Si sentiva accolto con affetto dai suoi parrocchiani e benvoluto. In questi due mesi di ministero è stato aiutato, con affetto fraterno, dalle suore Orsoline che ringrazio di cuore. Scrive un fedele di Locara: “era una persona innamorata di Dio, lo esprimeva quotidianamente stando in mezzo alla gente comune: ai giovani, agli ammalati, agli anziani, ai bambini della scuola materna”.
 
       Carissimi, con le lacrime agli occhi, affidiamoci con fede, anche in questo doloroso evento, al Signore della vita, della Chiesa e della Storia. Noi  non ci apparteniamo: siamo suoi, siamo opera delle sue mani e tra le sue braccia siamo destinati a ritornare. Abbiamo sentito nella Prima Lettura: «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento ormai più le toccherà. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come un olocausto» (Sap 3,1.5-6).
       E allora, che cosa potrà mai separarci dall’amore di Dio? Non sarà la sciagura a separarci, neanche la morte. Se anche ci sembrerà di camminare in una valle oscura — soprattutto in questo tempo — non temiamo, perché il Signore è con noi: «il suo bastone e il suo vincastro ci danno sicurezza» (Sal 22,4).
 
       Giovedì scorso don Silvano ha vissuto la sua Pasqua, il passaggio dalla vita terrena alla vita definitiva in Dio. Il suo esodo, se compreso nella fede, non ci lascia nella desolazione: «siamo sconvolti ma non disperati» (2Cor 4,8), afferma l’Apostolo Paolo. La vita non è nostra, è di Dio; a lui apparteniamo, da lui proveniamo e a lui ritorniamo. Sappiamo che ora don Silvano è nelle mani di Dio e noi lo affidiamo alla sua misericordia perché egli non è vissuto per sé bensì per il Signore e per i fratelli.
       In una intervista — rilasciata alcuni giorni prima di essere ordinato presbitero — affermava: “Sei tu, Signore, che mi hai cambiato la vita, sento in me una felicità che mai prima mi era capitato di provare. Mi sento tanto amato da quel Dio-amore che per noi ha sacrificato il Figlio suo sulla croce”. Egli ricorda che di fronte alla paura delle proprie debolezze, delle incertezze, del sentirsi inadeguati e impreparati, il Signore gli era vicino e gli diceva: “coraggio, sono io, non aver paura” (Mt 14,27).
 
       Il riferimento a questo episodio del Vangelo è analogo a quello che abbiamo meditato con tutti i preti nel Ritiro di Avvento, a cui ha partecipato anche don Silvano, dal titolo: «Maestro, non t’importa che moriamo?» (Mc 4,38b). È sorprendente come la stessa pagina evangelica della “tempesta sedata” abbia illuminato l’inizio e la conclusione della sua vita sacerdotale.
       Anche la notizia della morte di don Silvano è arrivata come una tempesta improvvisa e dolorosa. E noi ci chiediamo: Signore, dove sei? Perché hai permesso questa ulteriore prova per la nostra Chiesa di Vicenza? Sono domande che ci lasciano ammutoliti. Solo la fede nel Crocifisso Risorto, colui che ha vinto per sempre la morte, può farci guardare al futuro con speranza, anche se ora i nostri occhi sono colmi di lacrime.
 
       L’Evangelo della morte e della risurrezione del Signore, che abbiamo proclamato, ci aiuta a comprendere l’improvvisa e dolorosa morte di don Silvano: «Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”» (Mc 15,33-34).
       Don Silvano stava vivendo il mezzogiorno della sua vita, un tempo pieno di gioia, di speranza, di progetti, di belle relazioni con i suoi amici parrocchiani. Su questo luminoso mezzogiorno, però, si sono calate le tenebre, e forse anche don Silvano, mentre sentiva venir meno il suo cuore, tenendo stretto il Rosario nelle sue mani, come era sua consuetudine, ha invocato il Padre con le parole di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Ma la sua morte, che noi piangiamo, non è l’evento definitivo della sua vita, essa è Pasqua, è passaggio, è vita in Dio, nella sua dimora di luce e di pace, è vita per sempre, vita eterna.
       Un giovane, seduto sulla destra del sepolcro, disse alle donne che si erano recate al sepolcro, ma dice anche a ciascuno di noi oggi: «Non abbiate paura, voi cercate Gesù, il Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto» (Mc 16,6).
 
       In questo momento desidero rivolgermi ai familiari di don Silvano, al  papà Siro, alla mamma Carla e alla sorella Anna. Noi non sappiamo dare risposte al vostro immenso dolore, vogliamo solo farci vicini e condividere con voi questa sofferenza, aprirci insieme alla fede nel Crocifisso Risorto e con voi pregare il Signore della vita.
       A vostra consolazione, voglio donarvi le parole stesse, scritte da don Silvano prima dell’ordinazione presbiterale: “E se tanto amore ha riservato per me il Signore Gesù, tanto è l’amore che mi riservano i miei genitori, a cui va il mio più grande grazie per quello che sono stati, che sono e che saranno. Se oggi sono qui e mi sto preparando ad essere pastore del popolo di Dio, è anche grazie a loro che mi hanno sempre lasciato fare, presenza discreta, mai assenza. Rendiamo grazie di ogni cosa e stiamo allegri, questo è il segreto della santità”.
 
       La morte improvvisa di don Silvano provoca ciascuno di noi, le nostre comunità cristiane, in modo particolare voi giovani, a interrogarci sul senso della nostra vita e della nostra vocazione nella Chiesa e nel mondo. Abbiamo compreso che questo nostro carissimo confratello sacerdote non è vissuto per sé: tutta la sua vita è stata spesa per gli altri, per la fedeltà a Dio e per ascoltare e seguire Gesù.
       Soprattutto a voi giovani, voglio narrare la storia della vocazione di don Silvano, nella speranza che il Signore susciti anche in voi lo stesso desiderio e la stessa generosità per dedicare tutta la vostra vita al Signore, anche nel ministero ordinato. Mi scrive don Maurizio Bolzon, nativo di Novale (la parrocchia di origine di don Silvano) ora sacerdote fidei donum in Mozambico, ricordando un passaggio della sua omelia in occasione della Prima Messa a Novale il 3 giugno 2001, che rivolto ai giovani presenti usò queste parole: “Ecco, adesso ho lasciato libera una stanza in Seminario; se qualcuno vorrà occuparla si presenti al parroco”. E poi aggiunge nel suo messaggio: “Don Silvano sentì come rivolte a lui quelle parole, e partì da allora il suo percorso vocazionale. Il 14 settembre di quell’anno 2001,solo due mesi dopo aver ascoltato quelle parole, don Silvano varcò per la prima volta la porta del Seminario per entrare al Mandorlo, la comunità vocazionale”.
 
       Concludiamo con una preghiera:
       Vieni incontro, Signore Gesù, a questo tuo sacerdote, che hai costituito pastore in mezzo ai suoi fratelli, egli ti ha seguito e ha dato tutto se stesso per la tua Chiesa, accompagnalo davanti al Padre, buono e misericordioso.
       Vieni incontro, Signore Gesù, a tutti noi, che siamo addolorati per la morte improvvisa di questo nostro fratello, tocca i nostri cuori, perché ti seguiamo sulle strade del Vangelo.
       Guarda alla tua Chiesa che ti prega e ascolta le nostre suppliche per l’intercessione di Maria, tua madre, la nostra Madonna di Monte Berico.
       E tu, don Silvano, intercedi per noi presso il Padre, dal cielo custodisci la fede della nostra Chiesa per la quale sei vissuto e che hai servito fino alla fine della tua vita. Ottienile la grazia di essere ancora terra feconda di vocazioni, come segno di benedizione di Dio sulla nostra Chiesa di Vicenza e su tutti noi.
       Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza