LITURGIA FUNEBRE PER MONSIGNOR GIUSEPPE MARCAZZAN (chiesa parrocchiale di Tonezza, lunedì 12 ottobre 2015)

Siamo qui per dire – innanzitutto – il nostro grazie al Signore per il dono del nostro fratello sacerdote monsignor Giuseppe Marcazzan, che ha concluso la sua esistenza terrena, ricca di anni e di frutti spirituali.
Egli fu ordinato presbitero dal vescovo monsignor Carlo Zinato il 24 giugno 1956 e svolse il suo ministero pastorale come vicario cooperatore a Marano Vicentino, Tezze sul Brenta, Piana di Valdagno e Valli del Pasubio e come parroco a Casotto di Pedemonte e, infine, per 37 anni a Tonezza.
 
            In questi anni ho avuto modo di incontrarlo più volte, ho ascoltato la storia della sua vocazione e del suo ministero, ho sperimentato la sua fraterna ospitalità. Ma potrei affermare che l’ho seguito idealmente, giorno dopo giorno, attraverso la pubblicazione mensile del bollettino “Tonezza”, che si faceva leggere con interesse e gusto per i contenuti sapienti, variegati e coinvolgenti, compresa la cronaca quotidiana della sua vita, e sono convinto che questa sia arrivata sino all’8 ottobre, il giorno prima della sua morte.
 
            Leggendo la sua “autobiografia”, intitolata “Una piccola storia” mi è venuto spontaneo interpretare la vicenda umana e il servizio pastorale di don Giuseppe secondo l’insegnamento dell’Apostolo Paolo, come ci è stato proposto dal brano della Seconda Lettera a Timoteo che chiama “vero figlio mio nella fede”. Paolo mette in luce le caratteristiche di un vero testimone del Vangelo di Cristo: è colui che cerca sempre l’essenziale, che ha la capacità di sopportare i mali e coltiva uno spirito di servizio. Tutta la vita dell’Apostolo viene riassunta con tre immagini: la lotta, la croce, la fede.
            L’Apostolo nella sua missione ha sempre combattuto, ha portato a termine la sua corsa, iniziata sulla via di Damasco, ha sempre custodito la fede. In questa lettera avverte la sua fine ormai vicina e interpreta la sua morte come un atto di culto reso a Dio, come una offerta gradita a lui. La morte, per lui, è un venir sciolto da ciò che lega, che trattiene, per raggiungere la piena libertà nel Signore.
 
            Possiamo applicare a don Giuseppe le parole di Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2Tim 4,7). Scrive don Giuseppe come apertura alla sua piccola storia: «Chiedo venia per le povere cose che racconto, ma gli inizi sono sempre importanti e meritano considerazione… chi mi legge un pochino alla volta saprà la mia storia umana, che non è stata delle più belle, seppur combattuta a viso aperto».
 
            La vita di Paolo, la vita di ogni cristiano e la vita di questo nostro fratello sacerdote è intesa come un combattimento spirituale. Don Giuseppe in questi ultimi anni e soprattutto in questi ultimi mesi si era preparato all’incontro con il Signore. Scrive nell’ultimo bollettino di settembre: «La mia preghiera, anche se povera, resta sempre la stessa: “Vieni, Signore”. E quando il Signore verrà, mi troverà sulla porta di casa, pronto ad accoglierlo».
 
            La morte di un sacerdote, ma di ogni persona cara, anche quando sopraggiunge in età avanzata, genera sempre un profondo turbamento nei parenti, nei familiari e in tutti quelli che l’hanno conosciuto e amato. Pensando alle sorelle, ai fratelli di don Giuseppe – tra cui due suore paoline e un sacerdote diocesano – è tornato nel mio cuore e nella mia mente l’episodio dell’incontro di Gesù con Marta e Maria, le sorelle del suo amico Lazzaro, che era morto e già sepolto da quattro giorni. Nel dialogo con le due sorelle, il tema della lontananza-assenza di Gesù, nel momento della morte del fratello Lazzaro, resta quello dominante.
            Ciascuna, infatti, gli ripete la stessa frase appena lo incontra: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (Gv 11,21). Marta, comunque, manifesta una fede piena nel potere di Gesù quale inviato messianico di Dio: “Ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà” (Gv 11,22). Ella, però, non è ancora consapevole del significato della parola “risurrezione”. E Gesù le dice: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà. Credi tu questo?” (Gv 11,25-26).
La morte del fratello Lazzaro diventa il luogo sofferto ma decisivo per la solenne professione di fede: “Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo” (Gv 11,27).
 
            Sia questa, oggi, la nostra fede condivisa dalle sorelle, dai fratelli, dai familiari e da tutti i fedeli che partecipano alla liturgia eucaristica. La morte di un sacerdote è sempre una perdita per la chiesa locale, che vede via via diminuire il numero dei ministri ordinati per il servizio sacerdotale, per l’evangelizzazione e la testimonianza della carità, in tempi che esigono piuttosto un aumento delle forze pastorali. Ma la morte di un confratello sacerdote che ha donato tutta la sua vita a servizio di Dio e della Chiesa – per così lunghi anni – diventa un luogo di consolazione e di serenità.
 
            Ora è giunto il momento di congedarci da don Giuseppe, consegnando il suo corpo alla sepoltura nella ferma speranza che risorgerà alla fine dei tempi. Lo facciamo con le sue stesse parole, scritte nel testamento: «Prima o poi me ne andrò da questa vita. Quando sarà, mi auguro di essere in pace con tutti. Ho sempre cercato di essere generoso con tutti e anche giusto (ricordiamo in modo particolare l’attenzione alle missioni). In questa vita ne ho passate tante. Come sacerdote sono stato molto felice di esserlo. Chiedo perdono a Dio per il male che posso aver fatto. Se dall’aldilà potrò farlo, non dimenticherò chi mi ha veramente amato. Ciao a tutti».
 
Affidiamo don Giuseppe all’intercessione della Vergine Maria, la nostra Madonna di Monte Berico, ai Santi e ai Beati della nostra Chiesa perché gli vengano incontro e lo conducano a Dio, Padre Buono e Misericordioso. Insieme chiediamo al Signore la grazia di sante vocazioni alla Vita Consacrata, al Ministero Ordinato e al Sacramento del Matrimonio. Amen.
† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza