Messaggio del vescovo Giuliano per la Pasqua 2024

Quante pietre

 

“Chi rotolerà via per noi la pietra dall’ingresso del sepolcro?” È la domanda che si pongono le donne il mattino di Pasqua, mentre, al sorgere del sole, recano tra le mani gli aromi per ungere il corpo morto di Gesù.

È una domanda che attraversa tutti i tempi e giunge fino a noi oggi.

Chi ci aprirà definitivamente i cieli, liberandoli da tutte le bombe infernali che quotidianamente cadono come pietre pesanti su case, chiese, scuole, ospedali, campi coltivati, centrali elettriche, musei e ogni altra espressione dell’ingegno umano? Cadono come meteoriti che distruggono ciò che incontrano e schiacciano la vita di tanti innocenti. Questi massi non vengono dal cielo, provengono da volontà umane.

Un tempo il piccolo Davide affrontò il gigante Golia con un piccolo sasso inserito nella sua fionda. Oggi i giganti delle guerre uccidono bambini innocenti con armi sofisticate, anche quando i bambini corrono per ricevere aiuti umanitari. Chi ci toglierà definitivamente dalle mani quelle armi che noi uomini abbiamo costruito utilizzando in modo perverso l’intelligenza donataci dal Creatore?

Chi toglierà le pietre che pesanti portiamo nel cuore per il male compiuto e mai dimenticato o per quello subìto ingiustamente che alimenta nell’intimo sentimenti di odio e di rancore?

E ancora: chi toglierà la trave che oscura il nostro occhio e non ci permette di riconoscere il vero volto di Dio e il volto di tanti fratelli e sorelle?

Nei mesi scorsi, a causa della pioggia, alcuni massi sono caduti su strade e ferrovie interrompendo vie di comunicazione utilizzate ogni giorno per andare a studiare o a lavorare. Anche queste pietre ci hanno bloccato e ci inducono a pensare ai cambiamenti climatici causati da stili di vita non più sostenibili e dall’incuria dell’uomo.

 

Lo spavento

 

Alla domanda che le donne portavano nel cuore, con il desiderio di rivedere l’Amato e ungere il suo corpo per l’ultimo saluto, non è servita una risposta. La pietra che chiudeva il sepolcro era già stata tolta da qualcun altro. Forse qualcuno che era giunto prima di loro?

La sorpresa era grande. Quella pietra che separava loro, donne viventi, dalla morte di un uomo reso immobile su di una croce fino all’ultimo respiro, non c’era più. Non vi era più distanza. Potevano nuovamente raggiungerlo, rivederlo. Ma ecco una scoperta ancora più grande e imprevedibile! Entrando nel sepolcro scoprono che non c’è il morto, ma un giovane vivo in bianche vesti; e sono prese da grande spavento! Egli le invita a non avere paura di tutti i massi che pesano sull’esistenza umana. Perché Colui che cercano in pianto, non è più nel sepolcro, è stato risuscitato. “Voi cercate Gesù Nazareno, non è qui!” Colui nel quale le donne avevano posto tante attese e che continuavano a cercare anche da morto, non è più nel sepolcro; è uscito. È fuori dal sepolcro, vivente! E di questa notizia sconvolgente, di quel sepolcro vuoto, delle parole dell’angelo le donne devono subito farsi apostole. Il Vivente, uscito da quella tomba attende i suoi amici ad un nuovo incontro, in Galilea, laddove era iniziata l’avventura dei discepoli.

Benedetto spavento! Possa raggiungere anche noi con sentimenti misti di timore e di stupore. Lo provarono Pietro, Giacomo e Giovanni quando Gesù si trasfigurò davanti a loro, anticipando proprio l’esperienza delle donne il giorno di pasqua.

È lo spavento di una relazione imprevedibile, ma reale: vissuta all’interno delle vicende umane, senza esserne soffocata. È la relazione con il Signore Gesù risorto dalla morte che unisce definitivamente la nostra umanità con l’umanità risorta – la Sua – senza più separazione tra il cielo e la terra.

Quello spavento è capace di sgretolare tutte le pietre che ci portiamo dentro. Ci rende liberi di amare, riconciliati con noi stessi e con Dio. Quello spavento brucia l’odio che si annida dentro il cuore e dona la forza del perdono che crea relazioni nuove di fraternità.

 

Attraversare le porte chiuse

 

C’è una casa in mezzo a noi che è stata costruita con tante porte chiuse a chiave. E non si può attraversare un corridoio senza qualcuno che apra da una parte e chiuda dall’altra. È la “casa circondariale”: il carcere Filippo Del Papa, nel quartiere San Pio X. Accoglie più di 300 persone che stanno scontando una pena più o meno lunga e sono assistiti da un centinaio di agenti del personale penitenziario.

Quando mi sono avvicinato al carcere mi è apparso con una struttura davvero grande nella nostra città: un “macigno” chiuso e inavvicinabile. Ma è una casa, e all’interno ci vivono persone come me, come ciascuno di noi, con storie personali uniche – spesso ferite – e con i loro legami familiari. Le persone che vivono in carcere ci ricordano una realtà fondamentale della nostra esistenza: siamo un’umanità fragile. E chi di noi può dire: io non ho mai sbagliato nulla nella vita?

La Casa circondariale è, vorrei ribadirlo, una casa, non una discarica di cose che non servono più o di persone da eliminare dalla vista e dalla vita della città.

Qui, in mezzo a questi fratelli che stanno scontando una pena, meglio comprendiamo lo scandalo di ciò che ha vissuto Gesù. Lui che non aveva compiuto alcun male, è stato giustiziato come un malfattore. Gesù, il Figlio di Dio, si è addossato tutte le nostre ferite, tutto il nostro male. E lo ha fatto unicamente perché ci vuol bene, per riversare su di noi tutto l’Amore di Dio.

Crocifisso come uno dei peggiori malfattori, non ha emesso giudizi irrevocabili di condanna. In tutto il suo dolore, le sue labbra hanno sussurrato la parola del perdono.

Non c’è carcere di massima sicurezza che non permetta di sperimentare quanto vale sempre e comunque la vita e quanto sia possibile rinascere a vita nuova anche dagli abissi più profondi del male compiuto.

Con questi nostri fratelli – che vogliamo sentire vicini a noi – accogliamo la luce della risurrezione di Gesù che ci libera dalla paura e ci apre alla speranza di un mondo nuovo.

Buona Pasqua.

 

Vicenza, 31 marzo 2024

† Giuliano vescovo

Video con gli auguri di Pasqua del Vescovo Giuliano