OMELIA NELLA S. MESSA DI NATALE Cattedrale di Vicenza, 25 dicembre 2022

Is 52,7-10; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18

 

Abbiamo ascoltato l’inizio del Vangelo di Giovanni. Ci è stata annunciata la nascita di Gesù con espressioni che potremmo chiamare poetiche. A commento ci vorrebbe altrettanta capacità poetica quale quella dell’autore ispirato. La poesia e l’arte toccano il cuore fanno vibrare le nostre emozioni e queste possono toccare il nostro vissuto e risvegliare desideri.

Venerdì sera, presso la nostra basilica dei Santi Felice e Fortunato, è stata riproposta la Messa in si minore del grande musicista J.S. Bach. Alle parole del Credo apostolico et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria virgine, et homo factus est, il coro cantava a ritmo più lento, una sorta di ninna nanna piena di dolcezza e bellezza; la musica induceva ad accogliere nella professione di fede l’Emmanuele il Dio con noi. Il movimento del canto diveniva quasi un tuono alle parole et ressurrexit tertia die che esprimevano una esplosione vita per indicare la vita nuova recata nel mondo dal Crocifisso-risorto. Un’opera d’arte musicale, come molte altre figurative, hanno interpretato il mistero dell’entrare nel mondo da parte di Dio. Un mistero pieno di luce, incontenibile, che attraversa la storia dagli inizi dei tempi ai nostri giorni e la proietta verso l’eternità.

 

Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace

Un popolo intero sta per essere liberato dall’oppressione e dalla deportazione a causa di conflitti tra governanti che cercano di allargare il proprio potere. Ma l’annuncio non è una semplice liberazione per essere finalmente liberi di vivere nella propria nazione. In Isaia viene annunciata una assoluta novità, la buona novella. Il messaggero annuncia al popolo che sarà personalmente Jahvè a guidare il suo popolo. Egli sostituirà i re terreni. Non dovranno temere il viaggio di ritorno a Gerusalemme da dove erano stati dispersi. Quel cammino avverrà sotto la protezione di Dio. Dunque Dio non solo invia messaggeri per annunciare la pace. Sarà Lui stesso il vero capo dell’esercito a protezione del resto di Israele che ritorna. Anche la città martoriata dalla guerra, Gerusalemme, è invitata con i suoi palazzi e le sue mura bombardate ad esultare di gioia: prorompete in canti di gioia rovine di Gerusalemme. Le parole di Isaia annunciavano una promessa di Dio. Ma questa quando si è avverata? Quando Dio si è fatto realmente presente per guidare il suo popolo?

 

Dio, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio

A questa domanda ci risponde l’autore della lettera agli Ebrei. Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Con la nascita di Gesù a Betlemme Dio ci ha parlato. Ma non ha detto delle parole perché ancora infante Gesù non poteva parlare. Eppure in quel bambino appena nato noi accogliamo la Parola che Dio ha voluto dire agli uomini. Quel bambino che è rappresentato nel presepio accanto a Maria e Giuseppe e nel presepio della nostra Cattedrale è adorato dai santi Maria Bertilla [Boscardin], il vescovo Giovanni Antonio [Farina], suor Giuseppina [Bakhita] è in verità l’Emmanuele, che significa Dio con noi.

Insieme ai santi e agli angeli siamo invitati anche noi ad adorarlo. Non adoriamo una statuetta, adoriamo Colui che quella statuetta rappresenta: Gesù Bambino che è nato e continua a nascere nell’umanità fino alla fine dei tempi. Lo adoriamo nell’Eucaristia che stiamo celebrando quando si renderà presente nel pane e nel vino raggiunti dallo Spirito Santo, divenuti così il Corpo e il Sangue di Gesù. Non dobbiamo dimenticare che Francesco d’Assisi volle il presepio nella notte di Natale per celebrare l’Eucaristia e così adorare il Dio con noi.

E se Dio ci ha parlato con la nascita di Gesù bambino, cioè prendendo la nostra umanità, la nostra carne, ciò significa che la nostra umanità è definitivamente abitata dalla presenza divina. Per questo noi riconosciamo in ogni essere umano, anche il più delinquente e farabutto un seme divino che è la sua dignità, davanti alla quale inchinarci rispettosamente. Qui sta la ragione per cui andrebbe cancellata la pena di morte inflitta a coloro che hanno commesso gravi crimini. Hanno una dignità intangibile ed necessario garantire loro la possibilità di cambiare rotta fino al termine della loro vita naturale.

 

Senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste

Il Vangelo di Giovanni ha tra i suoi protagonisti il discepolo amato che non ha un nome. È il discepolo che può portare il nome di ciascuno di noi. Meditando le vicende di Gesù e contemplando in preghiera la persona il quarto Vangelo scorge che l’uomo è stato creato a immagine di Gesù. Noi portiamo la sua impronta. Addirittura senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. Il volto più bello di noi risplende nella vita di Gesù, il Figlio di Dio.

E che cosa ne viene a noi se riconosciamo in Gesù l’Emmanuele? Noi non vivremo più in balia della paura di non essere nessuno di non contare nulla, di non avere chi ci ama. Noi avremo per sempre la possibilità di vivere da figli amati, discepoli amati. Chi sa di essere amato, vive riconciliato e diffonde attenzione, carità, benevolenza verso il prossimo.

Il Natale che oggi viviamo sia una nuova opportunità di riconoscere noi stessi, nella nostra dignità, nelle qualità che ci caratterizzano – tutti le possiedono – qualità che abbiamo ricevuto per essere trafficate e donate al nostro prossimo.

vescovo Giuliano