OMELIA PER LA SANTA MESSA NELLA NOTTE DI NATALE(Cattedrale di Vicenza, 24 dicembre 2014)

Porgo l’augurio di un santo Natale a tutti voi fratelli e sorelle, canonici, sacerdoti, diacono, consacrati e consacrate e a voi amici ascoltatori di Radio Oreb.
Siamo giunti alla notte del Santo Natale, nella gioia di chi accoglie il Signore Gesù. All’inizio di questa omelia desidero proporre all’attenzione del vostro cuore e della vostra mente un testo del Martirologio Romano, particolarmente caro alla tradizione francescana, chiamato Kalenda. La narrazione ci ricorda che la storia della nascita del Figlio di Dio, Gesù, passa attraverso le vicende, le fatiche e i “sì” di persone umane, da Abramo fino a Maria, uomini e donne che si fidano del Signore, aprendosi alla sua Parola.
Non solo, ma si passa anche per la storia: l’Olimpiade, la fondazione di Roma, gli anni dell’Impero di Augusto. Nulla – della storia – sfugge all’amore di Dio.
Ascoltiamo il testo della Kalenda:
«Trascorsi molti secoli dalla creazione del mondo, quando in principio Dio creò il cielo e la terra e plasmò l’uomo a sua immagine;
e molti secoli da quando – dopo il diluvio – l’Altissimo aveva fatto risplendere tra le nubi l’arcobaleno, segno di alleanza e di pace;
ventun secoli dopo che Abramo, nostro padre nella fede, emigrò dalla terra di Ur dei Caldei;
tredici secoli dopo l’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè;
circa mille anni dopo l’unzione regale di Davide;
nella sessantacinquesima settimana secondo la profezia di Daniele;
all’epoca della centonovantaquattresima Olimpiade;
nell’anno 752 dalla fondazione di Roma;
nel quarantaduesimo anno dell’Impero di Cesare Ottaviano Augusto;
mentre su tutta la terra regnava la pace, Gesù Cristo, Dio eterno e Figlio dell’eterno Padre, volendo santificare il mondo con la sua piissima venuta, concepito per opera dello Spirito Santo, trascorsi nove mesi, nasce in Betlemme di Giuda dalla Vergine Maria, fatto uomo: questo è il Natale di Nostro Signore Gesù Cristo secondo la natura umana
».
Le parole della Kalenda ci dicono con chiarezza che Dio è il Signore della Storia, egli entra nel tempo e nello spazio e a Lui sta a cuore tutta l’umanità. Nulla delle nostre vicende umane è indifferente a Dio: nemmeno il nome dell’Imperatore Romano, nemmeno gli atleti che si sfidavano in Grecia per l’alloro olimpico. Allora Dio non sarà indifferente nemmeno alle vicende più faticose e più gravi della nostra vita, delle persone che stanno attraversando la prova della sofferenza e della malattia, delle famiglie che vedono compromessa la propria dignità a causa delle difficoltà economiche, dei tanti giovani senza prospettiva di lavoro, da un paese che stenta a trovare il senso della legalità e della pace sociale, da una società che non vuole e non riesce a credere nella possibilità di arrivare ad una pace autentica e duratura, frutto della giustizia.
Nelle parole della Kalenda ci colpisce la puntigliosità, l’ostinazione con cui si descrivono i tempi e i fatti che hanno preceduto la nascita di Gesù a Betlemme. Qualcosa di simile ha fatto e scritto Luca nel Vangelo che è stato proclamato questa notte: “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città” (Lc 2,1).
L’evangelista Luca si preoccupa di dare al grande evento natalizio un’ambientazione storica e geografica: il tempo è quello in cui a Roma regna Cesare Augusto, l’imperatore celebrato in tutto l’impero per la sua audacia, mitezza, pietà e giustizia. È l’epoca d’oro cantata del Virgilio. È il tempo del censimento e questo evento, per Luca, assume un significato teologico. Gli serve per dichiarare solennemente che il Figlio di Dio si è inserito nella storia umana ed è diventato cittadino del mondo. Con queste annotazioni storiche e geografiche Luca vuole affermare che la nascita del Salvatore non è un mito da realizzare nel mondo delle parole ma un avvenimento reale, storico. Ma non è solo questo l’intendimento dell’evangelista, egli ci vuol far capire anche un’altra cosa importante: che i fatti e le persone ricordate erano quelle che erano. Dio per realizzare il suo progetto di salvezza non ha aspettato né i tempi, né le persone migliori.
Anche nelle famose genealogie riportate nei Vangeli di Matteo e di Luca, vi sono nomi di santi, di eroi, ma anche di tiranni, di donne peccatrici, di uomini ingiusti e violenti, nomi di assassini. Da loro e dalle loro viscere vennero Giuseppe, Maria ed il Signore Gesù. Dio non si ferma, né può essere fermato, dalla mediocrità o dalla cattiveria umana: se avesse aspettato o preteso che gli uomini fossero tutti giusti e santi, la Storia della Salvezza dovrebbe ancora cominciare.
Con quegli uomini e con quelle donne, con questi uomini e con queste donne, vale a dire con ciascuno di noi, Dio intende realizzare la sua storia, una storia di amore di verità, di giustizia e di pace. Anche noi, consapevoli dei nostri limiti e delle nostre miserie, ci incamminiamo come i pastori, per andare a contemplare “il bambino Gesù, avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,12).
I pastori non erano certamente gente semplice e buona, innocente e stimata. Erano agli occhi di tutti persone inattendibili ed impure, non potevano entrare nel tempio o deporre in tribunale. E perché proprio a loro il primo annuncio? Perché appartenenti a quella categoria degli ultimi e dei peccatori che Gesù sceglierà come la più aperta e la più disponibile ad accoglierlo.
Anche noi – in questa santissima notte di Natale – vogliamo accogliere nel nostro cuore, nelle nostre famiglie, nella nostra chiesa e nel nostro mondo Gesù, il Principe della pace.
All’inizio di questa solenne liturgia abbiamo cantato: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama” (Lc 2,14). Questo canto esprime l’anelito perenne ed insopprimibile del cuore umano: l’amore a Dio e l’impegno per la promozione della pace dentro di noi e fuori di noi. Una pace che è da costruire, giorno dopo giorno, con coscienza, serietà e fantasia.
Quest’anno la nostra comunità diocesana, e tanta parte della società civile, è stata chiamata a preparare in questi mesi e a partecipare nell’ultimo giorno dell’anno civile, il 31 dicembre, alla 47ª Marcia Nazionale della Pace proposta dei vescovi italiani, Pax Christi, dalla Caritas e dall’Azione Cattolica. Si svolgerà partendo dal Piazzale della Vittoria, davanti la Basilica di Monteberico, alle ore 16.30, concludendosi in cattedrale alle ore 22.30 con la messa presieduta dal vescovo.
La certezza che Dio ci ama e ci vuol salvare, che Dio non rifiuta la nostra storia, spesso confusa e tormentata, ma che è già presente in essa, ci accompagni ogni giorno della nostra vita: sia la nostra forza e la luce di speranza che illumina la nostra strada.
A tutti: buon Natale!

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza