Un saluto colmo di gioia e di gratitudine alla Madre generale, suor Emma, alla Madre provinciale, alle superiore e a tutte le suore maestre dorotee figlie dei sacri Cuori.
Un saluto fraterno ai canonici, ai sacerdoti, ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate e al carissimo Seminario. Infine, un saluto cordiale alle Autorità presenti e agli ascoltatori di Radio Oreb.
Carissimi, i santi e i beati della nostra Chiesa sono la nostra storia, i nostri padri e le nostre madri. Attraverso loro, nella catena delle generazioni, è stata trasmessa a ciascuno di noi la fede. Apparteniamo, dunque, ad una storia dalla lunga memoria e i santi, che ci hanno preceduto nel segno della fede, ci dicono: “Vi abbiamo consegnato Cristo e la sua speranza, non sprecate questo dono e siatene degni”.
Da quando ci è stata annunciata la canonizzazione di S. Giovanni Antonio Farina, non solo le suore maestre dorotee, da lui fondate, ma tante persone credenti, anche persone desiderose di dare un senso alla propria esistenza, hanno volto il loro cuore e la loro mente alla conoscenza di questo santo uomo, sacerdote e vescovo, che ha attraversato, con impegno e passione, anche nel senso della sofferenza, tutte le vicende complesse dell’Ottocento italiano e in particolare di quello veneto, dalle guerre di indipendenza all’unità d’Italia, essendo nato l’11 gennaio 1803 a Gambellara e morto a Vicenza il 4 marzo 1888.
Lo spirito del Signore ha suscitato nel Farina diversi carismi, che lui ha saputo mettere a frutto per il bene della Chiesa e della società. S. Paolo, nella Lettera ai Romani, ricorda che la comunità cristiana è pensata come un corpo, nel quale le membra esercitano funzioni diverse, ma tutte tendenti all’utilità comune, perché nessuno rappresenta la comunità in modo totale.
Durante la S. Messa che ho presieduto lunedì scorso nella Basilica di S. Maria Maggiore a Roma, ho fatto emergere il carisma dell’educatore. Questa sera vorrei considerare quello del pastore, alla luce del Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato.
La pagina evangelica presenta Gesù nel contesto dell’ultima cena, l’ultimo giorno della sua vita terrena, l’ “ora” verso la quale è protesa tutta la sua esistenza. Il discepolo di Gesù e, in modo particolare l’apostolo, è chiamato a “rimanere nell’amore di Cristo”. Rimanere nell’amore significa vivere nella comunione perfetta con Cristo e, attraverso di lui, con il Padre e di conseguenza con i fratelli. L’amore del discepolo, come quello di Gesù, si compie nel dare la vita per i fratelli; è un amore fino al dono di sé. Dare la vita per gli amici è la prova suprema dell’amore. Ma i discepoli del Signore vivono nel mondo e spesso sperimentano il contrario dell’amore, vale a dire l’odio: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me” (Gv 15,18); “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20b). Il servo non potrà avere una sorte migliore del suo padrone.
S. Giovanni Antonio ha vissuto pienamente questa pagina evangelica, come viene espresso molto bene nel prefazio che proclameremo tra poco: “In San Giovanni Antonio, ardente di carità attinta dal Cuore del tuo Figlio, ci hai dato un pastore infaticabile, un educatore sapiente, un vero padre dei poveri; reso forte dalle prove della vita, fu pieno di compassione per le sofferenze dei fratelli. Il suo esempio luminoso ci spinge ad amare fedelmente la Chiesa, collaborando all’edificazione del tuo regno”.
L’impegno del giovane prete Giovanni Antonio per l’educazione e la formazione delle giovinette povere, per le quali fondò l’Istituto delle Suore maestre dorotee figlie dei S.S. Cuori, non può farci dimenticare il suo lungo ed intenso ministero episcopale, durato 37 anni, di cui 9 nella Diocesi di Treviso e 28 nella Diocesi di Vicenza, fino alla morte. Come non ricordare le due visite pastorali a Treviso e a Vicenza, compiute con grande senso della carità pastorale e con notevole dispendio di energie, senza trascurare gli altri impegni pastorali. Ecco come si esprime uno storico del Farina: “Fece la visita pastorale in tutte le parrocchie, promosse la rinascita di una associazione di mutuo soccorso per l’assistenza di sacerdoti poveri, anziani, malati; fece costruire la casa del clero, ordinò ai parroci di spiegare dal pulpito le norme dietetiche e igieniche durante l’epidemia del colera, curò la formazione del clero e del popolo di Dio; indisse il Sinodo diocesano e le missioni al popolo, promosse la vita liturgica e la devozione alla Madonna di Monte Berico”. Nel ricordare questa intensa attività pastorale, da una parte ci si sente poveri e inadeguati, e dall’altra, con la grazia di Dio, ci si sente stimolati e incoraggiati a donare la propria vita a servizio della Chiesa e dei fratelli, soprattutto i più fragili, deboli, meno garantiti.
Con questa solenne celebrazione, nella festa di S. Giovanni Antonio Farina, fondatore delle Suore dorotee figlie dei S.S. Cuori, vogliamo dare inizio all’Anno della vita consacrata, in anticipo di due giorni rispetto all’apertura ufficiale, che si concluderà il 2 febbraio 2016. A 50 anni dal Concilio Vaticano II, la vita consacrata ha percorso un fecondo cammino di rinnovamento, non esente certo da difficoltà e fatiche, nell’impegno di seguire quanto l’Assise conciliare ha chiesto ai consacrati: fedeltà al Signore, alla Chiesa, al proprio carisma e all’uomo d’oggi.
Come Chiesa diocesana, in collaborazione con l’USMI (Unione superiore maggiori d’Italia), con il CISM (Conferenza italiana superiori maggiori) e con gli istituti secolari, cercheremo di aiutare sia i consacrati sia le nostre comunità, nelle loro varie componenti, a valorizzare opportunamente l’anno dedicato alla vita consacrata per suscitare una più viva consapevolezza di ciò che è e di ciò che deve testimoniare la vita consacrata nella Chiesa e per la Chiesa. In sintonia con la Lettera pastorale inviata alla Diocesi, dal titolo “Testimoni della gioia”, vi invito a focalizzare, durante quest’anno, l’attenzione alla vita consacrata considerando tre aspetti collegati alla categoria della gioia:
1) la gioia di una vita radicalmente evangelica. La bellezza della consacrazione genera la gioia di appartenere a Cristo e di vivere con lui e come lui;
2) la gioia della vita fraterna. La “sequela di Cristo” si attua nell’ambito della fraternità. Nelle quotidiane relazioni fraterne della comunità si vive la gioia e la fatica del rapporto con il fratello e la sorella, amico gradito e allo stesso tempo esigente, perché non sempre “amabile”;
3) la gioia della missione. Più cresce la “sequela di Cristo” nella comunità e più cresce la missionarietà: sequela, comunione e testimonianza evangelica vanno insieme.
Assicuriamo a tutti i consacrati e le consacrate la nostra preghiera, la nostra riconoscenza e il nostro affetto.
Concludo con la preghiera composta in onore di mons. Farina da mons. Pietro Nonis, mio predecessore recentemente scomparso: “Tu, Signore, hai fatto della sua lunga vita la misura di una universale carità, hai dato a S. Giovanni Antonio Farina l’arte di donarsi ai piccoli, ai poveri, ai malati. Egli ha risposto attuando con coraggio umile il tuo Vangelo, divenendo nella tua Chiesa, immagine vivente del tuo Amore. Amen”.
Vescovo di Vicenza
Ringraziamenti.
Ringraziamo Dio, Padre buono e misericordioso, datore di ogni bene, per il grande dono di un nuovo santo, Giovanni Antonio Farina, per la nostra Diocesi di Vicenza.
Ringraziamo le Suore maestre di S. Dorotea figlie dei S.S. Cuori di Gesù e Maria, che custodiscono con fedeltà e creatività il carisma del Farina, nella nostra Diocesi, ma anche in numerosi paesi del mondo.
Ringrazio, in modo speciale, suor Emma Dal Maso per la sua squisita sensibilità verso la mia persona come pure per i tanti segni concreti che ha offerto alla Diocesi in questo solenne evento della canonizzazione del Farina.
Ringrazio, in modo grato e riconoscente, suor Albarosa Bassani e gli eminenti storici (in primis il compianto prof. Gabriele De Rosa), che hanno saputo togliere le incrostazioni storiche, spesso ingiuste e immeritate, dentro le quali veniva letta e valutata la persona del vescovo Farina.
Ringrazio i genitori e i figli, i docenti che hanno partecipato a questo grande evento, in Piazza S. Pietro, nella Basilica di S. Maria Maggiore e qui in Cattedrale.
Ringrazio la Autorità cittadine, i miei sacerdoti, diaconi e tutto il Seminario.
Un ringraziamento speciale a tutti coloro che si sono adoperati, con intelligenza e generosità, nella preparazione delle celebrazioni, dei testi liturgici, della cappella dedicata ai santi vicentini, in modo particolare mons. Fabio Sottoriva e l’Ufficio liturgico diocesano.