Carissimi confratelli vescovi: Card. Ricardo, mons. Alessio e mons. Adriano;
carissimi presbiteri diocesani e religiosi, diaconi, consacrati e consacrate, seminaristi e voi tutti fratelli e sorelle, vi saluto con affetto e gratitudine.
Sono veramente contento di celebrare con voi la Santa Messa Crismale.
Rivolgo un saluto fraterno ai sacerdoti della Chiesa Ortodossa, al Pastore della Chiesa Valdese.
Un saluto cordiale a tutti coloro che partecipano, a distanza, a questa eucaristia, attraverso Radio Oreb e il Canale You Tube della Diocesi.
Oggi la Chiesa è in festa perché guarda con commossa riconoscenza al suo Signore che l’ha resa un popolo sacerdotale.
Nella prima lettura il profeta Isaia racconta la propria vocazione:
“Lo Spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri”.
Subito dopo, però, il profeta sposta l’attenzione sul popolo con queste parole:
“Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti”.
Il profeta, quindi, riceve un mandato che lo riguarda in prima persona, ma che coinvolge tutto il popolo.
La sua vocazione è per il popolo e si realizza nel popolo e con il popolo.
Un movimento analogo lo incontriamo nel vangelo.
Gesù nella sinagoga di Nazaret rilegge queste stesse parole di Isaia, le attualizza affermando che parlano proprio di lui e poco dopo il rifiuto dei suoi concittadini, egli chiama con sé i primi discepoli.
Lo stesso fenomeno lo riscontriamo nel brano dell’Apocalisse: “Gesù è testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra”, ma ha fatto di noi: “un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre”.
La sovranità universale del Risorto, trova un riverbero nel sacerdozio regale donato alla Chiesa. Dunque, il mandato che Cristo ha ricevuto dal Padre, lo condivide con noi.
Sta precisamente qui il motivo dello stupore e della riconoscenza che celebriamo quest’oggi. Lo stupore più grande sta nel fatto che Gesù, inviato dal Padre, conferisce il mandato messianico ai suoi discepoli, offrendo come garanzia precisamente la sua presenza in loro: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt 10,40).
Mi sembra che da queste considerazioni possano derivare alcuni atteggiamenti fondamentali per la nostra vita personale e comunitaria. Mi limito a segnalarne tre: gratitudine, umiltà e responsabilità.
Il primo atteggiamento deve essere quello della gratitudine, della riconoscenza, perché il Signore sceglie uomini e donne, limitati e fragili, per prolungare la sua presenza salvifica nel mondo. Nella vita sacramentale della Chiesa, nei santi segni che Cristo ci ha consegnato, lui stesso ci garantisce di essere in noi e in mezzo a noi. Gli olii che fra poco benediremo sono il segno della vita divina effusa in noi mediante i sacramenti.
L’umiltà è il secondo atteggiamento. Nessuno ha l’esclusiva di questo dono. Lo riceviamo insieme, in una modalità prettamente comunitaria. Ci salviamo insieme, oppure non ci salviamo affatto.
Anche gli accadimenti della tragica e folle vicenda della guerra ci ricordano che siamo un’unica famiglia e che dobbiamo procedere insieme su tutti i livelli: politico, economico, diplomatico, sociale ed ecclesiale.
Camminare insieme non è solo una questione che riguarda la Chiesa; ci stiamo accorgendo che “il cammino sinodale” tocca in qualche modo tutti gli aspetti e le dimensioni della vita di ogni singola persona e dell’intera comunità. Oggi la Chiesa ha bisogno di chi si fa umilmente compagno di viaggio insieme a tutti i fratelli e le sorelle, senza diventare “erranti cavalieri solitari”.
Infine la responsabilità. Se Cristo ci coinvolge nel suo mandato, ne deriva che anche siamo chiamati a “portare ai poveri il lieto annuncio, a rimettere in libertà gli oppressi e a consolare gli afflitti”. Queste parole di Isaia, fatte proprie da Gesù, risuonano, in questi giorni, con una sorprendente carica di attualità e di urgenza: il pensiero corre subito alla moltitudine di nostri fratelli e sorelle che fuggono dalla guerra e cercano riparo e accoglienza nelle nostre città e nei nostri paesi.
Sono grato al Signore per la corale e generosa risposta di solidarietà che si è levata anche nella nostra diocesi a favore degli sfollati ucraini. Questo è il modo con cui la Chiesa è chiamata a essere responsabile nell’ora drammatica che stiamo vivendo.
Tutto questo possiamo viverlo a condizione che non ci stanchiamo di coltivare rapporti di fraternità, di custodia reciproca, di partecipazione alle vicende gli uni degli altri, in altre parole, che continuiamo a sentirci parte di un popolo che cammina insieme. Solo a patto di sentirci Chiesa sinodale potremmo vivere appieno la gioia del mandato che il Signore ci ha conferito.
Allora sentiremo rivolte a noi le parole del profeta che abbiamo ascoltato come conclusione della prima lettura: “Coloro che li vedranno riconosceranno che essi sono la stirpe benedetta dal Signore”.
Che il Signore faccia anche della nostra Chiesa vicentina la stirpe da Lui benedetta!
Carissimi sacerdoti e diaconi desidero ringraziarvi per il generoso e infaticabile servizio che rendete alla Chiesa diocesana, soprattutto alle persone più fragili, più povere e meno garantite, alle persone costrette a fuggire dalla loro patria. Esprimo la mia gratitudine e la mia riconoscenza ai presbiteri diocesani e religiosi che festeggiano quest’anno un anniversario significativo della loro ordinazione.
Con gioia vi annuncio che, nella Chiesa Cattedrale, domenica 15 maggio ordinerò diacono, Emanuele Billo del nostro Seminario e che sabato 4 giugno, ordinerò presbitero il diacono Nicolò Rodighiero del nostro Seminario.
Un pensiero grato e affettuoso va ai nostri sacerdoti fidei donum che sono testimoni del Vangelo di Cristo in Brasile, in Mozambico, in Thailandia, in Algeria. Vogliamo ricordare, in modo particolare, i confratelli ammalati e coloro che il Signore ha chiamato a Sé nella sua dimora di luce e di pace.
Saluto e ringrazio i sacerdoti che prestano il loro servizio alla Santa Sede: un ricordo speciale nella preghiera è per il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano.
Ringrazio i sacerdoti provenienti da altre diocesi, italiane ed estere, presenti tra noi come collaboratori pastorali in qualche parrocchia o per servire le comunità di immigrati cattolici.
Una preghiera accorata rivolgiamo a Dio, Padre buono e misericordioso, per i sacerdoti che hanno lasciato il ministero e per quelli che stanno vivendo un tempo di crisi vocazionale.
Prepariamoci ora a rinnovare le promesse sacerdotali, fatte il giorno della nostra Ordinazione. Le rinnoviamo davanti ai fedeli, ai quali chiediamo di pregare per noi. E voi, sacerdoti e diaconi, consacrati e fedeli, pregate anche per me, affinché sia fedele al compito che mi è stato chiesto.
Invochiamo l’intercessione materna della Madonna di Monte Berico su ciascuno di noi, sulle nostre comunità e su tutte le persone che vivono nel territorio della nostra diocesi. Amen!