SANTA MESSA DEL CRISMA(Chiesa Cattedrale di Vicenza, giovedì 17 aprile 2014)


 


Carissimi confratelli vescovi Pietro e Agostino,


carissimi sacerdoti, consacrati e consacrate,


diaconi, ministri istituiti, seminaristi,


cresimandi, ascoltatori di Radio Oreb e fedeli tutti,


un saluto riconoscente rivolgo


ai reverendi presbiteri della Chiesa Ortodossa,


 


siamo stati convocati nella chiesa Cattedrale per partecipare alla Messa Crismale, porta d’ingresso del Santo Triduo Pasquale.


La celebrazione della Santa Messa del Crisma unisce in intima comunione con Cristo, l’intero popolo di Dio che partecipa ‘ nel Battesimo ‘ al suo sacerdozio regale. Ma, in modo tutto speciale, intensifica la comunione del presbiterio con il proprio Vescovo e la comunione del Vescovo con il suo presbiterio.


 


         Nel brano del Vangelo che abbiamo proclamato e ascoltato, l’evangelista Luca ci ricorda che l’inizio dell’attività pubblica di Gesù si colloca a Nazaret, lo stesso luogo dove avvenne l’annuncio a Maria, la Madre di Gesù. Si crea, così, un parallelo evidente tra l’origine della vita terrena di Gesù e l’origine della sua missione pubblica, sempre sotto l’azione dello Spirito Santo.


 


         L’autore intravede nel discorso di Gesù nella sinagoga di Nazaret, l’intera sua missione, il suo operare e il suo insegnare. Gesù annuncia con parola efficace la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi e la libertà agli oppressi. Si tratta di un annuncio di liberazione dai mali fisici, spirituali e sociali. La Chiesa è invitata ad assumere questo annuncio di liberazione, che non può certo rimanere relegato nelle belle intenzioni, nei bei discorsi pronunciati, ma deve diventare ‘cultura’, ossia modo di pensare e di agire dentro la Chiesa stessa, nella società e nel mondo.


 


         Il brano evangelico si conclude osservando che ‘gli occhi di tutti erano fissi su di lui‘ (Lc 4,20). Si tratta di uno sguardo carico di stupore e di attesa tutta concentrata su Gesù. Come vorremmo che la Chiesa, oggi, fosse così: una comunità di uomini e di donne ‘con gli occhi fissi su di lui’, come ci raccomanda la Lettera agli Ebrei, ‘tenete fisso lo sguardo su Gesù, colui che da origine alla fede e la porta a compimento‘ (Eb 12,2). Anche noi siamo chiamati ad assumere e a testimoniare la dimensione contemplativa del nostro ministero. La Chiesa diocesana, non ha nessun altro fascino o incanto, se non quello del suo Sposo e Maestro. Essa non smette mai di stupirsi di Gesù, ascoltato nella Parola, contemplato e ricevuto nell’Eucaristia.


 


  Ogni presbitero rivive, oggi, con la mente e con il cuore il giorno dell’ordinazione. Dopo il canto delle litanie dei Santi e dopo esserci prostrati a terra, il Vescovo ha imposto su ciascuno di noi le sue mani, in profondo silenzio. E allora abbiamo sentito realizzarsi in noi le parole del profeta Isaia: ‘Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio‘.


 


         Carissimi, dopo aver riflettuto ‘ nei due anni precedenti ‘ sulle promesse sacerdotali dell’obbedienza e della povertà, quest’anno vorrei fermarmi con voi a meditare sulla promessa del celibato, compiuta già con l’ordinazione diaconale, rispondendo affermativamente alla domanda del Vescovo: ‘Voi siete pronti a vivere nel celibato: volete in segno della vostra totale dedizione a Cristo Signore, custodire per sempre questo impegno per il regno dei cieli a servizio di Dio e degli uomini?‘.


 


         In questa riflessione, vorrei partire da un versetto del salmo 16 che recita così: ‘Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita‘ (Sal 16,5).


Questo versetto allude alla distribuzione della Terra Santa alla tribù di Israele, mediante il sorteggio. Solo la tribù sacerdotale di Levi non riceve alcun terreno: la sua terra è Dio stesso. Il vero fondamento della vita sacerdotale, la terra della sua esistenza è Dio stesso. Noi siamo chiamati a dire anche oggi: ‘Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita‘. Se in una vita sacerdotale si perde questa centralità di Dio, si svuota lentamente anche il senso della carità pastorale. Viene a mancare il ‘terreno’ sul quale il servizio pastorale può stare e prosperare.


         Il celibato per i sacerdoti e i vescovi nella Chiesa latina e per i vescovi nella Chiesa orientale può essere compreso e vissuto, solo in base a questa convinzione di fondo. Le ragioni solamente pragmatiche, il riferimento alla maggior disponibilità di tempo, non bastano. Il nostro celibato non significa rimanere privi di amore, ma significa lasciarsi prendere dalla passione per Dio, ed imparare ‘ grazie ad un più intimo stare con lui ‘ a servire meglio i fratelli. Il celibato è, quindi, una testimonianza di fede, un poggiare la nostra vita su di lui nel modo più concreto e radicale possibile.


 


         Papa Benedetto XVI affermava: ‘Il nostro mondo ha bisogno della testimonianza di sacerdoti che accolgono Dio come la terra su cui fondano la loro esistenza‘.   


Il motivo più convincente per il celibato è il fatto che il Signore stesso ha scelto questo modo di vivere e di amare. C’è anche un legame decisivo tra il celibato di Cristo e il dono della sua vita nell’Eucaristia. L’Eucaristia è il segno sacramentale che Cristo vuole donare tutto se stesso per tutti gli uomini e le donne di questo mondo. Gesù consegna la sua vita alla sua comunità in modo che essa possa disporre di lui totalmente. Anche noi sacerdoti che celebriamo l’Eucaristia vogliamo imitare il Signore amando i nostri fratelli e le nostre sorelle nel dono totale, indiviso della nostra vita per loro.


 


         Per accogliere e vivere il dono, il carisma, del celibato abbiamo bisogno di una preparazione accurata durante il cammino formativo nella comunità parrocchiale prima e nel seminario poi. Occorre, inoltre, un accompagnamento costante di amici sacerdoti e laici, uomini e donne, che ci sostengano in questa testimonianza sacerdotale. Occorre la preghiera che ci tenga in continua comunione con il Signore e che ci radichi in lui, nelle ore di confusione e smarrimento come nelle ore di gioia e di consolazione. Possiamo, allora, affermare che il dono a Dio della nostra volontà (l’obbedienza), il dono dei nostri beni materiali e spirituali (la povertà) e il dono del nostro corpo (il celibato) esprimono pienamente la verità della persona consacrata che non vuole tenere niente per se stessa, ma vuole donarsi al Signore senza riserve.


 


         Carissimi presbiteri, desidero ‘ prima di tutto ‘ ringraziarvi per il generoso e infaticabile servizio che rendete alla nostra Chiesa diocesana e anche alla società civile, soprattutto alle persone più deboli, più povere e meno garantite. Esprimo la mia gratitudine e riconoscenza ai confratelli vescovi, Pietro e Agostino, a tutti i ministri ordinati, in modo particolare ai presbiteri che festeggiano quest’anno l’anniversario della loro ordinazione.


 


         Un ringraziamento sentito e sincero rivolgo al vicario generale, monsignor Lodovico Furian ‘ che celebra il 50° di ordinazione sacerdotale ‘ per la sua fedele, intelligente e generosa dedizione alla vita e alla missione della nostra Chiesa.


 


         Un pensiero affettuoso e riconoscente va ai nostri sacerdoti fidei donum, testimoni fedeli del Vangelo di Cristo in Brasile, in Camerun e in Thailandia. In questo momento, così carico di significato e di comunione ecclesiale, vi rinnovo l’invito ad una insistente ed accorata preghiera al Signore per la liberazione dei nostri amatissimi sacerdoti don Gianantonio Allegri e don Giampaolo Marta e Suor Gilberte. Partecipiamo alla loro passione, in questa Settimana Santa, e alla passione del popolo africano e di tante altre popolazioni del nostro pianeta, afflitte da situazioni di violenza, di oppressione e di guerra. Una preghiera particolare chiedo per la grave situazione in cui si trova il popolo ucraino.


 


         Vogliamo ricordare i nostri confratelli ammalati e coloro che il Signore ha chiamato a sé nella sua dimora di luce e di pace.


 


         Saluto e ringrazio i sacerdoti che prestano il loro servizio alla Chiesa italiana o alla Santa Sede. Un ricordo tutto particolare per il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. E così pure ringrazio i preti provenienti da diocesi lontane, che sono tra noi per servire la comunità di immigrati cattolici. Una preghiera rivolgiamo insieme al Signore per i sacerdoti che hanno lasciato il ministero.


 


         Prepariamoci ora a rinnovare le promesse sacerdotali fatte il giorno dell’ordinazione. Le rinnoviamo davanti ai nostri fedeli, ai quali chiediamo di pregare per noi e voi pregate anche per me, affinché sia fedele al servizio che mi è stato chiesto.


         Desidero, infine, affidare tutti voi, fratelli presbiteri, in modo particolare gli ammalati, all’intercessione materna di Maria, la nostra Madonna di Monte Berico.


        


Ai fedeli qui presenti auguro una partecipazione intensa e profonda ai riti del Triduo Pasquale. Amen.