Il Vescovo ai novelli preti: “Sono necessarie tre fiamme: preghiera, servizio e comunione fraterna”

Omelia del vescovo Giuliano per l'ordinazione presbiterale di Lamberto Menti e Sebastiano Pellizzari

OMELIA nella Celebrazione Eucaristica della XXV domenica “per annum”

con l’ordinazione presbiterale dei diaconi Lamberto Menti e Sebastiano Pellizzari

Cattedrale, 21 settembre 2024

Letture: Sap 2,12.17-20; Sal 53; Giac 3,16-4,3; Mc 9,30-37

Fratelli e sorelle carissimi, i diaconi Lamberto e Sebastiano sono stati chiamati all’ordine del presbiterato. Riflettiamo attentamente a quale ministero saranno “elevati” nella Chiesa. Già il termine “elevati” potrebbe far pensare ad una carica più alta degli altri fedeli, o addirittura ad un miglioramento della condizione sociale o di una rassicurante condizione economica. Elevati nel senso di uno stare al di sopra degli altri presumendo di avere una autorità assoluta all’interno della comunità.

Preti che non si sentono parte del popolo di Dio, bensì una categoria a parte; una categoria “sacra” nel senso di “separata” da quella degli uomini e delle donne di questo nostro tempo. Una separazione che può diventare anche una somma di privilegi rispetto alle altre vocazioni soprattutto a quella matrimoniale con le dovute responsabilità che le accompagna nell’accoglienza ed educazione dei figli. La tentazione per noi celibi di condurre una vita da “single” è canto seducente di sirena sulla soglia della nostra casa.

Questa concezione è del tutto contradditoria con l’insegnamento evangelico appena proclamato.

Gesù ha chiamato gli apostoli a seguirlo per donare loro la possibilità di condividere la missione che il Padre gli ha affidato. E loro rispondono con prontezza. Ma la risposta iniziale non basta. Perciò Gesù li accompagna da buon Maestro a “comprendere” quale è realmente il disegno di Dio Padre: Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà. L’evangelista annota: Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Questa situazione ci avverte che aver accolto la chiamata di Gesù a seguirlo non significa aver compreso tutto di Lui. Ma chi non capisce, domanda. Invece i discepoli “avevano timore di interrogarlo”. Forse perché Pietro ha avuto il coraggio di reagire in un annuncio precedente ricevendo un forte rimprovero da parte di Gesù

In altre parole i discepoli non capiscono e invece di continuare a cercare mettono da parte le loro domande. Così facendo non resta a loro che continuare con i propri ragionamenti. E quali ragionamenti? Si chiedono chi di loro è più importante. Chi viene prima! Chi sta più in alto! Sono quei ragionamenti che l’apostolo Giacomo conosce bene perché fanno nascere sentimenti di gelosia generando la corsa ai primi posti per spirito di contesa.

Sono situazioni che possiamo verificare non solo nel mondo ma pure dentro la Chiesa: nelle nostre comunità cristiane, nelle nostre famiglie e perfino nelle comunità religiose, nel presbiterio, tra vescovi e cardinali.

Possiamo ritenere che questa resistenza degli apostoli sia stata volutamente narrata nel Vangelo per avvertirci che nessuno può considerarsi esente da una tale tentazione.

Carissimi diaconi Lamberto e Sebastiano, il 17 settembre scorso si è fatto memoria di un evento che ha coinvolto in modo singolare Francesco d’Assisi. Nelle vicinanze della festa della Santa Croce frate Francesco desideroso di raccogliersi nel silenzio e in preghiera due anni prima di morire si recò presso la Verna. Ricordano le Fonti Francescane che frate Leone udì più volte Francesco che si chiedeva raccolto in preghiera: Chi sei tu o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile tuo servo? (FF 1915).

Viene spontaneo pensare: proprio tu Francesco che hai lasciato tutto e hai abbracciato il lebbroso con grande carità, tu che hai sentito il Crocifisso nella chiesa di san Damiano chiederti “ripara la mia casa”, tu non sai ancora chi è Dio e chi sei tu? Forse possiamo dire che Francesco non ha mai smesso di cercare Dio e se stesso. Non ha avuto paura di chiedere al suo Signore di aprirgli gli occhi, gli orecchi e il cuore al mistero della sua pasqua: così ricevette le stimmate ed è diventato “un altro Cristo” – come afferma Dante nel Paradiso (Canto XI).

Carissimi diaconi tra poco nuovi presbiteri, ci saranno tanti momenti nella vostra vita – esperienze di gioia, occasioni di crisi, situazioni di sofferenza, avvenimenti luttuosi – e sempre è necessario tornare a chiedere al Signore, a volte con entusiasmo altre volte con trepidante inquietudine: “Chi sei tu Signore Dio che mi concedi di stare in questa situazione? E chi sono io creato a tua immagine, così fragile e ferito?”.

Si potrebbe dire che questa ricerca incessante di Dio e di se stessi in Lui, è il cammino di santità al quale siamo chiamati. A questo proposito il Concilio Vaticano II ci ha aiutato a comprendere che il prete diocesano non deve necessariamente rincorrere spiritualità particolari: «I presbiteri raggiungeranno la santità nel loro modo proprio se nello Spirito di Cristo eserciteranno le proprie funzioni con impegno sincero e instancabile» (Presbyterorum ordinis 13). Gli impegni del ministero – la predicazione, la celebrazione Eucaristica, il perdonare i peccati, l’attenzione ai poveri… – sono il luogo principale e fondamentale del nostro e vostro cammino di santità, che possiamo chiamare la formazione permanente.

Ma è necessario che restino vive tre fiamme.

La fiamma che illumina della preghiera personale e comunitaria, alimentata dall’ascolto orante quotidiano della Parola di Dio. Non formalismi, o doveri morali, bensì ricerca mai conclusa della relazione con Cristo, amato con tutto il cuore e con tutti gli affetti. È Lui che ci coinvolge nell’Amore della comunione Trinitaria.

La fiamma che accende altre vite mediante il servizio. «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». Un servizio appassionato verso le persone delle comunità alle quali sarete inviati. Servitori “di tutti”, soprattutto di coloro che – come i bambini al tempo di Gesù – non contano o vengono esclusi, spesso privati dei loro diritti fondamentali come gli stranieri, i diversamente abili, i senza fissa dimora, i carcerati…

La fiamma che riscalda nella comunione fraterna specialmente con il presbiterio diocesano affidato alla cura del vescovo. La comunione presbiterale non cresce per inerzia, essa come la pianta richiede di essere coltivata incessantemente con la stima, vicinanza, amicizia, solidarietà.

Cari Lamberto e Sebastiano, voi oggi venite “elevati” al presbiterato. Se si può parlare di condizione “elevata” del presbitero potremmo riferirci all’elevazione del pane e vino consacrati. Diventando presbiteri verrete innalzati sì, ma alla maniera di Cristo sull’altare. La gente cercherà in voi un “altro Cristo” innalzato sulla croce per rivelare la pienezza dell’amore di Dio.

Maria, umile serva del Signore, che nel Magnificat ha riconosciuto l’azione di Dio che depone i potenti dai troni e innalza gli umili, sia Lei ad accompagnare i vostri passi nel ministero.

La vostra testimonianza gioiosa di presbiteri aiuti altri ragazzi – giovani e adulti a rispondere alla chiamata che ancora oggi rivolge al servizio delle comunità come presbiteri.

† vescovo Giuliano