“Che cosa cercate?”

Lettera Pastorale alla Diocesi di Vicenza
Per l'anno 2017-2018
 
Ai fratelli e sorelle
della Chiesa di Dio
che è in Vicenza
ai consacrati e consacrate
ai preti e diaconi che la servono.
 
 
 
INTRODUZIONE
 
Carissimi, carissime
«rendo grazie a Dio ogni volta che mi ricordo di voi. Sempre quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia, a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo» (Fil 1,3-5). Il cammino sinodale della nostra diocesi di Vicenza continua con il dono di un nuovo anno pastorale, scandito dai tempi e dai ritmi delle solennità e delle  feste dell’anno liturgico, che ha il suo centro e il suo culmine nella Domenica di Pasqua. Teniamo sempre come orizzonte per il rinnovamento della nostra Chiesa diocesana l’espressione che abbiamo formulato a partire dall’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco: una nuova presenza della Chiesa nel territorio, con un nuovo volto e un nuovo stile. Nell’anno pastorale appena concluso abbiamo concentrato la nostra riflessione e la nostra azione sul tema delle unità pastorali, intese — prima di tutto — come testimonianza di comunione ecclesiale, come impegno per l’evangelizzazione e come nuova proposta organizzativa dell’intera diocesi. Dopo una intensa e capillare consultazione dei battezzati laici attraverso i consigli pastorali parrocchiali e vicariali, dei consacrati, della comunità diaconale e presbiterale, saremo chiamati a raccogliere le riflessioni e le proposte in sintetiche enunciazioni, chiamate “proposizioni”, per una ulteriore verifica in vista della stesura di una nuova Nota pastorale, come continuazione del cammino trentennale dell’esperienza delle unità pastorali in diocesi. Nel nuovo anno pastorale — accogliendo l’invito del Santo Padre — vogliamo porre al centro della nostra riflessione i giovani della nostra diocesi e del nostro territorio, nella prospettiva di dare un contributo ai Vescovi che saranno chiamati a riunirsi nel Sinodo dell’ottobre 2018 sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Mi rivolgo, dunque, a tutte le comunità cristiane e in modo speciale a voi giovani, uomini e donne, per invitarvi a cogliere questa ulteriore e salutare “provocazione” che ci viene da Papa Francesco con queste parole tratte dalla sua lettera ai giovani in occasione della presentazione del Documento preparatorio della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi: «Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità. Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori. San Benedetto raccomandava agli abati di consultare anche i giovani prima di ogni scelta importante, perché «spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore» (Regola di San Benedetto III, 3). Così, anche attraverso il cammino di questo Sinodo, io e i miei fratelli Vescovi vogliamo diventare ancor più «collaboratori della vostra gioia» (2 Cor 1,24). Vi affido a Maria di Nazareth, una giovane come voi a cui Dio ha rivolto il Suo sguardo amorevole, perché vi prenda per mano e vi guidi alla gioia di un «Eccomi» pieno e generoso (cfr Lc 1,38)». «Lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino è la tua Parola» (cfr. Sal 119). Come ogni anno, desidero iniziare questa Lettera pastorale proponendovi una icona evangelica sulla quale meditare, per trarre luce, forza e ispirazione per il cammino sinodale di questo anno pastorale. Nella lettera indirizzata ai giovani in vista del Sinodo a loro dedicato, il Papa ha ricordato l’episodio del Vangelo di Giovanni in cui Gesù osservando che due discepoli di Giovanni Battista lo seguivano, disse loro: «che cosa cercate?» (Gv 1,38). Come vorrei che questa domanda ineludibile accompagnasse sempre il cammino della vita di noi adulti e la vostra vita di giovani, per arrivare al punto decisivo di chiederci, come singoli e come comunità, “chi cercate?”. Per rispondere adeguatamente a queste domande cerchiamo di metterci in ascolto del brano evangelico, provando a chiederci quale ritratto di Gesù possa emergere da questi primi versetti del Quarto Vangelo, e – di conseguenza – quale ritratto di discepolo.
 
L’episodio (Gv 1,35-42)
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro. Nel “terzo giorno” della settimana inaugurale della sua vita pubblica, leggiamo i primi incontri di Gesù. L’episodio che ci viene proposto è interamente attraversato da un intreccio di sguardi assai singolare. Il primo sguardo è del Battista: vedendo Gesù che passava, lo riconosce come il messia atteso. I due discepoli, fidandosi della sua testimonianza, seguono Gesù e quel pomeriggio si fermano a lungo con Lui. Uno dei due, Andrea, riferisce il fatto al fratello Pietro e lo conduce da Gesù. Questi guardandolo intensamente, gli cambia il nome. Ecco gli inizi di una relazione di amicizia, che legherà per sempre queste persone al Messia di Nazareth e che presto coinvolgerà altre persone (Pietro, Filippo e Natanaele). Ricordiamo quanto scrisse papa Benedetto XVI nell’introduzione all’enciclica “Deus Caritas est”: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva 1.
 

 1. Il primo incontro (vv. 36-37)
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Il primo soggetto è il Battista che, di per sé, sembra non fare assolutamente nulla. Egli semplicemente vede Gesù e lo indica come l’Agnello di Dio. Non lo saluta per nome, ma per la missione ricevuta: «Ecco l’agnello di Dio». L’immagine è piuttosto drammatica, in quanto richiama l’agnello sgozzato negli atti di culto al tempio, preannunziando l’offerta che Gesù farà della sua vita per noi, fino a vincere la morte. Fin dall’inizio, dunque, Gesù è salutato e indicato come l’Agnello che dona la vita e vince il male. All’udire queste parole, due discepoli di Giovanni abbandonano il loro primo maestro, per porsi alla sequela di questo nuovo e misterioso maestro: «E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù» (v. 37). Con molta libertà interiore, il Battista favorisce la separazione da sè, per una adesione al nuovo maestro. Più avanti, avrà modo di affermare: “Lui deve crescere; io, invece, diminuire” (Gv 3,30). Per imparare a camminare con le loro gambe, fare le scelte giuste e diventare autonomi, i discepoli hanno bisogno della parola di una guida, che, dopo un periodo di vita assieme, li stacchi da sé. Il Battista indica Gesù ai due suoi discepoli dopo aver «fissato lo sguardo su di Lui». Ciò significa che si è in grado di testimoniare efficacemente la propria fede agli altri solamente dopo aver contemplato il mistero della persona di Cristo. Così, la pastorale giovanile – e ogni altra iniziativa che coinvolge i giovani ed è loro indirizzata – deve scaturire da una intensa, prolungata contemplazione di Gesù, altrimenti corre il rischio di restare vuota e senza un’anima. Qualsiasi strategia pastorale a favore dei giovani è autentica solo se nasce da una contemplazione prolungata del volto di Gesù. Da qui nasce anche un quesito: le comunità cristiane sanno creare tempi e luoghi in cui diventa possibile incontrare
“il Cristo che passa”? In particolare, nelle varie attività proposte ai giovani, quale posto occupa la contemplazione di Gesù Salvatore dell’uomo (Agnello di Dio che porta il peccato del mondo)? Si ha la chiara consapevolezza che la realtà in assoluto più bella che possiamo donare ai giovani è Gesù stesso? Il nostro annuncio mostra la convinzione che Gesù è la risposta alle più autentiche aspirazioni e inquietudini dell’animo umano, e quindi anche di quello delle giovani generazioni?
 
 2. La ricerca (38a)
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gesù si accorge dei due che lo seguono e chiede loro: «Che cosa cercate?» (v. 38). Sono le prime parole di Gesù nel quarto vangelo. Questo è sorprendente: Gesù, la Verità, non inizia con affermazioni o proclami, non offre subito risposte; piuttosto egli rispettosamente pone una domanda. Di fatto, l’affermazione chiude, ha la pretesa di definire i limiti della questione e in qualche modo blocca il dialogo. La domanda, invece, rispetta l’altro, apre al confronto e valorizza la libertà. La domanda stessa è ricca di senso e di significato, facendo da inclusione all’inizio e alla fine dell’intero vangelo di Giovanni, precisamente in due occasioni: alle guardie, accorse nel Getsemani per arrestarlo, Gesù chiede ben due volte: «Chi cercate?» (Gv 18,4.7); e poi, nei pressi del sepolcro vuoto, alla Maddalena in lacrime per la sua morte e per lo smarrimento del suo cadavere, Gesù risorto chiede «Chi cerchi?» (Gv 20,15). Si tratta dunque di una domanda che caratterizza l’intero vangelo di Giovanni, e che pone l’accento sulla ricerca. Nello stesso tempo, indica il cammino di questa ricerca: si passa dal cercare qualcosa al cercare qualcuno, dal «cosa» cerchi al «chi» cerchi. Fin dal primo incontro, Gesù sembra voler suscitare e intercettare questo interrogativo radicale (domanda di senso e di relazione), presente in particolare nel cuore dei giovani. Oggi è un po’ di moda definirsi “in ricerca”, ed è pur vero che le persone portano in cuore molte domande ed aspirazioni. Se c’è una categoria che più di altre può definirsi “in ricerca” è proprio quella dei giovani. In cerca del giusto itinerario scolastico e accademico da compiere, in cerca del lavoro per mantenersi ed acquisire la desiderata autonomia, in cerca di amicizie autentiche, in cerca della persona giusta da amare e con la quale condividere la propria esistenza. Ma dentro a queste domande c’è il quesito radicale circa il senso della propria esistenza: qual è la giusta causa a cui donare la vita? A tale riguardo la Chiesa diocesana, attraverso la pastorale giovanile e vocazionale, desidera offrire luoghi e persone in grado di suscitare e accompagnare precisamente questo bisogno profondo di ricerca.
 
 
____________________
Note:
1BENEDETTO XVI, Deus caritas est, 25 dicembre 2005, n.1.
 
 
 
 
 
Pagina 123
 
07/09/2016