“Cosa significa questo?” (Atti, 2,12) Condividere il cammino tra stupore e perplessità

“Cosa significa questo?” (Atti, 2,12)

Condividere il cammino tra stupore e perplessità

Lettera pastorale del Vescovo Giuliano

A tutti voi, fratelli e sorelle carissimi della Chiesa di Dio che è in Vicenza e a tutti gli uomini di buona volontà, grazia e pace nel Signore nostro Gesù Cristo.

Ringrazio Dio Padre con voi: Egli non smette di interpellarci attraverso le esperienze che ci dona di vivere grazie all’azione dello Spirito d’Amore che ci tiene uniti a Gesù Cristo suo Figlio e nostro fratello.

  1. Il dono di nuovi beati

Il 18 agosto scorso, presso la cattedrale all’aperto della diocesi di Uvira (Congo), una folla di uomini, donne e bambini, giunti anche da molto lontano, hanno cantato e danzato per la beatificazione di quattro martiri chiamati “martiri della fraternità”.

Tre sono missionari saveriani: fratel Vittorio Faccin partito per la missione da Villaverla, padre Giovanni Didonè originario di Cusinati (frazione di Rosà) e trasferitosi ancora ragazzo a Ca’ Onorai (frazione di Cittadella), padre Luigi Carrara della diocesi di Bergamo; il quarto martire è un prete diocesano congolese della diocesi di Uvira, Albert Joubert.

Essi furono uccisi il 28 novembre 1964 durante la ribellione mulelista contro il Governo congolese: due nella missione di Baraka e gli altri due nella missione di Fizi. Nel clima violento dei primi anni ‘60, mentre gli europei e la gran parte dei missionari cattolici e protestanti lasciavano il Congo, i saveriani decisero invece di rimanere accanto al popolo.

Quel che avvenne quel 28 novembre è stato così ricostruito dal “Dicastero delle Cause dei Santi”.

Quattro missionari hanno donato la vita per amore di Dio e del suo popolo.

Per i nostri fratelli e sorelle che vivono nella Repubblica Democratica del Congo, Paese splendido e ricco di materie preziose che ancora non conosce pace, la beatificazione dei “martiri della fraternità” (così li hanno definiti perché hanno vissuto tra di loro la fratellanza e donando la vita l’hanno fatta crescere nelle comunità ecclesiali e civili) ha rappresentato un annuncio lieto e pieno di speranza, perché essi seppero affrontare l’odio e la violenza con il coraggio della mitezza e la forza dell’amore.

«Basta con le violenze! Basta con le barbarie! – ha implorato il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa durante il rito di beatificazione – Basta con le uccisioni e le morti sul suolo congolese e nella sub-regione dei Grandi Laghi. Le violenze e le guerre sono frutto della stoltezza. Sono condotte da persone che si allontanano dal cammino dell’intelligenza, da gente insensata, che non ha né timore di Dio, né rispetto per l’uomo, creato a immagine di Dio!». I nuovi beati – ha aggiunto il cardinale – sono per noi “modelli di vita cristiana”, «scelsero di testimoniare la loro fraternità evangelica rimanendo accanto ai loro fedeli fino all’effusione del sangue. Da allora, il loro sangue è diventato “una semente” per l’evangelizzazione profonda della Repubblica Democratica del Congo e di tutta la Chiesa».

  1. “Che cosa significa questo?”

“Che cosa significa questo” per noi cristiani e cittadini di Vicenza? Quello che è accaduto a fratel Vittorio e a padre Didonè ci riguarda? E il riconoscimento da parte della Chiesa dei “martiri della fraternità”, dichiarati beati e quindi consegnati a noi come testimoni e modelli di vita evangelica, è una Parola che Dio rivolge alla nostra chiesa e terra vicentina? Come può dire il cardinale di Kinshasa che il sangue dei quattro martiri è diventato “una semente” di evangelizzazione, non solo per il Congo, bensì per tutta la Chiesa? Che cosa significa questo?

“Che cosa significa questo?”, è la domanda che si pongono alcuni presenti nella città di Gerusalemme, provenienti da diverse parti del mondo, quando sentirono gli apostoli parlare in tante lingue delle grandi opere di Dio (At 2,11). La folla era composta da romani, cretesi, arabi, egiziani e molte altre etnie e nazioni, ma tutti erano coinvolti in ciò che accadeva. Come se un vento avesse raggiunto tutti suscitando insieme due sentimenti contrastanti: stupore e perplessità.

Stupore per il fatto che quelle stesse persone così piene di entusiasmo, in precedenza erano colte da grande timore e rimanevano chiuse in preghiera nel cenacolo. Un piccolo gruppo composto dagli undici apostoli – Giuda non c’era più – insieme a Maria, alcune donne e alcuni parenti di Gesù. Ora sembrano totalmente trasformati. In città, cinquanta giorni prima, si era creato un grande sconcerto. Tutti avevano sentito parlare di ciò che era accaduto. Un uomo buono, che si faceva carico delle situazioni di fragilità e malattia, era stato accusato di “blasfemia” perché si dichiarava “figlio di Dio”, l’unto, il “messia” parlando della vicinanza di Dio e del suo regno. Quell’uomo era stato condannato a morte, flagellato e crocifisso come uno dei peggiori malfattori. I suoi amici avevano assistito un po’ a distanza a tutto questo ed erano pieni di tristezza per quanto era accaduto. Ma adesso che cosa era avvenuto? Come mai sono così pieni di forza da sembrare degli “esaltati”? Alcuni li prendevano gioco di loro dicendo “Sono ubriachi di vino dolce” (At 2, 12).

Insieme allo stupore c’era pure qualche perplessità perché non si comprendeva bene dove volessero condurre la gente questi uomini totalmente trasformati nello spirito. Sarà emozione passeggera? Tra qualche giorno tutto sarà più tranquillo? La città di Gerusalemme non aveva di certo bisogno di nuove tensioni sociali, sommosse e condanne a morte. E la domanda era sulla bocca di molti: “che cosa significa tutto questo?” Si cercava il senso di quello che era accaduto. Il “Maestro” non si era più visto dopo la sua morte, anche se alcuni affermavano di averlo incontrato con il suo corpo segnato dalle ferite, ma in una condizione nuova difficile da spiegare. Alcune donne e pure alcuni discepoli avevano parlato con Lui.

Adesso quel gruppo di uomini e donne che erano chiusi nel Cenacolo sono stati spinti fuori per andare incontro a tutti e parlare con tutti delle grandi opere di Dio. Era questo che creava perplessità, suscitava interrogativi, domande di senso.

Anche noi, come nel giorno di Pentecoste, ci chiediamo: “Che cosa significa” per noi popolo di Dio che è in Vicenza la beatificazione di quattro martiri, in un tempo di grandi cambiamenti della società, delle nostre comunità e parrocchie?

Come vescovo di questa Chiesa mi sento fortemente interpellato e desidero invitare il presbiterio, la comunità diaconale, le consacrate e i consacrati, insieme alla moltitudine di laici e famiglie che tengono vive le nostre comunità cristiane a lasciarsi raggiungere dalla benedizione di Dio riversata su di noi attraverso questi quattro “martiri della fraternità”.

Partecipando al rito della loro beatificazione in Congo, insieme ai parenti e ad una rappresentanza delle parrocchie di origine, ho provato una profonda commozione per il sangue versato da queste giovani vite (erano poco più che trentenni i tre martiri italiani) inviate in missione con il desiderio di donarsi senza riserve nel nome di Gesù a persone sconosciute, ma tutte amate da Dio.

Padre Giovanni Didonè il giorno della sua ordinazione sacerdotale aveva chiesto a Dio il dono della fedeltà fino al martirio e prima di partire per la missione era salito a Monte Berico per invocare aiuto e protezione dalla Madre di Dio.

Mi chiedo insieme a voi: la lanterna che padre Giovanni teneva in mano quando venne ucciso – ed è rimasta accesa, vegliando sul suo corpo morto, fino alle prime luci del mattino – non deve forse rimanere accesa anche qui in mezzo a noi? Non ci è forse chiesto il coraggio di scommettere di più la nostra vita sull’Amore di Dio, abbandonando tranquille sicurezze per uscire incontro alle persone, prenderci cura di loro, soprattutto delle più fragili?

  1. Un popolo in cammino con le lanterne in mano

Se dovessi immaginare come potrebbe essere il nuovo Anno pastorale lo descriverei come un popolo in cammino, ciascuno con una lanterna in mano che illumina l’oscurità e porta luce e calore nelle nostre città e nei nostri paesi.

Nella lanterna vedo accesa la luce della speranza che ci accompagnerà nell’anno giubilare; essa illumina anche il cammino sinodale che ci spinge a uscire dalle nostre sicurezze per essere una chiesa ospitale verso tutti e ci dona la forza di indossare il grembiule del servizio con la ricchezza dei ministeri laicali da promuovere e istituire.

3.1 Vogliamo innanzitutto prendere in mano la nostra lanterna accesa con la luce della speranza

È «lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza». Ce l’ha ricordato papa Francesco nella Bolla di indizione dell’Anno Santo: «Egli [lo Spirito Santo] la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino» (Spes non confundit, 3)

Il nuovo Anno pastorale sarà caratterizzato dall’accogliere la grazia dell’Anno Santo che avrà inizio qui in diocesi con il primo pellegrinaggio giubilare dalla Chiesa di Santa Corona alla Cattedrale nel pomeriggio del prossimo 29 dicembre.

«Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé», afferma ancora papa Francesco. «L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità» (ibid., 1).

Quante attese deluse nel cuore dei carcerati che non trovano una casa accogliente e una prospettiva di riscatto dal male compiuto! Tante sono anche le attese presenti negli adolescenti inquieti che faticano ad uscire dal loro piccolo mondo e sognano una vita felice che sembra però irraggiungibile. Quante attese nelle coppie che non riescono ad avere un figlio. Anche gli anziani desiderano una presenza, una parola, un sorriso per fuggire dalla tristezza della solitudine. Senza dimenticare i viaggi della speranza, quelli dei migranti che lasciano i loro paesi in cerca di pace, lavoro e salute. Come non ricordare coloro che in quest’ora buia, sotto le bombe, da mesi e mesi attendono non dico giorni di pace, ma almeno una tregua?

Tra le prove che segnano la nostra Chiesa vi sono anche le “tribolazioni” a causa dell’annuncio del Vangelo. E di fronte alle difficoltà la nostra speranza sembra crollare. Invece per l’apostolo Paolo – ricorda papa Francesco – «la tribolazione e la sofferenza sono le condizioni tipiche di quanti annunciano il Vangelo in contesti di incomprensione e di persecuzione (cfr. 2Cor 6,3-10). Ma in tali situazioni, attraverso il buio si scorge una luce: si scopre come a sorreggere l’evangelizzazione sia la forza che scaturisce dalla croce e dalla risurrezione di Cristo. E ciò porta a sviluppare una virtù strettamente imparentata con la speranza: la pazienza» (ibid, 4). Nell’epoca di internet tutto sembra debba essere più veloce, anche le nostre relazioni familiari e amicali sono segnate della fretta. Abbiamo l’impressione di essere sempre in fuga da una situazione all’altra, alimentando in noi nervosismo e insoddisfazione. Educarci alla pazienza per abitare le relazioni quotidiane apre ad un senso nuovo dell’esistenza nostra e altrui: una vita piena di speranza connotata dalla gioia.

Siamo invitati a portare sempre con noi la lanterna nella quale brilla la luce della “speranza che non delude”, quella che «nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce» (ibid. 3).

Papa Francesco ci invita anche ad allargare lo sguardo per diffondere la speranza  percorrendo otto sentieri che qui elenco soltanto invitando ad approfondirli nella bolla del Papa Spes non confundit.

SEGNI DI SPERANZA

L’anno giubilare è occasione propizia per accogliere il dono dell’indulgenza di Dio sulla nostra vita. «L’indulgenza, infatti, – ricorda papa Francesco – permette di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio. Non è un caso che nell’antichità il termine “misericordia” fosse interscambiabile con quello di “indulgenza”, proprio perché esso intende esprimere la pienezza del perdono di Dio che non conosce confini» (ibid. 23).

Siamo invitati a metterci in cammino muovendo il nostro spirito verso nuove mete. In questo ci aiuterà la pratica antica del pellegrinaggio, oggi riscoperto anche nelle grandi vie dei pellegrini che si muovono a piedi (la “via francigena” per recarsi sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, il “cammino di Santiago” per giungere sulla tomba dell’apostolo Giacomo, la via per la Terra Santa e la più recentemente scoperta “Romea Strata” con destinazione Roma). Ma la pratica del pellegrinaggio a piedi è diffusa ancor oggi per raggiungere i santuari locali.

PELLEGRINAGGI DIOCESANI A ROMA

Il Papa ha disposto che la “porta santa” sia aperta soltanto a Roma nelle quattro Basiliche maggiori (la notte di Natale aprirà la porta santa della Basilica di San Pietro). Nelle diocesi si possono stabilire oltre alla Cattedrale altre “Chiese giubilari”.

SANTUARI GIUBILARI DIOCESANI

Una speciale attenzione desideriamo sia rivolta ai bambini e ragazzi. In occasione dell’apertura diocesana del Giubileo, domenica 29 dicembre, sono invitati i ministranti – ragazzi e ragazze – che prenderanno parte al primo pellegrinaggio diocesano.

Inoltre nei giorni di sabato 24 e domenica 25 maggio, in alcune zone della Diocesi si terrà il “Giubilino” dei ragazzi promosso dall’Azione Cattolica Ragazzi in collaborazione con l’Ufficio per l’Evangelizzazione e la Catechesi e aperto a tutti i ragazzi.

Sarà celebrato presso il Santuario di Monte Berico anche il Giubileo degli ammalati l’11 febbraio promosso dalla sezione vicentina dell’Unitalsi.

La misericordia di Dio potrà certo raggiungere anche chi, non potendo muoversi, compirà un pellegrinaggio del cuore, tutto interiore e spirituale.

In occasione dell’apertura diocesana del Giubileo verrà indicato a tutte le comunità un segno di carità che attesti la nostra speranza nelle promesse di Dio.

3.2    La luce della speranza ci permette di affrontare insieme il cammino animati dallo Spirito Santo che ci spinge a uscire, come è avvenuto il giorno di Pentecoste

Ciò che interroga, ieri come oggi, è la condizione di piccola comunità, minoritaria e smarrita.

La comunità degli inizi è davvero piccola (cf At 1,13-14). L’evangelista Luca la descrive citando innanzitutto per nome gli undici apostoli – Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Poi vi sono alcune donne – probabilmente le discepole di cui già Luca aveva dato conto (cf. Lc 8,3) – insieme a Maria e altri parenti di Gesù. Rispetto alla città di Gerusalemme è una comunità simile ad un granello di senape.

E non è neppure una comunità tanto sicura di sé; essa vive un po’ smarrita per tutto quello che è accaduto al Maestro. Ma continua a cercare il modo di custodire ciò che alcuni hanno vissuto personalmente e in gruppo: hanno incontrato il Signore risorto. Perciò è una comunità sì smarrita, ma con la presenza di Maria che è “concorde nella preghiera”. Che ne sarà di questa comunità? Avrà un futuro? Potrà crescere? E come?

Sono domande simili a quelle che sorgono oggi nelle nostre parrocchie, sempre più piccole in un contesto che non è più cristiano come un tempo. Perplessità e senso di smarrimento prende anche noi vedendo sempre più ridotta la presenza alle celebrazioni domenicali, con la fatica di individuare nuove figure di educatori e catechisti per le giovani generazioni.

Tornando alla piccola comunità di Gerusalemme scopriamo che rimanendo concorde nella preghiera con umile perseveranza il giorno di Pentecoste viene investita dalla promessa dello Spirito, che annuncia una missione impossibile e sproporzionata: è chiamata a testimoniare Cristo non solo a Gerusalemme e nelle regioni vicine, ma a tutta la terra.

Si noti che lo Spirito non scende solo sui singoli perché ciascuno faccia individualmente la sua parte, ma su una comunità riunita e la rende capace di dire il Vangelo in modo che ogni popolo lo senta nella propria lingua, lo ascolti nella lingua dei genitori (che spesso è il dialetto o la lingua della etnia di origine per gli immigrati) nelle parole più familiari che segnano la vita. Ed è così che si realizza profeticamente la promessa di testimoniare a tutti i popoli: non con l’energia residua di quella comunità ferita, ma con la forza rigeneratrice dello Spirito del Risorto.

È questa missione impossibile e sproporzionata il cuore della riforma diocesana che sta interpellando tutte le realtà parrocchiali e associative presenti nel nostro territorio. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire dalle nostre “stanche abitudini” per aprirci all’imprevedibile suo soffio.

Quello che è accaduto a Pentecoste si rinnova oggi. Gli apostoli che parlano nella pluralità delle lingue dei loro uditori hanno vissuto un triplice movimento: uscita relazione narrazione.

Innanzitutto sono usciti dal Cenacolo spinti dal fuoco dello Spirito che è entrato in ciascuno e in quella piccola comunità. Come ci ricorda spesso papa Francesco: «Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Evangelii gaudium, n. 20). Come singoli, famiglie e comunità siamo chiamati ad aprirci ai vicini soprattutto a quanti sono abbandonati e soli, alle parrocchie limitrofe soprattutto quelle che patiscono lo spopolamento in zone collinari e montane, alle coppie e famiglie che stanno ai margini.

Usciti dal Cenacolo, gli apostoli hanno cercato di entrare in relazione con le persone di differenti culture espresse dalla pluralità delle lingue. Oserei dire che il primo effetto dell’uscire non è portare Cristo a chi non l’ha incontrato; questo che sarà il passo successivo. Il primo effetto è costruire relazioni comprendendo come lo Spirito si rende ancora presente in questo mondo – in quest’oggi – e provare a sintonizzarsi su quello stile. Soltanto così la nostra umanità sarà pienamente coinvolta (emotivamente, fisicamente e razionalmente) nell’incontro con gli altri, animati dallo stesso amore pastorale di Cristo risorto. In un contesto che tende a spingere verso l’isolamento, anche per i repentini cambiamenti culturali e sociali, ritrovare il gusto delle relazioni personali è principio di umanizzazione.

A Gerusalemme, quanti erano presenti il giorno di Pentecoste, potevano affermare degli apostoli: «e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio». Non annunciano catastrofi imminenti, giudizi morali, settarismi di sorta. Narrano le grandi opere di Dio. È all’interno di relazioni reali che gli apostoli possono condividere la loro esperienza di incontro con il Maestro: gli insegnamenti, i rimproveri, i miracoli, la sua misericordia e il suo amore fino al gesto supremo di sé sulla croce, il manifestarsi Risorto, la pesca miracolosa, la consegna pastorale e l’invio in missione fino agli estremi confini della terra. Narrano condividendo la propria vita.

Anche noi partiamo dal “piccolo resto” che persevera nel credere, nella forza di essere concordi nella preghiera e nell’ascolto della Parola di Dio. Un “piccolo resto” presente in mezzo a noi. Pensiamo alle famiglie cristiane che si avvertono “piccola chiesa domestica” e cercano legami nella comunità cristiana per mantenere viva la fiamma dell’amore coniugale. O ai presbiteri e ai diaconi che continuano, pur tra mille sfide, a scorgere “i segni dei tempi” presenti nelle parrocchie e vivono, nel cambiamento, quali cercatori di Dio e annunciatori del Vangelo. Alle consacrate e consacrati, alcuni anche giovani (ci sono, anche se pochi!) che accolgono la chiamata alla verginità e al celibato da innamorati di Dio, instaurando relazioni buone laddove sono inviati.  Senza dimenticare alcuni giovani che nelle associazioni o all’Ora decima si riuniscono ogni settimana per ascoltare il Vangelo e condividere le proprie domande di senso; molti altri si sono ritrovati nelle esperienze estive come la Route nazionale dell’Agesci a Verona, il campo giovani di Azione Cattolica e il servizio in diverse parti del mondo con Missio giovani.

Camminiamo insieme, con la lanterna della speranza che ci aiuta a scorgere i tanti riflessi di luce presenti in mezzo a noi. Così possiamo avventurarci con gioia nel percorso sinodale che papa Francesco celebrerà nella seconda Assemblea del Sinodo universale e le Chiese che sono in Italia con due assemblee nazionali.

Noi ci sentiamo parte di questo cammino di rinnovamento ecclesiale che invoca scelte coraggiose di conversione personale e di riforma delle parrocchie nelle unità pastorali.

Nei mesi autunnali con degli incontri in ciascun vicariato si raccoglierà quanto emerso dall’ascolto avvenuto nelle parrocchie e unità pastorali per attivare legami sempre più stabili di collaborazione pastorale tra parrocchie nelle Unità pastorali. Annunciare e vivere il Vangelo oggi. Come ha ricordato papa Francesco: «Lo Spirito Santo, scendendo dall’alto come vento e fuoco, investe la comunità chiusa nel cenacolo, le infonde la forza di Dio, la spinge a uscire, ad annunciare a tutti Gesù Signore. Lo Spirito crea l’unità nella diversità, crea l’armonia […]. Con la Pentecoste, Dio si fa presente e ispira la fede della comunità unita nella diversità e nella solidarietà. Diversità e solidarietà unite in armonia, questa è la strada. Una diversità solidale possiede gli “anticorpi” affinché la singolarità di ciascuno – che è un dono, unico e irripetibile – non si ammali di individualismo, di egoismo. La diversità solidale possiede anche gli anticorpi per guarire strutture e processi sociali che sono degenerati in sistemi di ingiustizia, in sistemi di oppressione» (Udienza, 2 settembre 2020).

Portiamo nel cuore il desiderio di essere comunità-segno di speranza per tanti uomini e donne che vivono nel nostro territorio, ritrovando il gusto missionario di annunciare il Vangelo a tutti soprattutto con la nostra vicinanza agli emarginati ed esclusi.

ASSEMBLEA DIOCESANA – 8 FEBBRAIO 2025

Un ringraziamento speciale desidero esprimerlo ai cinque giovani coordinatori che con don Flavio Marchesini e due referenti dell’Ufficio di Pastorale giovanile sono impegnati a tenere i contatti con i vicari foranei e i laici facilitatori  (circa 15 in ogni vicariato) che con grande disponibilità ed entusiasmo stanno accompagnando il cammino sinodale.

Affido alla preghiera di tutte le comunità cristiane, specialmente delle comunità contemplative, i prossimi incontri vicariali, l’Assemblea diocesana e i pellegrinaggi dell’anno giubilare.

3.3   Portiamo la luce della speranza, camminando insieme, per essere a servizio del mondo

I cristiani non sono un gruppo settario, estraniati dal mondo. Come ricorda la Lettera a Diogneto, noi abbiamo una doppia cittadinanza. Siamo come stranieri/migranti in questo mondo perché apparteniamo al Cielo, a Cristo che vive risorto presso il Padre. Nello stesso tempo siamo cittadini come tutti gli altri, rispettando le regole stabilite, anzi con una condotta di vita che dovrebbe essere esemplare. Il nostro compito è quello di offrire un’anima al corpo sociale. Siamo a servizio del mondo per tenerlo unito, in pace, orientato al bene di tutti, soprattutto dei poveri, e sempre più responsabile nella custodia del creato.

Possiamo realizzare questa nostra vocazione con spirito di servizio soltanto radicati nelle “realtà essenziali” che costituiscono l’identità della Chiesa: l’ascolto della Parola di Dio che propizia l’incontro con Lui nella Liturgia, specialmente nell’Eucaristia, generando così unione fraterna nella Carità.

Pertanto il nuovo Anno pastorale sarà anche l’anno della chiamata di alcuni uomini e donne ad accogliere la grazia del ministero istituito di lettore o accolito o catechista. Accogliendo il parere favorevole dei consigli pastorale diocesano e presbiterale con le numerose indicazioni offerte, ritengo sia maturo il tempo per promuovere l’istituzione di questi tre ministeri.

Saranno le comunità cristiane a proporre dei candidati per iniziare un cammino di preparazione e di discernimento. Ho costituito a questo scopo una Commissione di laici, consacrati, diaconi e presbiteri coordinata dal Vicario episcopale per l’evangelizzazione nelle parrocchie riunite in unità pastorale.

Mi permetto di richiamare brevemente i tre ministeri che lo stesso papa Francesco ha invitato a promuovere in tutte le chiese. Va ricordato che sono ministeri radicati nei sacramenti dell’iniziazioni cristiana (battesimo, confermazione ed Eucaristia) anche se nella pratica degli ultimi decenni i ministeri di lettore e accolito erano tappe di preparazione al diaconato o al presbiterato.

Come vescovi italiani, il 5 giugno 2022, abbiamo pubblicato una Nota dal titolo I ministeri istituiti del lettore, dell’accolito e del catechista per le chiese che sono in Italia che indica il profilo dei tre ministeri.

MINISTERO ISTITUITO DI LETTORE

MINISTERO ISTITUITO DI ACCOLITO

MINISTERO ISTITUITO DI CATECHISTA

Insieme ai tanti laici che offrono un generoso servizio nei gruppi ministeriali – da continuare a promuovere in tutta la Diocesi – i ministri istituti offriranno un contributo qualificato alla vitalità spirituale delle nostre parrocchie.

Se l’anima delle parrocchie respira a pieni polmoni dello Spirito Santo, queste saranno in grado di offrire al corpo del mondo un «nuovo umanesimo: [perché] anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo» – come ebbe a dire San Paolo VI (Discorso a conclusione del Concilio Vaticano II¸ 7 dicembre 1965).

Conclusione

Affidiamo il cammino diocesano all’intercessione dei nuovi beati e a Maria che papa Benedetto XVI indicò come “stella della speranza”.

«La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza – lei che con il suo “sì” aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo?» (Spe salvi, 49).

«Insegnaci, Maria, a credere, a sperare e ad amare con te; indicaci la via che conduce alla pace, la via verso il regno di Gesù. Tu, stella della speranza, che trepidante ci attendi nella luce intramontabile dell’eterna patria, brilla su di noi e guidaci nelle vicende di ogni giorno, adesso e nell’ora della nostra morte» (Benedetto XVI, 8 dicembre 2007)

Santa Maria, stella della speranza – prega per noi.

Beati fratel Vittorio, padre Giovanni e martiri della fraternità – pregate per noi.

 

Vicenza, 21 settembre 2024

Festa di San Matteo apostolo

 

+ Giuliano Brugnotto

                                                                          vescovo di Vicenza

 

Testi di riferimento

Francesco, bolla Spes non confundit, 9 maggio 2024, reperibile in: https://www.vatican.va/content/francesco/it/bulls/documents/20240509_spes-non-confundit_bolla-giubileo2025.html.

Francesco, lettera apostolica Antiquum ministerium, 10 maggio 2021, reperibile in: https://www.vatican.va/content/francesco/it/motu_proprio/documents/papa-francesco-motu-proprio-20210510_antiquum-ministerium.html.

Papa Benedetto XVI, lettera enciclica Spe salvi, 30 novembre 2007, reperibile in: https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20071130_spe-salvi.html.

Conferenza Episcopale Italiana, nota I ministeri istituiti del lettore, dell’accolito e del catechista per le chiese che sono in Italia, 5 giugno 2022, reperibile in: https://www.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/31/2022/07/13/NotaMinisteri.pdf