E’ dunque utile rileggere il cammino percorso per scoprire i frutti, ma anche gli interrogativi e le istanze di rinnovamento suscitati dallo Spirito. Per ragioni di chiarezza e di semplificazione ci concentreremo su tre nodi:
• le comunità cristiane
• gli adulti, con particolare attenzione alle famiglie
• i percorsi di iniziazione.
Le Comunità Cristiane
Alcuni indicatori ci aiutano nella riflessione: la domanda religiosa è tutt’altro che spenta; risulta problematico parlare di secolarizzazione senza una serie di precisazioni che ne sfumino l’intensità; permane in Italia una diffusione del sentimento religioso superiore agli altri Paesi occidentali; rimane ancora alta la frequenza dei ragazzi al catechismo parrocchiale e la richiesta dei sacramenti per i propri figli ad opera dei genitori.
Questi aspetti positivi non devono tuttavia trarre in inganno. Da parte di molti adulti, infatti, è in atto un’uscita silenziosa, non dall’esperienza religiosa, ma dal cattolicesimo2; un’uscita che spesso la richiesta dei sacramenti per i figli non riesce a far emergere e a rendere evidente.Ancora una volta, dunque, l’attenzione si sposta sul mondo degli adulti e sulla qualità della vita di fede delle nostre parrocchie.
Tornare a parlare di iniziazione cristiana, oggi, significa perciò non tanto interrogarsi su quali strategie pastorali adottare per suscitare nuovi cristiani, ma chiederci quali percorsi sta intraprendendo Dio per incontrare gli uomini che vivono oggi e che cosa chiede alla Chiesa di cambiare per assecondare questo incontro.
In altri termini il primo passo è quello di decentrare la parrocchia da sé per metterla in ascolto della Parola di Dio e dentro la parola pensare e volere se stessa.
Le Famiglie
Alla luce di tale situazione molto è maturato in questi anni nella riflessione e nella prassi pastorale: la necessità di articolare in modo adeguato una triplice proposta catechistica (con, nella e della famiglia), l’esperienza della catechesi familiare, il tentativo di coinvolgere i genitori nei cammini ordinari, esperienze di primo annuncio con famiglie “lontane” o alla ricerca.
Da un lato, quello che la sociologia chiama «la religione in stand-by (in pausa)»: adulti, prima assenti dalle comunità, vi tornano alcuni anni per affiancarsi ai figli e, una volta che questi hanno concluso il percorso catechistico, ritornano nuovamente ai margini.
Dall’altro, la fragilità di percorsi che tendono a incontrare gli adulti in quanto «genitori», coinvolgendoli nel cammino dei figli, senza incontrare le loro domande e guidarli nella ricerca di una fede adulta, traguardo ultimo di ogni cammino di iniziazione cristiana.
Anche su questo terreno, quindi, occorre cambiare domanda. La sfida non consiste in primo luogo nell’aiutare i genitori ad affiancarsi ai figli nel percorso di iniziazione, quanto nell’accompagnarli perché possano diventare essi stessi capaci di «generare i figli alla fede», pur nella consapevolezza di essere collaboratori del Signore, che è sempre al lavoro per fare degli uomini dei figli. E’ importante stare – come Chiesa – là dove sono gli uomini, perché è là che il Signore dà a loro e a noi appuntamento.
Il secondo passo allora è quello di aiutare la parrocchia perché, uscendo dalle proprie mura, vada nelle periferie e impari a guardare con simpatia l’uomo che vive all’alba di questo XXI secolo, mettendosi in ascolto di quanto egli vive, per intessere con lui il «dialogo della salvezza».
In diverse diocesi italiane sono state attuate importanti sperimentazioni. Pure nella nostra diocesi è stato fatto un grande investimento di energie per rinnovare i percorsi di catechesi
3: un cammino ricco, che è sotto gli occhi di tutti.Il primo concerne i ragazzi.
Le indagini che li riguardano direttamente dicono che in genere essi frequentano ancora nella quasi totalità il catechismo e lo giudicano positivamente, ma quanto viene loro proposto è sentito come poco significativo e coinvolgente, tanto che mettono in atto delle strategie tendenti a ridurre il momento di incontro in una opportunità di gioco e di amicizia (vedi, tra l’altro, i problemi disciplinari segnalati sempre più frequentemente dai catechisti).
Il terzo nodo riguarda il modello catecumenale.
E’ nato nei primi secoli della Chiesa ed era rivolto agli adulti. Ora, in un contesto completamente mutato, come adattarlo a dei minori che hanno caratteristiche psicologiche ben diverse da un adulto? Il catecumenato, inoltre, ha le sue tappe ben definite e i suoi passaggi scanditi con chiarezza. Non rischia di aver la pretesa di standardizzare percorsi personali di fede molto diversi, che, soprattutto al giorno d’oggi, alternano momenti di fede a momenti di dubbio, momenti di ricerca a momenti di indifferenza?
L’ultimo passo richiede un’opera di decentramento delle nostre parrocchie, passando dall’accoglienza al lasciarsi accogliere, facendosi compagni di viaggio.
Possiamo così tentare una prima conclusione:
– parlare di iniziazione cristiana dei piccoli vuol dire in primo luogo parlare degli adulti,
– parlare degli adulti vuol dire innanzitutto riflettere sulle nostre comunità cristiane,
– riflettere sulle nostre comunità cristiane vuol dire comprendere che cosa significa parrocchia dal volto missionario.