“La parte migliore”

Lettera del Vescovo Beniamino Pizziol
per la Pasqua 2014
in occasione del 50° di Villa San Carlo
 
 
Cari amici,

nella prossimità della Pasqua, sentiamo ancor più la vicinanza con i nostri fratelli preti don Gianantonio e don Giampaolo, rapiti nel Camerun del Nord insieme a suor Gilberte. Partecipiamo alla loro passione, come a quella del popolo africano e di troppe popolazioni nel mondo afflitte da situazioni di violenza, di oppressione, di guerra. A illuminare il cuore provato è proprio la vicenda di Gesù, così come ce la racconta il vangelo. Se ne sta andando a Gerusalemme, là dove lo attende un appuntamento tragico. Lo metteranno a morte, perché uomo giusto, che sta dalla parte di Dio e della gente.

Un peso gli grava nel cuore, via via sempre più angosciante fino all’agonia nell’orto degli ulivi:

 
“Entrato nella lotta, pregava più intensamente
e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra”
(Luca 22,44).
 
Come non vedere qui una scena che si ripete nell’esistenza di ciascuno, quando siamo messi alla prova in differenti modi, senza un bagliore di speranza a illuminare la nostra angoscia?

 

Maria ha scelto la parte migliore

Mentre compie il suo cammino, alle porte di Gerusalemme Gesù trova ospitalità nella casa di Betania. Lo accolgono le sorelle Marta e Maria e soprattutto Marta si fa in quattro per l’amico, così provato in questo suo ultimo viaggio. Maria invece intuisce che Gesù non ha bisogno di cibo o di bevanda; si siede ai suoi piedi e lo ascolta.

E si sente dire:

“Maria ha scelto la parte migliore”
(Luca 10,42).
 
Betania significa la casa del povero: a dirci che l’abbondanza di cose rischia di rendere difficili relazioni autentiche e amicali. Proviamo a specchiarci in questo racconto. Di che cosa abbiamo bisogno, soprattutto quando la vita diviene interrogativo e non ci sembra di avere fiato a sufficienza per andare avanti? Dal punto di vista umano, di guardarci negli occhi, di ascoltarci, di dedicarci tempo gli uni gli altri; dal punto di vista della fede, di tempi e spazi per la preghiera, che scaturisce dall’ascolto vitale della parola di Dio.

La comunità di Luca, come ogni comunità cristiana, si sta chiedendo: “Che cosa ci resta del Signore Gesù, ora che è tornato al Padre e noi siamo alle prese con gli eventi della vita?”. Anche se ci sembra che Lui ci sia stato tolto, l’ascolto della sua parola no; per questo, la parte migliore “non le sarà tolta” (Luca 10,42).

 

Lasciala fare

Ritroviamo Maria di Betania alla vigilia dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, evento che inizia con le acclamazioni gioiose:
 
“Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”
(Giovanni 12,13)
 
e termina con le grida furiose:
 
“Via! Via! Crocifiggilo!”
(Giovanni 19,15).
 
Che fa per l’amico?
 
“Prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso,
ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli,
e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo”
(Giovanni 12,3). 
 
A chi l’accusa di spreco, Gesù stesso risponde: “Lasciala fare” (Giovanni 12,7); ne ha bisogno, dal momento che si avvia al patibolo tradito e abbandonato dai suoi.

La forza di stare inchiodato alla croce gli viene certamente dal Padre, ma nella puzza di morte che ammorba il Calvario, Gesù resiste anche in forza del profumo dell’amicizia e della dedizione tutta femminile di Maria, che nel racconto simile del vangelo di Marco è una donna anonima: “Ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo” (Marco 14,3). Un gesto che anticipa la passione e morte del Cristo, il cui corpo si lascia spezzare, per vincere l’odore di morte del mondo con il profumo dell’amore. Il Beato Angelico, con intuizione splendida, dipinge così la scena dell’agonia nell’orto degli ulivi: Gesù prega, i tre discepoli sono addormentati, in primo piano Maria e Marta vegliano nella casa di Betania.

“Restate qui e vegliate con me” (Matteo 26,38), aveva chiesto agli uomini; a farlo sono le donne.

Il profumo della preghiera

Anche a noi viene da obiettare: di fronte ai drammi della storia, agli immensi problemi che interpellano l’umanità, ha senso sprecare tempo per la preghiera? Meglio darlo ai poveri, impiegarlo per i casi disperati, dedicarlo all’impegno per la pace e la giustizia!

Eppure sappiamo per esperienza personale, che in determinate situazioni non abbiamo bisogno che si discutano problemi, ma che si profumi la vita di ascolto, vicinanza, tenerezza. E’ la parte migliore, che mai ci può essere tolta, anche quando ogni altra possibilità ci fosse preclusa.

Pregare è accedere alla gratuità dell’amore, sprecare tempo per la bellezza della relazione, concedersi il lusso dell’intimità con chi ci è amico; e chi ci è amico più di Gesù? “Vi ho chiamato amici” (Giovanni 15,15).

Pregare è profumare il mondo contrastando la puzza della violenza, dell’indifferenza, dell’egoismo. Al di là di tutto, le persone cercano questo profumo, sentono una paradossale necessità dell’inutile, proprio in questa società così utilitarista e calcolatrice.

Le comunità parrocchiali corrono il rischio di non saper intercettare il bisogno odierno di spiritualità e questo talvolta favorisce la ricerca di forme emotivamente coinvolgenti ma alienanti, quasi una via di fuga a fronte della complessità della vita.

La Chiesa di Vicenza, celebrando con gioia e riconoscenza il cinquantesimo di fondazione di Villa San Carlo, sente di dover confermare la scelta della parte migliore: l’ascolto della parola di Dio, che si fa preghiera nella quotidianità. Una casa di spiritualità non è fatta solo per offrire tempi e spazi dedicati alla contemplazione, che pure è bello ogni tanto ritagliarsi, ma anche e soprattutto per aiutare le parrocchie ad essere luoghi dove si ascolta e si prega, nei ritmi comuni dell’esistenza. Ringraziamo pertanto del servizio che Villa San Carlo compie con la proposta degli esercizi spirituali e nell’accompagnamento della vita delle comunità cristiane, dei gruppi, delle persone; così come la nostra riconoscenza va a tutte le altre case di spiritualità, di cui la nostra diocesi è ricca.

 

Tutta la sua vita

Nell’ultima pasqua, che Gesù celebra a Gerusalemme, nel tempio si mette ad osservare la folla mentre getta monete nel tesoro per dare la propria offerta. Nella grande confusione, solo il suo occhio vede il gesto di una povera vedova e lo fa notare ai discepoli:
 
“Tutti hanno gettato parte del loro superfluo.
Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva”
(Marco 12,44);
 
il testo greco dice più precisamente: tutta intera la sua vita.
 
Gesù s’identifica con questa donna, perché è oramai prossima la sua pasqua, nella quale anch’Egli dona tutta intera la sua esistenza.

Durante la cena d’addio con i suoi amici, anticipa profeticamente l’evento pasquale, consegnandosi nei segni eucaristici del pane spezzato e del vino versato. E dice a loro e a noi:

 
“Fate questo in memoria di me”
(Luca 22,19).
 
Il dono diviene compito: di spezzare la nostra vita per amore, come ha fatto Lui; così il profumo si spande e riempie non solo tutta la casa, ma il mondo intero.

Come farlo, se non attingendo alla forza che ci viene dalla sua amicizia?

La preghiera si fa vita, l’ascolto della parola di Dio diviene condivisione fraterna, contemplare il volto del Cristo conduce all’incontro con i volti delle sorelle e dei fratelli, in particolare i più poveri, facendoci carico gli uni degli altri.

E’ questo l’augurio pasquale che ci facciamo, aiutati dalle donne del vangelo a ritrovare l’autentica grande bellezza capace di salvare il mondo.


† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza
Pasqua 2014
20/04/2014