LITURGIA FUNEBRE PER DON MARIO SARTORI(chiesa parrocchiale di Santa Croce in Schio, 5 gennaio 2018)

       Il 3 gennaio dell’anno appena iniziato, don Mario Sartori è morto improvvisamente mentre stava per essere accompagnato, in carrozzella, a concelebrare la Santa Messa insieme ai confratelli sacerdoti della comunità di Casa “San Rocco”.
 
       Don Mario fu ordinato sacerdote dal vescovo Carlo Zinato il 29 giugno 1951, insieme ad altri 29 compagni di classe. Per dodici anni svolse il compito di vicario parrocchiale in diverse parrocchie della nostra diocesi: Sarcedo, San Pietro a Vicenza, Gazzolo d’Arcole, Longare. Nel 1963 fu nominato parroco di Fusine, fu poi trasferito alla Santissima Trinità di Montecchio Maggiore e, infine, a Piane di Schio.
       Dopo aver rinunciato all’ufficio di parroco, prestò il suo servizio sacerdotale come collaboratore pastorale qui, a Santa Croce di Schio, e nel vicariato di Schio, in particolare come assistente religioso di “Casa Charitas” delle suore Canossiane. Trascorse gli ultimi mesi della sua vita presso Casa “San Rocco” a Vicenza.
 
       Don Mario è morto nel giorno in cui la Liturgia della Chiesa celebrava la memoria del Santissimo Nome di Gesù, che significa: “Dio salva”. Quante volte avrà pronunciato questo nome, nel corso della giornata, dal mattino fino a sera, forse anche prima di compiere il suo passaggio da questa vita terrena alla vita definitiva in Dio, Padre buono e misericordioso!
 
       Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci narra che otto giorni dopo la nascita del Figlio di Dio, «gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo» (Lc 2,21). Nel nome di Gesù, don Mario ha impegnato tutta la sua lunga vita, in modo particolare nell’esercizio del suo ministero di pastore. È stato un prete umile e zelante, con una grande capacità di entrare in relazione in modo simpatico e gioviale con i suoi parrocchiani, ma anche con tutte le persone che incontrava nel suo ministero.
       Una virtù speciale lo caratterizzava: la generosità verso le persone povere e bisognose di aiuto, fino al punto da donare anche le sue cose personali.
 
       La morte di una persona cara — anche se sopraggiunge in età avanzata — suscita, in tutti, interrogativi profondi e radicali sul senso della vita, della sofferenza e della morte. Ogni cristiano, dunque, è chiamato a comprendere il significato della sua esistenza proprio a partire dal mistero dell’Incarnazione e della Pasqua di Gesù Cristo.
      
       L’Apostolo Paolo — nel bellissimo inno che troviamo nella Lettera ai Filippesi — ci descrive, in modo mirabile, il mistero della salvezza operata da Gesù. Nel Natale di Gesù, che abbiamo appena celebrato, si è realizzato il “misterioso scambio che ci ha redenti”: la nostra debolezza è stata assunta da Dio, nel suo Figlio Gesù, perché noi uomini venissimo innalzati alla sua stessa dignità divina.
       Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, volle assumere la condizione di servo, diventando simile a noi. In questo modo, Cristo Gesù è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, il Dio-per-noi. A ciascun battezzato, e in modo particolare ai sacerdoti, è chiesto di annunciare questa lieta notizia, questo Vangelo che Dio, in Gesù, ha voluto condividere la nostra vita, le nostre fatiche, le nostre gioie, condividere tutto di noi, escluso il peccato.
 
       Don Mario ha impegnato il suo ministero nell’annuncio del Vangelo, nella formazione dei piccoli e degli adulti, nella celebrazione dei Sacramenti, specie dell’Eucaristia nel giorno del Signore, e nella solidarietà con i più poveri.
       Ma sempre nel mirabile inno di Paolo, nella Lettera ai Filippesi, viene descritto il centro e il cuore dell’azione salvifica operata da Gesù: «Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce». La morte in croce di Gesù è il più grande atto d’amore che l’umanità abbia conosciuto. La croce di Gesù è stata la nostra salvezza. Quest’obbedienza filiale di Gesù al Padre ha comportato la sua glorificazione, come attesta l’inno dell’Apostolo Paolo: «Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre».
 
       Ogni volta che pronunciamo il nome di Gesù, con fede e con venerazione, noi riconosciamo il nostro Salvatore e ci apriamo a sentimenti di gioia e di lode per questo unico e immenso dono. Questo dolce nome accompagni tutta la nostra vita, nei momenti belli e felici, come nei tempi della fatica e della sofferenza. “Gesù” sia il nome con il quale vogliamo chiudere anche la nostra esistenza terrena, come probabilmente ha fatto questo nostro fratello sacerdote.
 
       Tra poco aspergeremo il corpo di don Mario con l’acqua del Battesimo che un giorno lo ha rigenerato per una vita che non muore. Il cero acceso accanto alla bara, invece, è il simbolo di Cristo Risorto, ma anche un segno che illumina la vita cristiana: Gesù Morto e Risorto fa luce sul nostro passaggio dalla vita mortale alla vita eterna, alla vita che è propria di Dio.
 
       Affidiamo ora don Mario alla grazia del Risorto e alla materna intercessione della Madonna di Monte Berico; invochiamo i Santi e i Beati della nostra Chiesa vicentina perché lo accolgano e lo accompagnino all’incontro con Dio, Padre buono e misericordioso, nella sua dimora di luce e di pace. Preghiamo per lui e con lui affinché il Signore Gesù doni alla nostra diocesi numerose e sante vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Ordinato. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza