OMELIA nella celebrazione delle esequie di don DANILO MENEGUZZO Chiesa parrocchiale di Marola, 5 luglio 2023

Letture: Rom. 8,31b-35.37-39; Sal. 22; Lc 24,13-35

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia? E noi aggiungiamo “forse le incomprensioni pastorali? Le ferite nelle relazioni? I contrasti? Questa domanda non è per nulla retorica. L’apostolo Paolo, coraggioso annunciatore del Vangelo di Cristo, missionario instancabile per fondare e accompagnare varie comunità, ha sperimentato sulla sua pelle le difficoltà del ministero apostolico. Non ne fa mistero e più volte ricorda ciò che ha patito, per causa Sua – a causa del Signore Gesù e del suo Vangelo -. Le fatiche apostoliche nelle comunità dove non sempre è stato compreso, l’essere incarcerato, fino all’arresto e ad essere processato. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. L’apostolo è accompagnato da una profonda convinzione che non è soltanto intellettuale. Egli percepisce esistenzialmente in tutto il suo essere – mente, corpo, affetti, spirito – che non c’è alcuna potenza capace di strapparlo dall’avvertire l’amore di Cristo in lui.

Come è possibile questo? Nella lettera agli Efesini incontriamo una risposta laddove spiega che Dio Padre ha manifestato la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi. E aggiunge: Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro (Ef. 1,20ss).

È l’amore di Dio, incontrato nel Signore Gesù risorto dalla morte, ad essere così saldato nell’essere del discepolo, dell’apostolo, del missionario.

Don Danilo è stato un uomo e un prete generoso, dal temperamento piuttosto flemmatico eppure sempre disponibile a spendersi per le persone a cui era inviato nel servizio pastorale. Abbiamo celebrato insieme con i suoi compagni i 50 anni di ordinazione presbiterale, presso la chiesa delle nostre Suore Carmelitane.

E i suoi compagni ricordano che «ha attraversato praticamente tutta la diocesi: come vicario cooperatore dal nord di S. Quirico dove ha iniziato il suo ministero all’est di S. Giuseppe di Cassola e all’ovest di S. Pietro di Montecchio; come parroco da S. Pietro Mussolino ancora all’est di Belvedere di Tezze – dove ha vissuto probabilmente l’esperienza più gratificante – e ancora all’ovest di Tavernelle e Montorso Zermeghedo». E aggiungono che «nelle due ultime esperienze è stato messo alla prova nella sua passione di pastore dovendo misurarsi con problematiche amministrative delicate e rapporti interpersonali difficili. E la salute ne ha risentito e come! … Hai incontrato chi gli ha voluto bene, stimato e collaborato, ma anche chi non solo non lo ha capito, forse non ha saputo accettarlo bene, addirittura lo ha combattuto e tanto umiliato», complici alcuni tratti del carattere: la timidezza, i silenzi, i limiti nel vivere il dialogo.

Come condividendo con don Danilo i propri sentimenti i compagni preti sottolineano: «Sì, l’amore alla gente e la croce nelle vicende del tuo quotidiano sono andate spesso a braccetto. Ti toglievano la serenità e aumentavano le distanze con certi interlocutori. Hai pagato a caro prezzo queste prove che però hai saputo affrontare con pazienza e fede, col desiderio di arrivare alla chiarezza, spinto sempre dalla sincera volontà di mettere ordine dove c’erano confusione, pregiudizi e qualche volta divisione».

La missione pastorale è affidata sempre a uomini segnati da fragilità, perché la grazia affidata a vasi di creta faccia splendere la potenza della grazia di Dio. E noi siamo certi che don Danilo ha confidato nell’amore di Cristo anche nelle difficoltà che dovette affrontare. E nella preghiera che stiamo vivendo desideriamo che possa continuare il suo cammino verso il pieno compimento del Regno di Dio.

Il racconto evangelico ci offre un ulteriore aiuto. Possiamo anche soltanto per qualche istante entrare nei sentimenti dei due viandanti che lasciano Gerusalemme delusi per la morte in croce di Gesù. Provano tristezza per la frustrazione di aver seguito con entusiasmo il Maestro che ora non c’è più. In quel cammino così segnato da oscurità, uno sconosciuto si fa loro vicino. E con il suo nuovo modo di vedere le cose alla luce dell’intera storia dell’umanità che è nelle mani di Dio, poco per volta trasforma l’animo dei due discepoli. E sorge in loro il desiderio di un’amicizia con questo sconosciuto: Resta con noi, perché si fa sera. E dell’oscurità della morte avevano sperimentato dolore e paura.

Sarà soltanto un istante luminoso ad aprire loro gli occhi, quando quello sconosciuto, che accetta di fermarsi ancora con loro presso una locanda, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. E si accorgono che la Sua presenza li aveva condotti ad una profonda trasformazione: dalla delusione di un cuore spento, alla gioia di un cuore ardente. E confessano: Davvero il Signore è risorto!

È questa anche la nostra preghiera di oggi, riconoscenti al Padre per averci donato suo Figlio risorto e con Lui un suo discepolo e apostolo: don Danilo.

A noi, sia concessa la grazia, nello spezzare il pane qui sull’altare, di aprire gli occhi e il cuore riconoscendo il Cristo Risorto.

Nella tristezza che sempre accompagna l’esperienza della morte di una persona cara, chiediamo a Colui che è presente in mezzo a noi – e spesso non siamo in grado di riconoscere – di istruirci nella mente e nel cuore. Il Signore risorto ci accompagni a scorgere il senso e il compimento della vita di don Danilo.

† vescovo Giuliano