OMELIA nella IV domenica di Quaresima con il Rito della consegna del Padre Nostro ad alcuni catecumeni e l’Istituzione del ministero di accolito di Alex Cailotto Arzignano, 19 marzo 2023

Letture: 1Sam 16,1.4.6-7.10-13; Sal 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41

 

“Chiamati per grazia” – “Guariti dalla cecità spirituale” – “Illuminati per illuminare”.

Queste tre espressioni possono essere raccogliere in breve tutta la ricchezza della Parola del Signore che abbiamo ascoltato in questa IV domenica di quaresima. Tre aspetti che esprimono pienamente il significato di ciò che stiamo vivendo. Celebriamo il grazie in Cristo per questi giorni di presenza dei giovani del nostro Seminario in mezzo a voi. Riceverà una speciale benedizione per esercitare il ministero di accolito uno di questi giovani: Alex in cammino verso il presbiterato. Consegneremo la preghiera del “Padre nostro” a Ajmir, Jetmira e Giorgia che stanno vivendo il loro itinerario catecumenale.

 

Chiamati per grazia

All’origine del nostro essere credenti e discepoli sta il Signore che ci ha chiamati per nome e ci sceglie per una missione. Ma come ci ha scelti? L’esperienza che fece Samuele, incaricato da Dio per scegliere un nuovo re in Israele è molto interessante. Viene inviato alla famiglia di Iesse per individuare uno dei suoi figli. Iesse ne ha sette in casa e glieli presenta uno dopo l’altro. Ma nessuno di questi è scelto dal Signore. Forse Samuele e lo stesso Iesse sono sconcertati: come mai nessuno di questi va bene al Signore. La motivazione è molto eloquente: Non guardare al suo aspetto, né alla sua alta statura… non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore. C’è ancora un figlio, il più piccolo, probabilmente il prediletto dal padre. Ma non è in casa, è a pascolare il gregge. Lo mandano a chiamare: era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Davide, il piccolo Davide: questo ha scelto dal Signore e perciò il profeta lo unge.

Possiamo immaginare lo sconcerto e forse pure la sofferenza del papà di Davide. Quando Dio chiama un figlio a seguire il Signore per essere segno del buon Pastore, spesso spuntano delle domande nel cuore dei genitori e pure di parenti e conoscenti. Perché proprio mio figlio? Non poteva chiamare qualcun altro? Sono domande che feriscono perché svelano una verità che non sempre vogliamo ammettere: i figli sono un dono di Dio ed è Lui che li potrà rendere felici con il suo misterioso disegno d’amore.

Talvolta quelle stesse domande interpellano i ragazzi e i giovani che sono scelti dal Signore. Avvertono nel cuore che si sta muovendo qualche cosa di grande e… magari per un po’ si nascondono, evitando di lasciare emergere le inquietudini che abitano l’interiorità. Ma quando si inizia a rispondere sorge la domanda: perché il Signore vuole proprio me? A questa domanda non c’è una risposta filosofica o scientifica soddisfacente. Sarebbe come chiedere a due fidanzati: perché vi siete innamorati proprio voi due? Non c’è risposta se non nella gratuità della chiamata e nella generosità della risposta. Dio sceglie secondo i suoi disegni e i suoi criteri. Ha scelto Davide, il più piccolo, l’ultimo dei fratelli. E lo ha fatto diventare un grande re, capace di grandi conquiste, cantore delle imprese stupende di Dio e capace di riconoscere le proprie fragilità, i propri peccati, con verità chiedendo perdono a Dio.

Liberati dal potere delle tenebre

Quando il Signore chiama e sceglie un giovane desidera coinvolgersi nella relazione con lui. Desidera farsi conoscere poco per volta, passo dopo passo. Se lascia che le inquietudini siano toccate dalla presenza viva di Gesù morto e risorto inizia per lui un cammino di liberazione. Come è avvenuto per il cieco che si è lasciato spalmare sugli occhi qualche cosa che a noi fa provare un certo disgusto: terra e saliva di Gesù. La terra indica la nostra condizione di umanità fragile. La saliva che esce dalla bocca di Gesù esprime la sua umanità viva. Il cieco viene “toccato” negli occhi, incapaci di vedere la concreta vitalità di Gesù. Inizia così un rapporto personalissimo con Lui. Infatti il cieco ascolta la parola di Gesù che lo invita ad andare a lavarsi presso la piscina di Siloe. E quando ritorna è un uomo guarito; ma questo non è tutto. Inizia un cammino di scoperte nuove. È grato a questo uomo che gli ha aperto gli occhi. Pensa che sia un profeta. E viene provocato dai giudei circa ciò che gli è accaduto.

Provocazioni che un giovane vive anche oggi: come è possibile che il Signore ti abbia chiamato? Come è possibile che ti chieda la disponibilità di tutta la vita, addirittura chiedendoti di non formare una famiglia di sangue per essere totalmente dedicato alla famiglia dei figli di Dio? Come fai a fidarti di un Dio così? Domande che si allargano alla chiesa: dai la tua vita compromettendoti con una chiesa in crisi, che sembra lontana dai giovani; una chiesa poco credibile.

Sono tanto utili queste provocazioni. Ci fanno bene. E preparano a quell’incontro che è frutto di pura gratuità nel quale il dialogo si fa più stringente: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Questo è un incontro che dà senso all’intera esistenza. Riconoscere che Gesù è Luce che vince ogni forma di tenebra e di oscurità dentro e fuori di noi. È Luce e Fuoco che riscalda il cuore e fa appassionare il cuore per questa Chiesa fatta di peccatori perdonati e di una schiera innumerevole di santi.

 

Illuminati per diffondere la Luce

L’apostolo Paolo può invitare così i suoi cristiani a vivere in modo nuovo. Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Una vita nuova è una vita contagiosa. Qui sta la bellezza di giovani che accolgono la chiamata del Signore a seguirlo con tutto se stessi. Cristo ha aperto gli occhi su ogni forma di violenza fisica e morale, su ogni forma di abuso del potere e rende capaci di relazioni piene di bontà, rispetto, gentilezza. Il Signore apre gli occhi, oscurati dal benessere e dall’indifferenza, li apre sulle inique disuguaglianze presenti nel mondo provando immensa compassione per coloro che soffrono la fame, la mancanza di una casa e di un lavoro, di cure mediche. Apre gli occhi anche su ogni forma di menzogna, personale e sociale, raccontata e diffusa per appassionarsi sempre più della verità su di sé e sugli altri, anche quado è a caro prezzo.

 

Chiamati per amore – guariti nella nostra cecità – per diffondere la Luce che è Cristo.

 

† vescovo Giuliano