OMELIA NELLA SOLENNITA’ DELL’ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE Cattedrale di Vicenza, 24 marzo 2023

Letture: Is 7,10-14; 8,10; Sal 39; Eb 10,4-10; Lc 1,26-38

 

 

In questa festa dell’Annunciazione del Signore celebriamo due chiamate: quella del Verbo che entra nel mondo, come ogni essere umano, nel grembo di una donna e la chiamata di Maria che viene totalmente coinvolta nel progetto di salvezza divino: lei accoglie nella sua carne la carne del Verbo divino.

A questo meraviglioso mistero è dedicata la Cattedrale di Vicenza, espressione della cura pastorale del vescovo con il suo presbiterio e la comunità diaconale. La cura pastorale di questa chiesa diocesana è segnata da questo mistero: dal mistero della vocazione divina, del Verbo e di Maria.

 

La chiamata del Verbo per mezzo del quale è stato creato tutto il mondo, ci è stata richiamata dalla Lettera agli Ebrei. Entrando nel mondo, Cristo dice: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato”. E poco più avanti aggiunge: Dopo aver detto: “Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte […]” soggiunge: “Ecco, io vengo a fare la tua volontà”.

Colui che viveva nella comunione delle tre Persone divine accoglie la chiamata ad entrare nel mondo nella tessitura di un corpo i cui inizi stanno nel grembo di una giovane donna. E il Verbo si fece carne / e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1). In questo mistero divino riconosciamo la dignità di ogni embrione umano e la dignità di ogni utero materno.

E se il Cristo, Verbo incarnato, è espressione della chiamata alla vita umana, ogni essere umano esprime pienamente la sua umanità nella misura in cui si riconosce vocato, cioè chiamato alla vita, alla gioia, all’amore. Le vere origini di ogni essere umano stanno nel Verbo incarnato, nella chiamata ad entrare nel mondo per compiere la missione di salvezza: la salvezza dell’intera umanità è il desiderio del Padre ricco di misericordia.

E nel Verbo chiamato ad essere corpo umano, come ogni corpo umano, incontriamo anche la risposta alla chiamata, quella che permette all’uomo e alla donna di essere pienamente umani: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Che cosa c’è di così importante in questa risposta? C’è che nell’accogliere il dono del corpo, Cristo non vive riferito a se stesso ma tutto rivolto al Padre che l’ha chiamato ad essere il Figlio prediletto nel quale compiacersi in quella stessa relazione di chiamata e risposta. Gesù sta davanti a noi come colui che ha passo dopo passo, dall’infanzia alla maturità, cercato di conoscere e compiere la volontà del Padre anche quando questa era particolarmente onerosa. Facendo sua la volontà del Padre non si è impoverito nella sua umanità, al contrario ha portato a compimento il più grande atto di Amore di Dio nella storia di tutti i tempi.

 

E pure Maria è stata coinvolta nel dinamismo vocazionale del Figlio. Per lei l’evangelista Luca ha riservato una pagina straordinaria. È in lei che ci possiamo riconoscere, perché lei appartiene alla schiera dei grandi chiamati della Bibbia.

La cornice della sua vocazione sta nel saluto dell’angelo: Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te.

Dunque Rallegrati. È la gioia. La prima parola che Maria accoglie dal messaggero di Dio è: “Tu hai tutti i motivi per gioire. Quello che io ti sto per dire e l’incarico che vengo ad offrirti ti riguarda nel tu intimo, nella tua identità più profonda. Non puoi che rallegrarti!”. Maria custodirà questa gioia che esploderà quando incontrerà Elisabetta, con il canto del Magnificat. Ogni vocazione, ogni chiamata, è motivo di gioia non di tristezza. Questo lo si coglie progressivamente perché, come per Maria che è piena di stupore, tuttavia si interroga e chiede delle spiegazioni. È una gioia che si fa spazio poco per volta.

Piena di grazia. L’angelo ripete per ben due volte: Tu hai trovato grazia presso Dio. Maria riceve in modo definitivo e irrevocabile la benevolenza di Dio, il suo compiacimento. È colmata dell’amore di Dio ricco di misericordia. Maria è il nome ricevuto dai genitori. “Piena di grazia” è il nome nuovo dato da Dio. I “chiamati” ricevono un nome nuovo e questo nome è “figlio di Dio”. Sono figli amati. Scoprono di avere non solo dei genitori di sangue bensì un Padre che li ha voluti a questo mondo prima ancora che fossimo formati nel grembo materno Dio già ci conosceva (cf Ger 1,5).

Il Signore è con te. È l’aiuto di Dio. Maria è sostenuta e assistita realmente e concretamente da Dio. Dio non si limita a chiamare e poi ciascuno deve arrangiarsi come può. Dio rende i chiamati capaci di svolgere i compiti che loro affida. Continua ad assisterli con la sua fedeltà.

 

La nostra Chiesa diocesana ha come sigillo il mistero dell’Annunciazione. Pertanto ha come suo carisma speciale la cura per le vocazioni: tutte le vocazioni. Quella battesimale – come vivranno i catecumeni nella notte di Pasqua – e quelle particolari della consacrazione e del matrimonio.

Siamo grati al Signore per tutti coloro che ci hanno testimoniato in questa terra la bellezza della chiamata divina rispondendo con generosità. Quanti sposi hanno fatto spazio alla grazia del matrimonio per vivere pienamente la fedeltà di Dio e la sua fecondità con il dono dei figli. Quante consacrate e consacrati hanno risposto alla chiamata di Dio sull’esempio di Maria e con la loro verginità o celibato hanno portato vita nuova a tanti ragazzi, adolescenti e giovani. Quante religiose nelle scuole per l’infanzia, negli ospedali, nell’accoglienza dei migranti. E poi quanti missionari e missionarie in tante parti del mondo. Questa sera ricorderemo pure i martiri, anche quelli di questa terra vicentina come Nadia De Munari dell’Operazione Mato Grosso il cui sangue ha bagnato la terra del Perù e Raschietti Olga saveriana che ha versato il suo sangue in Burundi.

Vogliamo ricordare questa sera anche un’altra testimone che ha accolto la chiamata del Signore a vivere la malattia dall’età di 8 anni fino a quando era giovane ventenne, la Serva di Dio Bertilla Antoniazzi. Lei ha vissuto la propria malattia come una chiamata a lavorare nella vigna del Signore e il suo “lavoro” è stata la sofferenza. Unita a Cristo ha potuto desiderare l’impossibile: “Ogni respiro che parte dal mio cuore, ogni momento della mia vita, ogni minuto che passa, ogni mia stilla di sangue, ogni filo d’erba, ogni granello di sabbia, ogni goccia d’acqua, ogni foglia che cade per terra, fa’ che siano tutti atti d’amore”.

 

Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, ci conduca ogni giorno a ritrovare la bellezza della nostra vita nella relazione con Dio che ci chiama alla gioia, ci ricolma di grazia ed è sempre realmente presente nei nostri fragili giorni. E la nostra Chiesa diocesana ritrovi l’audacia e il coraggio di annunciare il vangelo della vocazione.

 

 

† vescovo Giuliano