OMELIA nella solennità di Tutti i Santi Cattedrale, 1 novembre 2024

OMELIA nella solennità di Tutti i Santi

Cattedrale, 1 novembre 2024

Letture: Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12

Celebriamo in un’unica festa tutti i santi con il desiderio che tutti i nostri cari defunti siano insieme a loro.

Quanti sono i santi? Nella visione di san Giovanni si indica un numero: centoquarantaquattro mila provenienti dalle tribù di Israele. Un numero e un popolo.

Il numero totale dei segnati è il quadrato di dodici moltiplicato per mille e vuole esprimere una totalità. E dietro a loro una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Si parla delle tribù di Israele perché i primi ad aver accolto l’annuncio evangelico sono stati i dodici apostoli. Ma non è un numero chiuso. Anzi è aperto a tutti i pagani che hanno creduto in Cristo. Colui che viene descritto simbolicamente con l’Agnello. Infatti tutta questa moltitudine di santità è attorno al trono e all’agnello in preghiera adorante.

Che cosa hanno fatto i santi per essere tali? Ancora l’Apocalisse ci offre una risposta in modo simbolico ma molto efficace. Si descrive questa moltitudine di uomini e donne avvolti in bianche vesti con una palma tra le mani.

L’immagine della palma è legata a un passo dei Salmi, dove si dice che il giusto fiorirà come palma: la palma infatti produce un’infiorescenza quando sembra ormai morta, così come i martiri hanno la loro ricompensa in paradiso. Lo scrittore cristiano Tertulliano (155 – 230 circa), era fermamente convinto del positivo contagio del testimone-martire, al punto da scrivere: Il sangue dei martiri è il seme di nuovi cristiani.

E l’altro elemento che caratterizza i santi è la veste bianca. Ma il motivo per cui è diventata bianca quella veste ci appare molto strano. Si dice che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Il sangue è rosso. Come hanno fatto a renderle bianche? La simbologia rinvia all’evento della passione e morte di Gesù che non sono stati l’ultima parola. Il sangue versato è stato purificato totalmente dal dono che Cristo ha fatto della sua vita. Lo aveva fatto comprendere un giorno ad alcuni apostoli nella trasfigurazione quando le sue vesti divennero candide come la neve. Gesù che aveva loro annunciato più volte la sua passione e morte voleva aiutarli a comprendere la risurrezione. Una vita purificata dal dono di sé al Padre trasforma il sangue versato in gloria divina piena di luce e splendore. I santi hanno partecipato al dono di vita di Gesù e anche le tribolazioni le hanno affrontate insieme a Lui e con Lui sono state trasformate in vita piena che non tramonta, gloria e splendore. Non hanno inseguito la mentalità del mondo bensì il programma di vita delle beatitudini.

Teniamoci in buona compagnia con i santi. Qualche figura di santo può aver segnato la nostra vita. Facciamoci amici, dialogando con loro, accogliendo i loro insegnamenti e facendo tesoro della loro testimonianza di vita.

La nostra diocesi quest’anno è stata benedetta con il riconoscimento da parte di papa Francesco di due nuovi beati nati qui in mezzo a noi. Mi riferisco ai due giovani missionari saveriani morti martiri: fratel Vittorio Faccin di Villaverla e padre Giovanni Didonè di Cusinati di Rosà. Partiti giovanissimi per il Congo nell’attuale diocesi di Uvira si dedicarono alle persone povere nei villagi. Conobbero il martirio il 28 novembre 1964.

Fratel Vittorio conoscendo i mali del continente africano, esprime le sue emozioni quando scrive: “L’Africa ha bisogno di essere amata, ma dall’amore di Cristo; non deve essere amata perché ha molto oro o altre ricchezze”.

Padre Giovanni Didonè negli ultimi giorni scrisse una lettera al catechista Raffaele: “Mio caro Raffaele, (…) Ti scrivo per darti un po’ di speranza per i tempi futuri. Sii un uomo, ti prego. Non perdere il tuo slancio. Dio è qui in mezzo a noi. Coloro che disperano non ricevono facilmente la misericordia di Dio. È al momento della prova che possiamo testimoniare con precisione la nostra fede e il nostro amore per Dio”.

Questi nuovi beati ci spingono ad amare Dio e il prossimo soprattutto la povera gente. Hanno lavato le loro vesti battesimali nel sangue dell’Agnello ed ora sono invocati dal popolo del Congo per ottenere pace e riconciliazione.

Il nostro territorio è stato raggiunto anche dalla luce di un testimone pieno di vita e di fede: Sammy Basso. La sua esistenza così segnata dalla malattia è stata un canto di gioia fino alla fine. Anche lui è passato attraverso tante tribolazioni. Nella sua ultima lettera scrive: “Per un Cristiano [però] la morte è anche altro! Da quando Gesù è morto sulla croce, come sacrificio per tutti i nostri peccati, la morte è l’unico modo per vivere realmente, è l’unico modo per tornare finalmente alla casa del Padre, è l’unico modo per vedere finalmente il Suo Volto”. E aggiunge più avanti: “Se in vita sono stato degno, se avrò portato la mia croce così come mi era stato chiesto di fare, ora sono dal Creatore. Ora sono dal Dio mio, dal Dio dei miei padri, nella sua Casa indistruttibile”.

Facciamoci amici questi santi e testimoni perché ci indicano la via delle beatitudini e con la loro preghiera sono in grado di accompagnarci nelle nostre piccole o grandi tribolazioni quotidiane.

+ Vescovo Giuliano