SANTA MESSA PER IL PELLEGRINAGGIO DIOCESANO AL SANTO DI PADOVA NEL CORSO DELLA “TREDICINA”(Padova, Basilica di Sant’Antonio, 11 giugno 2019)

    Un saluto cordiale e fraterno a voi, cari pellegrini della diocesi di Vicenza e ai pellegrini convenuti nella basilica del Santo da tante comunità cristiane della nostra Regione Ecclesiastica del Triveneto.
    Un saluto affettuoso ai cari Frati Minori Conventuali, ai sacerdoti, ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate e agli amici ascoltatori di Radio Oreb.

    Ho scelto — per questa Santa Messa — il formulario delle preghiere e delle letture che mettono in luce Sant’Antonio come “predicatore del Vangelo”.

    Abbiamo iniziato la Liturgia della Parola con un brano della Prima Lettera di Paolo alla comunità cristiana di Corinto, che si apre con questa affermazione decisiva e risoluta: «Fratelli, non è per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo» (1Cor 9,16). Queste parole devono essere incise nel cuore e nella mente di ogni cristiano, poiché ciascuno di noi è chiamato ad annunciare il Vangelo con la parola e soprattutto con la vita, secondo i modi e tempi che il Signore ci richiede.

    San Paolo VI, nell’Esortazione Apostolica Evangelizzazione nel mondo contemporaneo dell’8 dicembre 1975 afferma: “Il mandato di evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa. Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare e insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio di Cristo nella Santa Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione”.

    Nella pietà popolare, Antonio è, soprattutto, il santo dei miracoli straordinari, quasi eccessivi, si dice infatti “troppa grazia Sant’Antonio!” per definire una grazia al di là delle aspettative e della fede del richiedente. Ma il Santo Antonio fu soprattutto un insigne predicatore. Invitato, per circostanze del tutto casuali, a predicare in occasione di un’ordinazione sacerdotale, mostrò di essere dotato di tale scienza ed eloquenza che i superiori lo destinarono alla predicazione.
    Inizia, così, in Italia e in Francia un’attività apostolica tanto intensa ed efficace da indurre non poche persone che si erano staccate dalla Chiesa, a ritornare sui propri passi. Diventato superiore provinciale dei Frati Minori dell’Italia settentrionale, continuerà il ministero della predicazione, alternandolo con le mansioni del governo.

    Nell’ultimo periodo di vita (1229-1231) mise per iscritto due cicli di sermoni, intitolati rispettivamente Sermoni domenicali e Sermoni sui Santi, destinati ai predicatori e agli insegnanti degli studi teologici dell’Ordine Francescano.
    Si tratta di testi teologici-omiletici che riecheggiano la sua predicazione viva, predicazione in cui Antonio propone un vero e proprio itinerario di vita cristiana. Fu così tanta la ricchezza di insegnamenti spirituali contenuta nei Sermoni, che il venerabile Papa Pio XII, nel 1946, proclamò Antonio “Dottore della Chiesa”, attribuendogli il titolo di “Dottore evangelico”, perché dai suoi scritti emerge la freschezza e la bellezza del Vangelo che ancora oggi possiamo leggere con grande profitto spirituale.

    Il Vangelo secondo Luca che abbiamo proclamato e ascoltato riporta delle istruzioni importanti per l’annuncio del Vangelo, che si compie attraverso i Dodici a cui vengono poi associati i 72 discepoli. Questi 72 sono il segno degli evangelizzatori, degli operai del Vangelo di tutti i tempi e di tutte le stagioni della Chiesa. Attraverso loro, la missione di Gesù raggiunge tutte le periferie e le frontiere della storia del mondo.
    I messaggeri del Vangelo sono inviati “due a due” per indicare che non è un compito lasciato all’inventiva dei singoli ma è opera di una comunità. Lo scopo dell’invio, poi, è quello di preparare le città e i villaggi alla venuta del Signore. Per compiere questa missione, comunque, il discepolo deve prepararsi nella preghiera.
La preghiera dona al discepolo di Cristo equilibrio, pace interiore, lo libera dalla presunzione, dal narcisismo e lo rende capace di superare opposizioni, delusioni e insuccessi.
    Sant’Antonio parla della preghiera come di un rapporto di amore che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente con il Signore, creando una gioia ineffabile che soavemente avvolge l’anima in orazione. Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio, capace di creare un’esperienza interiore.
    Ecco alcuni degli atteggiamenti che il Dottore evangelico ritiene indispensabili per una giusta preghiera: aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio, colloquiare affettuosamente con lui, presentargli i nostri bisogni, lodarlo e ringraziarlo. Soltanto un’anima che prega può compiere progressi nella vita spirituale: è questo l’oggetto privilegiato della predicazione di Sant’Antonio.

    Consideriamo ora quali sono gli strumenti, i mezzi propri per la missione. Gesù, nel Vangelo, li enuncia in modo netto: «né borsa, né bisaccia, né sandali». Per imporsi, un movimento politico o una ideologia hanno bisogno di strumenti efficaci: il denaro, le alleanze influenti, i mezzi della propaganda, oggi diremo l’uso dei social media.
    L’evangelizzatore, però, deve resistere alla tentazione di confidare unicamente in questi mezzi per annunciare e diffondere il Vangelo e per costruire il Regno di Dio. Il Vangelo può venire accolto, ma anche rifiutato. Chi non lo accetta si rende responsabile delle proprie scelte, si priva dell’incontro con una Parola che salva e che offre una vita buona, piena e umanamente compiuta.

    Anche il Santo Antonio sperimentò il rifiuto e l’ottusità di certe persone di fronte alla sua predicazione, in modo speciale gli usurai, ai quali si rivolse, mentre era a Firenze, con queste parole assai severe: “La maledetta genia degli usurai si è sparsa per tutta la terra, e i loro denti sono voraci come quelli dei leoni: masticano il cibo fangoso che è il denaro, e tritano e divorano continuamente i beni dei poveri, delle vedove, degli orfanelli. Ricordatevi bene, o usurai, che siete divenuti preda del demonio; egli vi possiede. Si è impossessato delle vostre mani, usandole alla rapina, rendendole restie alla beneficenza; si è impossessato del vostro cuore, che è sempre bruciato dalla brama di possedere, ed è negato al bene; si è impossessato della vostra lingua, pronta alla menzogna, alla frode e all’inganno, tanto che non riesce più né a pregare né a formulare parole oneste”.
Questi brevi cenni sulla predicazione del Santo di Padova ci danno degli insegnamenti importanti per l’opera di evangelizzazione a cui tutti siamo chiamati.
L’annuncio del Vangelo di Cristo, anzitutto, deve essere preceduto da una conoscenza orante delle Sacre Scritture.
Conoscere, in senso biblico, significa entrare in una relazione personale con Dio, e questa relazione si realizza in modo speciale nella preghiera.
Il Vangelo, inoltre, deve essere annunciato con coraggio e ‘parresia’, vale a dire un parlare chiaro e schietto, come viene chiesto dall’Apostolo Paolo al discepolo Timoteo: “Annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con magnanimità e insegnamento” (2Tm 4,2).
Il Vangelo deve essere annunciato mediante il dono totale della propria vita.
Sant’Antonio visse solo 36 anni (1195-1231).
La ricognizione del suo corpo fatta alcuni anni fa (nel 1981), confermò quello che già sostenevano gli antichi biografi, che il Santo “morì per sfinimento di eccesso di lavoro e per scarso nutrimento e riposo”.

    Concludiamo con questa preghiera: “O Signore, che hai fatto di Sant’Antonio un infaticabile predicatore del Vangelo sulle strade degli uomini, fa’ che anche noi possiamo rinnovare la nostra vita secondo gli insegnamenti del Vangelo e fa’ che in questo mondo pieno di tensioni, possiamo essere testimoni liberi e sereni della tua Parola e della tua Pace. Amen”.

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza