LA PREGHIERA DI INTERCESSIONE DEL VESCOVO E DEI PRESBITERI

Breve riflessione del vescovo Giuliano nel tempo di preparazione all’anno giubilare che sta alle porte

LA PREGHIERA DI INTERCESSIONE DEL VESCOVO E DEI PRESBITERI

 Breve riflessione nel tempo di preparazione all’anno giubilare che sta alle porte

 Prot. n. I-2024-446

 

In questi mesi di preparazione al prossimo Anno giubilare, per diventare autentici pellegrini di speranza, papa Francesco ci invita innanzitutto alla preghiera. Penso farà molto bene a tutti noi alimentare con la preghiera il cammino di conversione pastorale in senso missionario che stiamo vivendo in questi anni anche nella nostra Diocesi.
Per questo, vorrei condividere con voi, cari fratelli presbiteri, con molta semplicità, alcuni aspetti di quella preghiera di intercessione che ritengo fondamentale per il nostro ministero. Non vuole essere un trattato sulla preghiera, bensì un’attenzione alla peculiarità della preghiera di intercessione, che non è esclusiva dei preti, ma che caratterizza di certo in modo particolare la cura delle persone che ci vengono affidate.
Del resto ne facciamo esperienza pressoché quotidiana, ogni volta che il popolo cristiano si rivolge a noi chiedendoci un ricordo nella preghiera o una benedizione. Il fiuto del popolo di Dio ci riconduce al mandato ricevuto al momento della nostra ordinazione e ci inserisce in una storia iniziata molto prima di noi. Già nell’antico Israele troviamo due grandi figure di intercessori: Abramo e Mosè. Sono come figura del Cristo, sommo sacerdote, sempre vivo per intercedere a nostro favore. Da una parte il Suo intercedere raggiunge l’umanità in particolar modo attraverso il servizio della Presidenza eucaristica e della Liturgia delle Ore, dall’altra la preghiera di intercessione si nutre e si ravviva proprio a contatto della gente e delle loro diverse e spesso sofferte situazioni di vita. Nella preghiera di intercessione, che sa riconoscere quello che Dio stesso opera nelle persone, trova così alimento anche il nostro cammino di conversione pastorale in senso missionario.

 

“Mi dà una benedizione?”

 Da quando sono vescovo, molte volte mi è stata rivolta questa richiesta. All’inizio ero piuttosto restio ad assecondare tale invocazione perché mi appariva quasi come la domanda di un gesto magico. Ma quando, superando l’imbarazzo, ho iniziato a chiedere se c’era qualche motivo particolare per questa richiesta, ho scoperto che sempre si invoca l’aiuto di Dio per situazioni di sofferenza, di ferite affettive proprie o dei figli, per lutti non ancora accettati e rielaborati. Ho capito così che nella maggioranza dei casi il mio era un pregiudizio sbagliato. Il popolo di Dio ritiene che il vescovo e i preti siano investiti di una relazione particolare con Dio e possano pertanto esercitare un’intercessione efficacie sulla loro vita bisognosa di consolazione e guarigione.
Queste considerazioni mi hanno spinto a riflettere su ciò che mi veniva richiesto da presbitero, come penso sia accaduto a tanti di voi. Molte volte ero richiesto di fare una preghiera a favore di qualcuno: una mamma con la figlia ammalata di leucemia, il papà che non si dà pace per la tragica morte del figlio caduto dalla moto, un fratello che piange il proprio fratello che si è tolto la vita. Una preghiera per situazioni davvero molto impegnative. Altre volte in parrocchia si faceva vicino qualcuno per chiedere di pregare a favore di parenti in conflitto a causa dell’eredità, o ancora a favore di figli con una difficile maturazione affettiva. Anche ai presbiteri impegnati nella cura pastorale viene dunque sovente richiesto un ministero tutto speciale: pregare per tante persone che si rivolgono loro con fiducia.

 

“Implorare la divina misericordia”

 Questo “fiuto” del popolo di Dio (riconducibile al communis sensus fiudelium) che considera il vescovo e i presbiteri – come del resto altre persone, religiose o laiche, di fede particolarmente profonda – capaci di pregare a favore del popolo stesso, da dove nasce?
Mi sono tornate alla mente alcune parole che mi erano state rivolte nell’ordinazione episcopale: Vuoi pregare, senza mai stancarti, Dio onnipotente, per il suo popolo santo, ed esercitare in modo irreprensibile il ministero del sommo sacerdozio? A questa richiesta ho risposto: Sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio. Il ministero episcopale è un servizio pastorale esercitato dunque con la predicazione e la preghiera a favore del popolo. Così è stato per gli apostoli che nella chiesa primitiva si vedono costretti ad individuare dei collaboratori per il servizio alle mense – i sette diaconi – per potersi dedicare totalmente alla preghiera e al servizio della Parola (Atti 6,4). Anche nell’ordinazione dei presbiteri possiamo incontrare una domanda dello stesso tenore: Volete insieme con noi implorare la divina misericordia per il popolo a voi affidato, dedicandovi assiduamente alla preghiera, come ha comandato il Signore? Questa richiesta rende noto non solo il tipo di impegno, quello della preghiera, ma ne esplicita anche il contenuto che è sempre la misericordia di Dio. “Intercedere, chiedere in favore di un altro […] è la prerogativa di un cuore in sintonia con la misericordia di Dio” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2635). Come ha affermato papa Francesco: «Quando preghiamo siamo in sintonia con la misericordia di Dio: misericordia nei confronti dei nostri peccati – che è misericordioso con noi – ma anche misericordia verso tutti coloro che hanno chiesto di pregare per loro, per i quali vogliamo pregare in sintonia con il cuore di Dio. Questa è la vera preghiera. In sintonia con la misericordia di Dio, quel cuore misericordioso» (Catechesi, 16 dicembre 2020).
Se questo impegno di preghiera a favore del popolo nasce dunque per noi dalla stessa ordinazione presbiterale ed episcopale, significa che la preghiera di intercessione è dimensione costitutiva del ministero apostolico sacerdotale. Perciò possiamo concludere che la gente non sbaglia quando fa la richiesta di una preghiera a noi ministri ordinati.

 

Amici audaci di Dio

 Nella storia di Israele si incontrano due figure straordinarie che incarnano questa dimensione della preghiera di intercessione: Abramo e Mosè.
Abramo viene descritto come un grande confidente e amico di Dio. Quando viene a conoscenza della volontà di Dio di distruggere le città di Sodoma e Gomorra, Abramo chiede a Dio di non sterminare il giusto con l’empio. È un dialogo molto audace nel quale sollecita il “giudice di tutta la terra” a praticare la giustizia e a perdonare fino a che ci saranno dei giusti (contrattando da cinquanta fino a dieci giusti; cf Gn 18,23-32). Il racconto si conclude in questo modo: Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione. Qui emerge un aspetto importante: Dio si confida con Abramo e a sua volta Abramo pone tutta la sua fiducia in Dio. Abramo armonizza nel suo mondo interiore l’uomo della fede, l’uomo della confidenza, l’uomo dell’intercessione audace.
Mosè viene chiamato da Dio che gli rivela il suo progetto di liberazione del popolo schiavo in Egitto. Egli condivide quel piano divino: inizialmente è titubante, ma poi ne diviene il principale collaboratore. Anche Mosè è un confidente di Dio. Ma il popolo non ha sempre amato Mosè; al contrario Mosè ha sempre voluto bene al popolo fino al punto di identificarsi con esso. Infatti prega a favore del popolo quando l’ira di Dio sta per distruggerlo avendo preferito il vitello d’oro all’unico Vivente (cf Es 32,9-14); e quella preghiera viene esaudita. La figura di Mosè ci permette di scoprire che Dio non fa nulla senza confidarsi con coloro che lo servono e lo amano, ma li desidera suoi collaboratori mediante la preghiera.
Nell’antica alleanza incontriamo anche altre figure di intercessori come i profeti, ad esempio Geremia, e non mancano figure femminili che affrontano coraggiosamente i potenti di turno e intercedono presso Dio con preghiere straordinarie per salvare il popolo di Israele dalla distruzione come Giuditta (Gdt 9,1-14) ed Ester (Est 4,17a-17p).

 

È sempre vivo

 Quelle dell’Antico Testamento sono figure della realtà che nella nuova ed eterna alleanza si è manifestata pienamente in Gesù Cristo. Egli assume e ricapitola, nel suo ministero messianico, tutte le figure precedenti. Gesù è il confidente del Padre, vive una singolare relazione umana filiale con Lui, tanto da stupire i suoi discepoli che gli chiedono di insegare loro a pregare.
Ma la vera e assoluta novità è il compiersi in Gesù del disegno di amore di Dio per l’umanità. La storia degli uomini viene salvata dal mistero pasquale di Gesù, un mistero che è in atto fino alla fine del mondo. Nella persona umano-divina di Gesù che, passando attraverso la passione e la morte, giunge alla risurrezione e sale definitivamente presso il Padre, conosciamo la più grande confidenza in Dio. Come afferma l’autore della Lettera agli Ebrei, con l’offerta di tutta la sua vita Cristo, sommo sacerdote, può salvare perfettamente quelli che si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore (Eb 7,25). Gesù risorto, che si è manifestato ai suoi discepoli mostrando le piaghe gloriose, asceso al cielo ha donato lo Spirito per continuare quanto aveva iniziato a fare qui sulla terra. Ce lo narra San Giovanni riportando la grande preghiera sacerdotale che Gesù eleva al Padre prima del suo arresto: Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una cosa sola, come tu Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17,2-21).
Fermiamoci in contemplazione di Gesù che ha una così grande confidenza verso il Padre. In quella confidenza ci siamo anche noi e c’è il nostro ministero presbiterale ed episcopale di annuncio e di intercessione. Se la fede viene suscitata in qualche persona che abbiamo incontrato con la nostra predicazione non sarà merito nostro, bensì della preghiera di Gesù risorto vivente che con il suo Spirito fa entrare quelle parole nell’animo umano mediante la Parola viva ed eterna (1Pt 1,23).

 

Vescovo e presbiteri intercessori nella preghiera liturgica

 Celebrando l’Eucaristia, noi prendiamo parte al rendimento di grazie al Padre che Gesù risorto compie nella storia degli uomini fino alla fine del mondo. Egli ha voluto affidare alla sua diletta sposa, la chiesa, il memoriale della sua morte e risurrezione: sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale (Sacrosanctum Concilium n. 47). Il suo intercedere presso il Padre raggiunge dunque l’umanità anche mediante il nostro servizio di presidenza eucaristica. È affidato a noi il compito di elevare al Padre con le parole della preghiera eucaristica le intercessioni per la Chiesa universale, per il Papa, per il vescovo, per i presenti nell’assemblea, per i dispersi o lontani, per i defunti.
Quelle intercessioni di concludono con la dossologia: Per Cristo, con Cristo e in Cristo a Te, Dio Padre onnipotente nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. E tutta l’assemblea è invitata a rispondere: Amen. Questa conclusione della preghiera eucaristica nella quale si dice che si dà gloria a Dio per Cristo, con Cristo e in Cristo, è preparata e preceduta dalle intercessioni. Sarebbe impossibile dare gloria a Dio se non ci fossero quelle realtà che le intercessioni invocano: la misericordia, il perdono, la comunione con tutti, l’unità di tutto il popolo di Dio. Tutto questo è necessario per rendere gloria a Dio con un cuor solo e con un’anima sola (At 4,32).
Noi, vescovo e presbiteri, siamo chiamati ad immergerci con tutto noi stessi nella celebrazione eucaristica per essere a servizio del popolo di Dio che ci è stato affidato e dell’intera umanità. Anche la richiesta rivolta a chi ha la “cura pastorale”, come parroco o come presbiteri che la esercitano in solido, di celebrare secondo le intenzioni dei fedeli e nel giorno di domenica per “tutto il popolo di Dio” trova la sua motivazione più vera nello stare dalla parte del popolo e in suo favore presso Dio.
E così la Liturgia delle Ore, dilatazione nella giornata dell’Eucaristia, con la quale ogni giorno risuona sulle nostre labbra e sui nostri cuori il Salterio, chiamato anche Libro degli affetti (situazioni di stupore e angoscia attraversano tutti i salmi per trasformarsi in fiducia verso Dio), costituisce un’espressione della nostra carità pastorale: intercedo perché amo. Giuseppe Dossetti aveva posto nella sua Regola un’indicazione che ritengo molto ispirata. Motivava la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia in questo modo: «La vita che non abbiamo scelto noi, ma per la quale da Misericordia siamo stati scelti, non può essere che questo: ogni giorno, per tutto il giorno, lasciarci prevenire dallo Spirito Santo a contemplare e ad accogliere in noi il mistero della Messa, che opera in ciascuno la morte della creatura e la risurrezione e glorificazione del Verbo incarnato; mistero per il quale il Padre, per Gesù, nello Spirito Santo, sempre crea, santifica, vivifica, benedice e concede a noi questo bene della comunione con lui e della comunità fra noi suoi figli» (Piccola Regola della Piccola Famiglia dell’Annunziata, 1995) .

 

Intercessori a partire dalle situazioni pastorali

 Noi siamo plasmati dall’ascolto e dalla meditazione quotidiana della Parola di Dio, dedicando tempo per interiorizzarla. È così che si cresce nella confidenza e amicizia con Dio. Ma ci plasmano anche le relazioni con le tante persone che incontriamo nel ministero. È nostro compito pregare per loro. La preghiera di intercessione si nutre e si ravviva proprio a contatto della gente. E sono davvero molteplici le situazioni nelle quali ogni giorno siamo coinvolti. Avvertiamo che noi siamo in grado di dire una parola, ma che essa per lo più non è risolutiva perché sempre il mistero delle persone incontrate ci supera. Credo ci sia capitato spesso allora di completare quell’incontro con una preghiera al Signore, perché con il Suo Spirito si renda presente e arrivi dove noi non abbiamo saputo o potuto arrivare. Personalmente ho preso l’abitudine di farmi un piccolo elenco di nomi e situazioni da custodire nel breviario o in un post-it del cellulare. Ogni giorno, nella preghiera delle Lodi o in quella del Vespro apro quell’elenco e passo in rassegna i volti e le storie per raccomandare tutti al Signore e così sentirle parte della mia vita e del ministero. Diventa così naturale che la mia preghiera di intercessione assuma le tonalità di ciò che sperimento nella vita pastorale: per i giovani, per i sofferenti, per i preti in difficoltà, per le famiglie ferite, per i missionari, per coloro che si preparano a ricevere l’ordinazione diaconale o presbiterale, per le gravi ingiustizie causate dalla guerra, per il creato ferito, per il cammino di rinnovamento della Chiesa…
In questo ministero dell’intercessione siamo molto aiutati da autentici testimoni silenziosi. Ci sono ammalati o anziani nelle nostre parrocchie che si consacrano alla preghiera e all’intercessione giorno e notte. E come non ricordare anche la dedizione alla preghiera di consacrati e consacrate nei nostri monasteri e nelle comunità religiose che sono come Mosè sul monte con le mani alzate verso Dio perché consoli e accompagni questa umanità tribolata!

 

La forza missionaria dell’intercessione

 Come ho suggerito nelle celebrazioni conclusive del primo incontro vicariale del cammino sinodale di quest’anno, la lettura dell’ultimo capitolo dell’esortazione apostolica Evangelii gauudium di papa Francesco ci sollecita a confidare nella forza missionaria dell’intercessione. Il Papa ci invita ad osservare l’interiorità del grande evangelizzatore Paolo per cercare di cogliere la profondità e la bellezza della sua preghiera.
Afferma il Papa: «Tale preghiera era ricolma di persone: “Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia […] perché vi porto nel cuore” (Fil. 1,47)». E più avanti riprende l’Apostolo quando afferma ai Filippesi: «“Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi” (Fil. 1,3). Non è uno sguardo incredulo, negativo e senza speranza, ma uno sguardo spirituale, di profonda fede, che riconosce quello che Dio stesso opera in loro. Al tempo stesso, è la gratitudine che sgorga da un cuore veramente attento agli altri. In tale maniera, quando un evangelizzatore riemerge dalla preghiera, il suo cuore è diventato più generoso, si è liberato dalla coscienza isolata ed è desideroso di compiere il bene e di condividere la vita con gli altri» (nn. 281-282).
Ci farà davvero molto bene alimentare con la preghiera di intercessione il nostro cammino di conversione pastorale in senso missionario.
Dal prossimo mese di maggio una copia della statua della Madonna di Monte Berico sarà itinerante nei nostri vicariati. Anche questo vuole essere un piccolo aiuto per tornare a volgere, con la preghiera popolare del rosario, il nostro animo e quello di tante persone verso Dio e invocare il suo aiuto sulle tante necessità presenti nel mondo.
La preghiera mariana scritta da papa Francesco e posta a conclusione dell’esortazione Evangelii gaudium possa accompagnarci nei passi nuovi che ci attendono per essere in questo nostro tempo gioiosi evangelizzatori.

 

Vergine e Madre Maria,
tu che, mossa dallo Spirito,
hai accolto il Verbo della vita
nella profondità della tua umile fede,
totalmente donata all’Eterno,
aiutaci a dire il nostro “sì”
nell’urgenza,
più imperiosa che mai,
di far risuonare la Buona Notizia di Gesù.

Tu, ricolma della presenza di Cristo,
hai portato la gioia a Giovanni il Battista,
facendolo esultare nel seno di sua madre.
Tu, trasalendo di giubilo,
hai cantato le meraviglie del Signore.
Tu, che rimanesti ferma davanti alla Croce
con una fede incrollabile,
e ricevesti la gioiosa consolazione
della risurrezione,
hai radunato i discepoli
nell’attesa dello Spirito
perché nascesse la Chiesa evangelizzatrice.

Ottienici ora un nuovo ardore di risorti
per portare a tutti il Vangelo della vita
che vince la morte.
Dacci la santa audacia di cercare nuove strade
perché giunga a tutti
il dono della bellezza che non si spegne.

Tu, Vergine dell’ascolto e della contemplazione,
madre dell’amore, sposa delle nozze eterne,
intercedi per la Chiesa,
della quale sei l’icona purissima,
perché mai si rinchiuda e mai si fermi
nella sua passione per instaurare il Regno.

Stella della nuova evangelizzazione,
aiutaci a risplendere nella testimonianza
della comunione,
del servizio, della fede ardente e generosa,
della giustizia e dell’amore verso i poveri,
perché la gioia del Vangelo
giunga sino ai confini della terra
e nessuna periferia sia priva della sua luce.

Madre del Vangelo vivente,
sorgente di gioia per i piccoli,
prega per noi.

Amen. Alleluia.

 

Vicenza, 25 marzo 2024

 

†  Giuliano Brugnotto
vescovo di Vicenza

Foto: Piero Baraldo