INTERVENTO ALL’ASSEMBLEA DELLA “BCC DI VERONA E VICENZA” PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO DI FUSIONE CON “BANCA PATAVINA”

Un cordiale saluto a tutte le autorità presenti e a tutti i soci e ringrazio per l’invito che mi è stato rivolto.

In riferimento al progetto di fusione che è oggetto del nostro incontro odierno e pensando a dove affondano le radici della Banca di Credito Cooperativo di Verona e Vicenza, ritengo molto importante richiamare i principi ispiratori presenti nel secondo articolo dello Statuto.

Principi ben presenti in quel 27 settembre 1896, quando nella sacrestia della chiesa di San Giorgio di Perlena a Fara Vicentino, il Parroco Don Gaetano Plebs e trentun agricoltori fondano la “Cassa Rurale di prestiti San Giorgio di Perlena”.

Alcuni anni prima, nel 1981 Papa Leone XIII pubblicava l’enciclica sociale Rerum Novarum nella quale invitava i cattolici a costituire società ispirate alla dottrina sociale della Chiesa, con la finalità di una maggiore giustizia e un miglioramento delle condizioni delle classi sociali più disagiate (agricoltori, mezzadri, operai).

Nacquero le prime espressioni di cooperazione e mutuo soccorso. Due elementi si combinavano insieme: «da un lato la consapevolezza del bisogno di una forma organizzativa sempre più forte e capillare a tutela dei lavoratori, delle loro istanze di previdenza e di assicurazione rispetto ai rischi del lavoro in fabbrica o nei campi; dall’altro l’esigenza di trovare espressioni associative capaci di garantire spazi e momenti per la vita di fede anche per uomini e donne coinvolti nei […] processi di dinamica trasformazione sociale» (G. Gregorini, Le invenzioni della carità, in Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Scienze sociali e magistero, Milano 2004, p. 389).

In questo contesto nacquero le Casse rurali, a fronte di una sostanziale inefficacia delle Banche popolari. Le Casse rurali, tra cui la BCC di San Giorgio erano fondate «su un presupposto di solidarietà capace di rendere mobili le piccole risorse del mondo cattolico legato all’organizzazione capillare delle parrocchie. In effetti “appare evidente come il motivo economico ispiratore non fosse tanto quello di raccogliere capitali dispersi nei piccoli e piccolissimi rivoli del risparmio familiare, quanto piuttosto di rendere disponibile, per l’operatore economico che era tagliato fuori dal sistema creditizio ordinario, quelle risorse anche minime che gli erano indispensabili per la conduzione agricola quotidiana” (Zaninelli, 1981, p. 326). Mediante le casse rurali, inoltre, si costituiva un ambiente capace di favorire la maturazione di autentici protagonisti della vita civile, sociale e religiosa a livello non solamente locale» (ibid,  p. 380).

Dei principi ispiratori che cosa rimane oggi, in un tempo che ha visto notevoli sviluppi economici e finanziari, e pure in un contesto sociale come il nostro che è stato segnato dalla ferita di crac bancari? La fiducia è stata minata alle radici.

Credo che per i valori di riferimento e per l’ispirazione, le Banche di Credito Cooperativo debbano inserirsi a pieno titolo nel solco di quella che viene definita “Economia Civile”. Quel ramo dell’economia che si rifà alla grande tradizione dell’umanesimo civile italiano, ispirata da criteri di reciprocità, fraternità ed attenzione al bene comune. Come ha ricordato Papa Francesco nel messaggio al recente “Festival Nazionale dell’Economia Civile”, «oggi si avverte un urgente bisogno di un’economia nuova e ‘illuminata’, per affrontare il cambiamento d’epoca e le temibili sfide che abbiamo di fronte. […] In particolare quella della povertà cioè delle disuguaglianze in un modello economico che produce scarti, e quella dell’emergenza climatica che mette a rischio il nostro futuro sul pianeta».

Da qui un secondo criterio ispiratore è certamente la sostenibilità e la tutela dell’ambiente. La transizione energetica equa ed inclusiva dovrebbe costituire un obiettivo fondamentale delle BCC che hanno una particolarità: quella di essere banche locali o di comunità in quanto sono costituite dai soci dei territori di competenza, non vengono distribuiti utili ai soci, sono contraddistinte dal voto capitario (un socio/a un voto), raccolgono il risparmio nel loro territorio di competenza e lo investono nello stesso territorio.

La storia della BCC di Verona e Vicenza e più in generale di tutte le BCC è fortemente segnata dal sostegno offerto alle parrocchie, alle scuole dell’infanzia e più in generale alle diverse associazioni che compongono il tessuto sociale, non ultime le associazioni caritative e le Caritas diocesane. Ciò va riconosciuto con gratitudine e l’auspicio è che anche con la progettata fusione non vengano meno i principi ispiratori – antichi e nuovi – di queste istituzioni di credito.

† vescovo Giuliano