LITURGIA FUNEBRE PER MONSIGNOR MARIO ERLE(Chiesa parrocchiale di Gambellara, 18 gennaio 2017)

         È la terza volta – nel volgere di una settimana – che presiedo il Rito delle Esequie di un fratello sacerdote. Oggi siamo raccolti in preghiera attorno alla salma di monsignor Mario Erle per accompagnarlo nel suo passaggio – la sua pasqua – da questo mondo a Dio, Padre Buono e Misericordioso.
 
         Monsignor Erle fu ordinato presbitero dal vescovo Carlo Zinato il 24 giugno 1962 e svolse il ministero pastorale come vicario parrocchiale a Cologna Veneta, a Rosà e a Trissino, come insegnante di Religione Cattolica nelle scuole pubbliche statali e come assistente diocesano del settore adulti di Azione Cattolica. Nel 1989 fu nominato parroco di Rosà e dopo tredici anni fu trasferito, sempre come parroco, nell’Unità Pastorale di Gambellara. In seguito alla rinuncia al mandato di parroco, fu assegnato alla parrocchia di San Bonifacio come collaboratore pastorale. Trascorse gli ultimi quattro anni della sua vita nella RSA Novello in Vicenza, a seguito di gravi problemi di salute.
 
         Don Mario ha vissuto la prova della malattia come ricerca di una piena adesione a Cristo, Colui che «imparò l’obbedienza da ciò che patì», come abbiamo ascoltato dalla Lettera agli Ebrei. Il brano che abbiamo letto, infatti, ci descrive le qualità e le caratteristiche di un buon sacerdote.
         Anzitutto è scelto fra gli uomini e per il bene degli uomini viene costituito nelle cose che riguardano Dio. Inoltre, un sacerdote deve essere in comunione profonda con le persone che gli vengono affidate, per comprenderle e per far da mediatore tra Dio e l’umanità. Proprio come ha fatto Gesù offrendo la sua vita per la nostra salvezza: «Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono in lui, venne esaudito». Gesù, con la sua morte, fu vincitore della morte, divenne salvatore di tutti e fu proclamato da Dio come “Sommo Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek”.
 
         Don Mario era ben consapevole della gioia e della fatica del ministero sacerdotale. Fu scelto all’interno di una famiglia solida, di grande fede, e fu costituito presbitero a servizio del popolo di Dio. Era disponibile a parlare con tutti, coltivava l’amicizia ed era attento alle singole persone e alle loro esigenze. Curò in modo particolare la pastorale giovanile e quella degli sposi e delle famiglie, con entusiasmo, intelligenza e generosità.
 
         Le parole del Vangelo che abbiamo appena ascoltato – «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita terna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,51-59) – sono vere per ogni cristiano che partecipa all’Eucaristia, ma sono vere soprattutto per il sacerdote che fa della celebrazione della Messa a servizio dei fratelli, il cuore di tutta la sua esistenza.
         Don Mario ha celebrato l’Eucaristia tutti i giorni, per ben 55 anni, finché la salute glielo ha consentito. L’Eucaristia, memoriale della Morte e  Risurrezione del Signore, è stata per don Mario la forza quotidiana, la sua unica speranza e il sostegno, in modo particolare, nei momenti più faticosi del suo ministero.
         Egli si adoperava con gusto per rendere sempre più belle e partecipate le celebrazioni liturgiche, anche attraverso la sua splendida voce e mediante la direzione dei cori. Tutta la vita del prete è incentrata nella celebrazione eucaristica, è una “messa continua”. È una Liturgia della Parola quando nella predicazione annuncia il Vangelo e nella catechesi spezza ai piccoli e ai grandi la Parola del Signore. È un Offertorio quando con il pane e il vino egli dona se stesso, il suo tempo, le sue energie per servire il Signore nei fratelli. La vita del prete è una messa quando diventa – come il Cristo alla Consacrazione – corpo donato e sangue versato. La vita eterna, così, ci viene assicurata, e comincia “qui e ora” per ogni battezzato: «chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6,57).
 
         Quante volte, nell’ora della fatica e dello sconforto, quando ormai non riusciva più a parlare, avrà rievocato nel suo cuore il canto del Salmo 22: «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me, Signore».
         Quante volte ha sospirato – in un silenzio colmo di fede – “chi ci separerà dall’amore di Cristo?”, e poi si è dato la stessa risposta dell’apostolo Paolo: «Io infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,37-39).
 
         Lo sappiamo bene, sorelle e fratelli carissimi, che non siamo noi i padroni e gli autori della nostra vita. La vita ci viene da Dio e noi siamo chiamati a rispondere a lui in ogni momento. La vita è sempre grazia, assolutamente gratuita: va offerta a Dio nella preghiera e spesa come dono d’amore ai fratelli. Se viviamo così, servendo Dio e i fratelli mediante l’amore, come ci ha insegnato don Mario, anche la morte passa dall’assurdo al senso: diventa passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre.
 
         Noi, tra poco, consegneremo il corpo di don Mario alla sepoltura, in attesa del giorno glorioso in cui tutti risorgeremo con Cristo.
Preghiamo per lui, perché il Signore lo accolga nella sua pace e gli doni il premio per quanto ha testimoniato e sofferto nella sua vita terrena e nel suo ministero.
         Invochiamo la Vergine Santa, la nostra Madonna di Monte Berico, i Santi e i Beati della nostra Chiesa vicentina, perché intercedano dal Signore la grazia di Sante Vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Ordinato. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza