OMELIA nella Celebrazione Eucaristica nella XV domenica “per annum” (B) durante la quale vengono ordinati due diaconi e un presbitero dei Servi di Maria Monte Berico, 13 luglio 2024

OMELIA nella Celebrazione Eucaristica nella XV domenica “per annum” (B)

durante la quale vengono ordinati due diaconi e un presbitero dei Servi di Maria

Monte Berico, 13 luglio 2024

Letture: Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13

Celebriamo l’ordinazione diaconale di Charles M. Kiberu e Buyinza Benon e l’ordinazione presbiterale di Angelo M. Rossi, appartenenti all’ordine dei Servi di Maria, dopo aver ascoltato la terza chiamata dei dodici nel Vangelo di Marco.

La prima chiamata era avvenuta lungo il lago di Galilea. Gesù li ha raggiunti pronunciando il loro nome. Sono stati invitati ad ascoltare la sua parola, il suo insegnamento ed entrare in una relazione personale con Lui. È qui che hanno fatto la grande scoperta di essere stati “scelti prima della creazione del mondo” per essere “figli adottivi” – come ha ricordato l’apostolo Paolo. Una scoperta da vivere lungo tutta la vita, perché non si finisce mai di comprendere la larghezza, la lunghezza, la profondità e l’altezza dell’amore di Cristo, che sopravanza ogni conoscenza (Ef. 3,18). Dio ci ama in un modo che ci sorprende e sconcerta. Ci ama dentro la vita quotidiana che è fatta di gioie e di fatiche, di talenti e di limiti, di vita e di morte. Il suo Amore è come la Parola: una spada che penetra nella pelle e nelle ossa. Lo ha dovuto comprendere l’apostolo Pietro che non voleva farsi lavare i piedi da Gesù servo.

Lo hanno compreso questi nostri fratelli che vengono ordinati diaconi e presbitero. Senza questa chiamata ed elezione voi non sareste qui a ricevere l’ordinazione. Avete fatto esperienza di essere figli di una vostra famiglia naturale e figli di Dio con il Battesimo. Ed è questa grazia che vi unisce a tutti e non dovrebbe mai portarvi a considerarvi superiori agli altri perché siete diaconi o presbitero. Anche ricevendo il sacramento dell’ordine non dimenticate di continuare a scoprire il vostro essere figli amati da Dio in Cristo Gesù.

Alla prima chiamata dei dodici ne è seguita una seconda. Gesù li ha chiamati a formare una comunità. Non era sufficiente seguire Gesù intrattenendo una relazione personale con Lui. Gesù ha radunato attorno a sé gli apostoli per accompagnarli a camminare insieme con Lui e tra di loro. La vita insieme ha permesso loro di mettere concretamente in pratica gli insegnamenti di Gesù. La fede cristiana ha bisogno di essere praticata all’interno di una comunità nella quale ci si aiuta, ci si corregge, ci si scontra, si fatica, si dialoga e soprattutto si toccano con mano i propri limiti; proprio vivendo insieme. Dopo che Gesù ha annunciato per la terza volta che Lui dovrà patire e morire (Mc 10,32), i figli di Zebedeo – Giacomo e Giovanni – chiedono i primi posti nel regno. Ciò causa lo sdegno degli altri. E Gesù con pazienza insegna che il più grande nel regno dei cieli è “colui che serve”, che si fa piccolo, che gareggia nell’umiltà, che si china sulle ferite del fratello e della sorella.

Era l’8 settembre 1233 quando i Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria cominciarono a fare vita comune a Villa Camarzia, alla periferia della città di Firenze. Sostenuti dal loro esempio e di quanti hanno vissuto e vivono quel carisma, anche i nostri tre ordinandi hanno accolto la seconda chiamata a fare vita comune. Sottolineo che è una chiamata che si può accogliere solo sotto l’azione dello Spirito Santo.

E non un optional: io potrei anche fare vita per mio conto. La vita comunitaria è una grande scuola nella quale viene forgiata la nostra persona con la sua dimensione di corpo, carattere, spirito, mentalità. Fuggire dalla vita comune significa fuggire dal Signore, dalla sua chiamata. È come se l’argilla si sottrasse alle mani del vasaio. Resterebbe materia informe. Se si lascia plasmare dalle mani dell’artigiano – e noi abbiamo fiducia in quell’Artigiano che ci ha messo la mondo – allora alla fine del lavoro sarà un’opera d’arte. La vita comune è poi una grande testimonianza. Come ricorda Tertulliano, i pagani che venivano a contatto per la prima volta con i cristiani, con stupore dicevano: “Vedi come si amano fra loro e sono pronti a morire l’uno per l’altro” (Apologetico, XXXIX,7). Carissimi Charles, Buyinza e Angelo, custodite ogni giorno la grazia – e la grazia è sempre a caro prezzo – della vita comune.

Ed è così che possiamo giungere alla terza chiamata: andare in missione. Anche a voi Dio, per mezzo della Chiesa, dice oggi va’. Non dice vattene! – come avrebbe detto il sacerdote di Betel al profeta Amos. Vattene è un andare per allontanarsi. La missione affidata da Gesù ai dodici è un andare per stringere legami. Infatti gli apostoli non vanno in missione allontanandosi da Gesù, ma recandolo nel cuore. E non vivono la missione rimanendo lontani dalla gente. Al contrario Gesù chiede di andare incontro, stringendo relazioni e prendendosi cura soprattutto di chi sta male nel corpo o nello spirito.

Carissimi fratelli voi oggi ricevete un particolare dono dello Spirito Santo per mettervi a servizio come diaconi o come presbitero. Possiamo anche sottolineare che le indicazioni offerte da Gesù per vivere la missione non riguardano tanto le cose da dire quanto il modo di essere degli inviati. È la richiesta esigente di attestare con la propria vita ciò che annunceranno. Una vita priva di mezzi materiali perché deve risaltare che quello che farete di buono non verrà da voi bensì da Dio. Voi sarete strumenti nelle mani di Dio, scelti per offrire aiuto, perdono, cibo di vita eterna.

Noi, qui con voi e quanti ci stanno seguendo con i mezzi di comunicazione, preghiamo perché Maria, l’umile serva del Signore, vi sostenga nel rispondere con generosità alla triplice chiamata: essere figli, essere comunità, ed essere servi del popolo santo di Dio.

 

† vescovo Giuliano